Nome: Luca Cognome: Patrini In Arte: Luca Patrini Età: 20 Città: Pizzighettone (CR) Nazionalità: Italiana Brani pubblicati: Sunday Evening (acoustic version) Album pubblicati: Seven Periodo di attività: dal 2017 Genere musicale: Folk, Rock, Pop, ecc. Piattaforme: YouTube, Spotify, Deezer, iTunes, ecc.
Chi è Luca Patrini?
Mi chiamo Luca Patrini e ho 20 anni, vengo da un piccolo paese nella provincia di Cremona, Pizzighettone. Ho deciso di trasferirmi a Londra poco tempo fa per studiare musica, quindi sto frequentando i corsi di SongWriting (ovvero cantautorato) della BIMM, un’importante università musicale nata proprio qui in Inghilterra ma con diversi distaccamenti in alcune città europee.
Perché ti sei avvicinato alla musica?
Mi sono avvicinato alla musica all’età di 12/13 anni, il vero motivo è ancora da scoprire dato che nessuno dei miei familiari si era mai avvicinato alla musica. Credo che si tratti di un susseguirsi di incontri con musicisti e soprattutto non che sono stati in grado di trasmettermi la passione per il palcoscenico.
Oggi vivi a Londra, sappiamo che vuoi vivere di musica e ti sei trasferito proprio per fare il musicista. Perché proprio Londra?
Essendo qui da poco ancora non posso confermare, ma credo che la scelta di Londra sia la più giusta per varie ragioni: la prima è la storia visto gran parte della musica, nella storia, ha avuto a che fare con questa città e tuttora sta funzionando così; la seconda ragione è la gente, tantissime culture e tantissimi talenti sono serviti in piatti d’argento tutti i giorni e gran parte di questa gente è interessata alla musica intesa come lavoro e non solo come mezzo di comunicazione o divertimento; il terzo è l’inglese con il quale sto ancora lottando per poter scrivere i testi delle mie canzoni e potermi confrontare con tutto il mondo. Il cibo e il meteo, purtroppo, sono quello che sono, ma non posso farci niente, per il resto è una città magnifica.
La tua musica ha una grande particolarità: riesce ad arrivare dritta al cuore, cerca sempre di comunicare qualcosa. Quale messaggio vuoi trasferire alle persone che ti ascoltano e quali argomenti tratti nei tuoi brani?
Avendo l’esperienza di un ventenne e avendo quindi poca conoscenza della vita stessa, mi sono sempre limitato ad evidenziare gli aspetti negativi che essa mi porge. Nell’album i testi variano parecchio, dall’amore alla rabbia, dal potere al fallimento legato al tempo e di esperienze personali. Negli ultimi due anni però, ho iniziato un percorso diverso per quanto riguarda la stesura dei testi! Collaboro alla scrittura del testo con Piero Giusti, che grazie alla sua esperienza e alla sua cultura riesce a trasmettere le cose diversamente da come ho cercato di fare in passato. La collaborazione sembra funzionare perché le idee sono simili e gli ultimi brani scritti, non ancora usciti, sono strettamente legati agli interessi che l’uomo ha e per i quali è disposto a prevalere con l’ignoranza.
Il tuo genere è senza ombra di dubbio il Rock, la chitarra è sempre al fianco della tua voce. Quali sono le tue influenze musicali e, nello specifico, come nasce un tuo brano?
Mi è sempre piaciuto il Rock, ma credo che questo sia un momento in cui i generi musicali non possono più essere categorizzati: il ‘900 è stato un susseguirsi di generi che ora si stanno mescolando nelle maniere più impensabili. Credo che per me sia lo stesso, sono stato influenzato da tantissimi generi musicali e talvolta mi sento influenzato anche da nuovi generi che sono nati da poco, quindi credo che il modo migliore sia creare qualcosa di nuovo, di mio, che possa influenzare qualcuno. Per quanto riguarda la composizione di un brano, preferisco partire dalla musica, perché in genere è quella che mi da l’ispirazione per il testo.
Da cosa nasce il tuo ultimo progetto “Seven”?
Seven è in realtà la mia unica creazione, uscito nel 2017 mi ha dato lo slancio emotivo per buttarmi nella musica. Si tratta di un album di 7 canzoni (con una cover, Crow Jane, dei Two Gallants) per il quale ho collaborato con molta gente: ci sono i miei compagni di classe delle superiori, amici musicisti della mia età e non che ho conosciuto fuori dalla scuola e lo si può trovare su quasi tutte le piattaforme digitali. Il disco è ovviamente indipendente ma sono comunque contento del riscontro che ha avuto seppur non si tratti di visualizzazioni.
Abbiamo due curiosità, anche se particolari speriamo tu possa darci una risposta: perché hai scelto di essere un cantautore e qual è il rapporto che hai con la chitarra?
Parto rispondendo alla seconda curiosità per arrivare alla prima. Ho iniziato a suonare la chitarra a 10/11 anni, ma non avevo un interesse particolare, è grazie ai miei genitori che mi hanno reso consapevole e che mi hanno sempre appoggiato che ho raggiunto un interesse maggiore. Volevo fare il chitarrista nella vita ma poi ho capito che se non canti ti limiti alla musica e perdi la comunicazione. Ho sempre sentito il bisogno di farmi ascoltare e credo che questo sia il modo migliore.
“Sunday Evening” è il brano con cui ti sei esibito a La Stanza Appesa. Il testo ha una sua tragicità intrinseca: parla di una realtà cruda, ma pur sempre di realtà (purtroppo). La semplicità della tua performance ha permesso di far arrivare dritto il messaggio. Ti andrebbe di spiegarci il perché di questo testo?
Sunday Evening è la prima canzone scritta collaborando con Piero, quindi per me ha già un valore a sé. Fortuna vuole che sia anche il mio pezzo preferito, sia per la musica che per il testo!
Il testo è una storia, vera, un fatto di cronaca, accaduto a Macerata poco tempo prima di scrivere il testo. La storia è raccontata da due punti di vista: il primo, un pazzo, un uomo senza valore che sta per compiere una strage di 6 persone, immigrate. Il secondo, un immigrato, il sesto, che segue l’accaduto fino al quinto sparo, poi la rabbia. In realtà, abbiamo preso l’accaduto come spunto per indicare un’intera massa di gente che si può identificare nel primo soggetto, che usa violenza e ignoranza per prevalere sul prossimo, senza ovviamente ottenere un buon risultato, per colpa del prossimo stesso. Il finale è un grido di rabbia per il quale tutti dovremmo fare qualcosa, per il quale la società viene incolpata per lo scarso interesse verso se stessa. Sono contento che la maggior parte di chi la ascolta comprende il messaggio, soprattutto qui, dato che è in inglese, ma spero che le cose un giorno potranno cambiare, educando le persone, con la cultura e con il progresso, perché andare indietro di 80 anni non si può e soprattutto non serve a nessuno.
Qual è il tuo sogno nel cassetto?
Il mio sogno nel cassetto è purtroppo infantile e banale, ha a che fare con le Rockstar e roba del genere, ma sarei comunque molto contento di poter lavorare con la musica e quindi con quello che mi piace.
C’è qualcosa che vorresti dire ai nostri lettori?
Ai lettori di Siloud, per l’unica cosa che la mia esperienza mi ha fatto capire, voglio dire che c’è sempre tempo per fare tutto, ma se perdi tempo sei morto! Quindi cercate di non fermarvi a come vi vengono dette le cose perché c’è tempo per capirle, non fatevi fregare dall’ignoranza!
Luca Patrini for Siloud
Credits: La Stanza Appesa