InTheMusic: Sporco Noproblem, interview

Nome: Armando
Cognome: Arcieri
In arte: Sporco Noproblem
Città: Milano
Nazionalità: italiana
Album Pubblicati: In Chiave Noir e Dirtylabbra (con i DirtyLab), CORRIBOY
Periodo di attività: dal 2005
Genere musicale: Dirty, Rap, Crap, Trap, Punk, Emo, Salsa&bachata, Neomelodico, Troppofurious
Piattaforme: YouTube, Spotify, AppleMusic, Deezer, iTunes

Sporco Noproblem

Chi è Sporco Noproblem?

Mi chiamo Armando, per gli amici Armando. Sono del ’92, nato a Como ma cresciuto a Potenza in Basilicata. Attualmente sono a Milano da 6-7 anni.  Il nome Sporco Noproblem, cioè Noproblem, è dato perché da ragazzino in un pezzo dicevo qualcosa tipo “sono Mr. No Problem” e da lì è rimasto, visto che in realtà mi rispecchia abbastanza… e Sporco è sporco.

Come è nata la tua passione per la musica?

Premetto che tralasciando la fase di fanatismo adolescenziale per il rap, non sono un appassionato di musica, sono molto superficiale, non sto lì a ricordare titoli delle canzoni e ascolto davvero poche robe. In generale ricordo che da piccolo mia madre mi cantava sempre le canzoni dei cantautori italiani, mio padre invece ascoltava più robe jazz o blues e molto Pino Daniele.  Ma non che fossero degli appassionati di musica eh, semplicemente in casa ogni tanto si ascoltava musica.

Se dovessi identificare il mio primo interesse concreto verso la musica, invece, mi viene in mente il periodo in cui in tv davano Sarabanda, Festival Bar e in spiaggia si vendevano i cd falsi di Hit Mania Dance. Poi una sera a casa di un mio cugino mi è capitato per le mani un disco di Eminem e da lì ho addrizzato le antenne verso l’hip hop e il rap italiano e straniero, mi compravo i cd e bla bla bla… In generale ho sempre apprezzato di più le sonorità west side e dirty south (mi piaceva tantissimo Lil Jon) poi con il tempo ho saputo apprezzare meglio i classici. Poi è arrivata la trap, che in tutte le sue declinazioni trovo parecchio interessante.

Il primo testo l’ho scritto -boh- prima di iniziare la prima media, poi con qualche amico alle medie si facevano le canzoni parodia tipo i GemBoy ed in fine alle superiori ho iniziato a registrare realmente qualcosa grazie ad un amico che a differenza mia sapeva anche collegare un microfono al pc. Inizialmente registrammo un pezzo o due, dopo un paio di settimane (era il 2005) capitò l’occasione di portare un pezzo live nel contesto di un concerto nel parco della scuola e ci siamo buttati e da lì abbiamo proseguito muovendo i primi passi nel contesto dell’hip hop a Potenza che già al tempo era abbastanza radicato. Devo dire che la Basilicata in generale è sempre stata molto attiva da questo punto di vista, nonostante sia una terra particolare, c’è sempre stato fermento. Voglio dire che giù i miei amici rappavano e facevano i graffiti e quelli prima di noi già lo facevano da anni, se ora scendi è ancora così. Credo che la Basilicata sia la regione con più microfoni in rapporto al numero degli abitanti!

Comunque, tornando a noi, pochi anni dopo ho conosciuto Suroh, ci siamo chiusi a casa sua e con la testa nell’armadio abbiamo registrato il primo mixtape dei DirtyLab e per mixarlo abbiamo chiesto a Luchetto Youknow (che qualche anno dopo entrerà a far parte di Dirty Lab e da lì la formazione è rimasta invariata).  Negli anni abbiamo chiuso vari progetti  come DirtyLab (con l’appoggio di Non Quadra Label) e per un periodo abbiamo suonato un po’ in giro con gli altri della nostra crew RTSK pur essendo sparpagliati per tutta l’Italia. Siamo di un’annata per la quale fare musica non era un’ambizione concreta e fare rap nello specifico non ti rendeva più figo, anzi era più un modo per isolarsi da quelli più fighetti chiudendoci in una cultura della quale in realtà capivamo ben poco, e questo grande fraintendimento ha rincoglionito parecchie persone… ma almeno ci ha spinto a mettere il naso fuori da casa. Abbiamo sempre preferito viverci le cose per strada piuttosto che sognare di fare i cantanti rap. Comunque non ho mai avuto un piano B e non ho mai avuto nemmeno un piano A.

“Vivo a Milano, ho un lavoro di merda e non faccio il rapper”: questo dici in Corri (intro). Cosa fai nella vita e che posto occupa il rap?

Il pensiero di scrivere in generale mi occupa parecchio la testa, ma quando mi presento alle persone cerco di evitare l’argomento musica o robe tipo “ciao faccio rap vatti a sentire il pezzo”, cioè lo  ritengo uno spazio abbastanza privato nel quale in un modo o nell’altro ci si espone già molto e non mi piace sbandierarlo. Mi piace farmi i fatti miei.  E non mi piace stare troppo a contatto con persone che parlano di rap, arte, ecc., mi interessano di più le cose di cui non so niente.

Per il resto cerco di lavorare il meno possibile conservandomi il tempo per annoiarmi. Lavoro da casa per il call-center di un’azienda, ho lavorato per varie aziende sempre in quest’ambito da quando facevo gli ultimi anni delle superiori e lo trovo anche interessante per certi versi, ma senza stancarmi troppo. Quando mi va disegno un po’, dipingo, prima più spesso, ora molto meno.

Avvertiamo tante influenze nei tuoi pezzi. Cosa c’è veramente dietro alla tua musica? Quali sono le tue influenze musicali?

Come ti dicevo non sono un appassionato di musica in senso stretto, cerco di individuare e di inserire nella mia musica il valore emotivo  delle cose che mi colpiscono. Mi piacciono i film grotteschi e quelli trash, la serie di Fast&Furious, l’architettura razionalista e quella gotica, i Lunapop, i Clash, John Coltrane, i Kraftwerk , Zucchero , 50 Cent, i Maroon 5, Primo Brown, Caneda, Dargen, Fabri Fibra, il college punk californiano, Chief Keef, Lil Wayne, Jay-z e Kanye West, Post Malone, Yung Lean,  Fredo Santana, Obsesion degli Aventura, Vita Mia di Nino D’Angelo, i quadri di Chagall e di Munch e di Sironi, il Mc Donald e il cibo cinese e la pasta e rape di mia nonna, i cartoni animati. E non sopporto i telegiornali, le femministe e i vigili urbani. Per quanto riguarda l’attitudine, una persona che mi ha fortemente ispirato è stato Gonzi dei 7Colpi (un gruppo rap della mia città che lo swag ce l’avevano addosso 15 anni prima del resto d’Italia) che quando io ero un piccoletto lui già si mangiava il microfono. Ho avuto la fortuna di collaborare con lui e di vederlo scrivere e registrare, è una cosa che ricordo sempre con la pelle d’oca, lo guardavo e pensavo proprio “c***o ma è così che si fa sta roba”.

“C’è chi sta peggio, noi siamo gente che non si lamenta”: non sembra un caso che questa sia una frase tratta da Corri (intro)  e anche in Bocciaty sembra rimarcare lo stesso concetto. Insomma, darsi da fare e non abbattersi mai. E’ questo il messaggio che cerchi di dare con la tua musica?

Partiamo dal presupposto che non mi piace la parola impegno, o darsi da fare, è più importante sapersi annoiare come si deve piuttosto che riempirsi la vita di impegni solo per paura di annoiarsi. Quando fai qualcosa di cui senti un’esigenza profonda non ti rendi conto dello sforzo che fai, anche a rischio di sminuire il valore del tuo stesso lavoro… e va bene così.  Sento dire di continuo nelle canzoni cose tipo “mi prenderò tutto”  come se a qualcuno spettasse qualcosa, come se in partenza ci fosse uno invece di un bisogno, e mi lascia perplesso questa tendenza a quantificare e tradurre il valore delle cose nei risultati. Non dico che sia sbagliata, anzi la trovo interessante per molti versi, ma non la sento del tutto mia.  Se mi guardo intorno posso trovare mille motivi per incazzarmi, ma non per lamentarmi, e quantomeno per sentire di dovermi mettere in competizione con altri. Nella musica c’è spazio per tutti. Il successo si chiama così perché succede, sennò si chiamerebbe “raggiunto”. Non c’è un messaggio nella mia musica se non quello di non prendersi troppo sul serio per riuscire a non prendere troppo sul serio le cose che appesantiscono la vita, il che a volte è un consiglio che provo a dare a me stesso e a volte una giustificazione alla mia pigrizia perché comunque sono un gran paraculo. Nelle mie canzoni cerco solo di lasciar trasparire il contesto dal quale provengo e le riflessioni che esso ha suscitato in me e nelle persone che ho vicino.

Mi mette a disagio il pensiero che qualcuno possa trarre degli insegnamenti dalla musica perché non credo che sia questo il suo ruolo e credo invece che sia una responsabilità di chi la ascolta saperle dare il giusto peso nella propria vita restando sul filo dell’immedesimazione senza scivolare nel fanatismo o nell’imitazione, imparando a cogliere gli input provenienti anche da cose in forte contrasto tra di loro, lasciandosi guidare dal gusto e non dalle regole, e (magari) sapendo comunque riconoscere il valore specifico e la pienezza di alcune cose rispetto ad altre. Personalmente quando ascolto una canzone voglio che mi trasmetta delle sensazioni , e non imparare una lezione. I professori fanno già abbastanza danni nelle scuole, lasciamoli stare dove stanno.

Dai tuoi pezzi sembra che nella tua testa ci sia tanta creatività (riferendoci a ciò che dici in Bocciaty). Come nasce un tuo brano?

Generalmente scrivo solo nei periodi in cui posso annoiarmi quanto mi pare.  Accumulo un bel po’ di foglietti di carta volanti e di provini che registro con il telefono su beats mixtape scaricati da YouTube. Poi  scelgo le idee che mi convincono di più tra i vari pezzi e le assemblo tra loro, quindi spesso metto insieme cose che mi porto dietro dal 2015 con cose appena scritte. Ma dipende, quando ho la possibilità di registrarmi da solo molte robe le faccio direttamente al microfono senza scrivere, registro una frase, e mentre la riascolto registro il seguito.  Registrare è la parte che mi piace di più, mi diverto proprio, ed è l’unico momento in cui riesco davvero a svuotare il cervello quindi ci starei le ore. E qui entra in gioco Luchetto Youknow che cura tutto l’aspetto audio e che nei pezzi, diciamo ‘più official’, mi dà qualche consiglio e mi riporta sui binari, che sennò io me ne vado un po’ per i c***i miei. Registro quasi sempre sui mixtape, poi dopo aver parlato un po’ di cosa abbiamo in mente si riedita il beat in un secondo momento,  poi si va a curare il mix e gli effetti, cioè lui tocca i tasti sul pc ed io osservo stupito le cose accadere, perché io del computer so solo come si accende. E poi andiamo a mangiarci un hamburger e parliamo di altro.

Il tuo ultimo progetto è CORRIBOY:  di cosa si tratta, come si è sviluppato e chi ti ha aiutato ?

Corriboy è un consiglio. Ma Corriboy è innanzitutto una parola nuova.

Lo sintetizzo così: sei su un pianeta rotondo che gira su se stesso, quindi il tuo affanno è del tutto irrilevante, se corri stai correndo in cerchio in una gara inutile verso un traguardo inesistente, se ti fermi sei comunque inglobato dal movimento inesorabile di ciò che ti circonda, quindi rilassati, inventati il tuo percorso, fai quello che ti fa stare meglio, cercando di non sgomitare in faccia agli altri.

Il progetto Corriboy lo abbiamo tirato su io e Luchetto YouKnow in circa sei mesi. La prima cosa che abbiamo deciso è stata la data di uscita (ahahah). Non sapevamo bene che destinazione dare al progetto ma non avevamo voglia ne di stare fermi né tanto meno di trascinarci dietro un disco per anni, e avevamo le idee abbastanza chiare sulla forma da dargli.  Ho scelto di non inserire collaborazioni.  Per il ritornello di Frog Splash abbiamo deciso di farlo interpretare da un’altra voce ed abbiamo contattato LNWLF.  Alle struttura sonora del progetto ha contribuito anche Donato Carlucci, fratello maggiore di Luchetto YouKnow, che ci sta vicino da sempre con le sue preziose indicazioni.  A metà dei lavori poi, si sono aggregati  altri due amici: Federico Fregonese che sta curando l’aspetto video e grafiche, e Luigi Palladino di Palladino Produzioni che, oltre ad una parte dei video, sta curando l’aspetto della promozione. Vedere entrambi appassionarsi spontaneamente al progetto mi ha dato una grossa spinta nel rimanere concentrato e portarlo a termine, oltre alla possibilità di presentare il tutto in forma ufficiale con dei video di un certo livello e una comunicazione efficace e, per me che sono uno abbastanza paranoico e ansioso per quanto riguarda il rapporto con l’esposizione tramite i canali informatici, avere intorno delle persone disponibili con le quali poter discutere apertamente ed elaborare insieme le soluzioni nelle quali io mi sentissi più a mio agio e che fossero coerenti con me e con il progetto che vado a presentare è stato davvero importante. Infine, prima del master definitivo, siamo andati ad ascoltare tutto in studio per effettuare le ultime limature.

La tracklist di Corriboy si divide in due metà: la parte superiore è più impetuosa, quella inferiore è più personale. Nel complesso vuole essere una ricerca di equilibrio e allo stesso tempo uno scatto in avanti.  I suoni tendono ad essere vari senza seguire un’unica direzione mettendo in evidenza le diverse influenze. Il concept generale, il titolo e tutto l’aspetto grafico sono invece esplicitamente ispirati all’estetica dei manifesti per la propaganda dell’avanguardia Futurista. Il progetto è uscito a giugno sui canali di NonQuadra Label che da anni ci dà spazio e fiducia e che segue i caricamenti online e la gestione delle procedure burocratiche, guidandoci nel fitto sottobosco della musica indipendente.

Ciò che ascoltiamo oggi è il frutto di un percorso artistico che hai fatto. Cosa è cambiato nella tua musica e cosa cambierà in futuro?

Cambiamenti nella mia musica ce ne sono di continuo, altrimenti che palle.

Non posso negare che ultimamente sto scoprendo un lato di me più attento verso tutti gli aspetti del fare musica. Nei due anni precedenti a Corriboy ho fatto uscire una serie di singoli ai quali sono molto legato sia per la modalità in cui sono stati concepiti, sia per la loro forma finale. Mi ci rispecchio molto e sono stati il punto di partenza dal quale ho cercato di tracciare le coordinate della mia musica in maniera più definita capendo su quali punti andare a lavorare e cosa invece volevo portarmi dietro. Generalmente non mi affeziono mai alle canzoni  e spesso faccio fatica a rimanere concentrato su un’uscita fino alla fine, cioè fosse per me registrerei un pezzo al giorno e lo farei uscire la notte stessa con qualche gif animata un po’ trash. Sicuramente nel tempo l’approccio rimane e rimarrà sempre lo stesso: tutto di pancia.

Sto cercando però di trattare in modo differente la struttura dei pezzi più ufficiali, mi sta venendo naturale farmi qualche domanda in più anche in fase di scrittura, cosa che fino a un anno fa non facevo. Ma per intenderci, non ho mai contato tipo quante barre scrivere e credo di non saperle contare tuttora.  Poi c’è una grossa differenza tra lavorare ad un progetto nel quale rappa anche un’altra persona ed un progetto solista, nel senso che il focus si posiziona in punti differenti e ci si confronta con problematiche diverse, comunque il confronto di idee tra me e Suroh avviene di continuo anche nei rispettivi progetti solisti perché siamo molto legati al concetto DirtyLab. e siamo molto legati nella vita a prescindere dalla musica.

Per quanto riguarda le novità, stiamo già raccogliendo la legna per l’inverno, non ci si ferma mai. Ho un po’ di featuring che ho lasciato in sospeso per concentrarmi sul disco, abbiamo delle robe DirtyLab che abbiamo messo in pausa e poi ho un sacco di robe mie già in cantiere che vanno solo registrate e che usciranno nei prossimi mesi.

C’è qualcosa che vorresti dire ai nostri lettori?

No, proprio no. Le vite altrui non mi riguardano e non faccio campagna elettorale.  Saluti e baci… e un grosso grazie a voi di Siloud per questo spazio.

Sporco Noproblem for Siloud

(Thanks to Palladino Produzioni)

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