Nome: Stefano Cognome: Gurioli In arte: Gurioli Età: 23 Città: Ivrea Nazionalità: Italiana Brani pubblicati: Il battito del cuore, La terra dei fuochi d'artificio, Stelle cadenti. Album pubblicati: Giorni Migliori, La terra dei fuochi d'artificio Periodo di attività: dal 2017 Genere musicale: Pop, Pop-Rock Piattaforme: YouTube, Spotify, Apple Music, Deezer, Amazon Music, ecc.
Chi è Stefano Gurioli?
Sono un cantautore ventitreenne di Ivrea, nella vita oltre a suonare sono enologo a Barolo.
Cosa ti lega alla musica?
Pensandoci bene sono sempre stato appassionato di musica, quantomeno non mi sono mai approcciato alla musica in modo disinteressato. Già nel periodo delle medie ricordo che andavo pazzo per il pop-punk e sognavo di poter suonare in un gruppo, poi con il tempo ho cambiato moltissimo i gusti musicali ma in ogni caso non riesco mai a sentirmi semplicemente fruitore della musica.
Ogni volta che sento qualcosa che mi emoziona cerco di indagarne il perché nel suono, nei testi, nella metrica dei testi, nella timbrica della voce, fino ad esserne influenzato in quello che scrivo io stesso. Insomma, non so cosa mi lega alla musica, so che è spesso il primo mio pensiero quando mi sveglio e l’ultimo quando vado a dormire, potrei definirla una passione ma non renderebbe l’idea.
La tua musica è un it-pop perfetto, ovvero un genere cantautorale italiano riattualizzato con sonorità pop. Perché hai preso questo verso nella musica?
“Stelle Cadenti” ha rappresentato un po’ una svolta da un punto di vista di suono rispetto alle mie canzoni precedenti, ma è stata una cosa molto spontanea. Sentivo l’esigenza di cambiare produzione dopo i due dischi registrati in PanMusicProduction e ho trovato la chiave per realizzare quello che avevo in mente all’RKH di Torino. È stato un esperimento molto interessante perché prevalentemente le produzioni di questo studio sono rap/trap, quindi un qualcosa di molto distante da quello che faccio io, però allo stesso tempo trovo che i produttori di questi generi abbiano un gusto e delle competenze per quanto riguarda alcuni aspetti della produzione davvero complementari a quelli che può avere uno come me che ha sempre masticato cantautorato e pop-rock. Insomma, è venuto fuori un risultato che mi soddisfa tantissimo.
La grande musica italiana sembra ispirarti molto. Quali sono i tuoi artisti preferiti?
Il primo vero colpo di fulmine è stato Ligabue, mi sono rispecchiato moltissimo negli anni non solo nella sua musica ma anche nel suo modo di porsi, nel suo modo di fare le cose in generale: dalle canzoni, ai libri, ai film, penso non si possa comprendere Ligabue senza considerare la sua arte nella sua totalità. Poi chiaramente sono arrivati i cantautori e su tutti devo dire che De Andrè mi ha davvero cambiato la vita, penso che non sarei nemmeno enologo se non fosse per i messaggi che ho colto in lui, in particolare riguardo alla forte simbiosi che esiste tra uomo e natura e in ancor di più tra l’uomo e le stagioni, quasi sempre presente nei suoi testi.
Oggi devo dire che ascolto tantissimi artisti diversi e la maggior parte non sono emersi a livello nazionale, o quantomeno non ancora del tutto. Tra tutti trovo molto interessante Scarda.
Sei partito con sonorità più rock, oggi sei più sul pop. Cosa è cambiato negli anni nella tua musica?
Principalmente sono cambiati i miei ascolti e, di conseguenza, anche un po’ i miei gusti musicali. Il mio primo disco è composto da canzoni scritte tra diciassette e vent’anni, quindi certamente per quanto fossero il risultato di esigenze fortissime erano anche un po’ acerbe sotto alcuni aspetti. Penso che ci voglia tempo per trovare un proprio stile davvero autentico, una propria chiave, un proprio modo di fare, questo è un concetto che oggi secondo me andrebbe sottolineato più spesso. “Fare successo” in poco tempo, come prevede un po’ il modello che abbiamo spesso come riferimento, implica che un’artista debba muoversi in sentieri già tracciati per essere capito ed accettato, invece io credo che ci voglia tempo per trovare la propria voce. Io la mia voce la sto cercando tra cantautorato e rock d’autore, influenzato certamente dall’it-pop contemporaneo.
Nel 2017 esce il tuo primo disco, “Giorni Migliori”, e nel 2019 esce il tuo secondo, “La terra dei fuochi d’artificio”. Come definiresti la tua musica d’inizio?
La mia musica d’inizio è stata sicuramente lo specchio dell’esigenza che ho avuto nei primi anni di scrittura, soprattutto da un punto di vista di sound mi sono divertito a sperimentare prevalentemente tra i generi affini al rock, a cercare il mio vestito migliore. “La terra dei fuochi d’artificio“, in particolare, è un disco che ha un medesimo tema come filo conduttore, ossia la ricerca di una propria di identità in un periodo storico in cui siamo bombardati minuto per minuto da nuove notizie, che spesso tolgono spazio e tempo alla riflessione personale; addirittura anche i vodeclip del disco sono legati da una medesima storia. Entrambi i dischi sono stati registrati allo studio di Torino PanMusicProduction.
Nel frattempo, in questi anni, sei salito su molti palchi importanti al fianco di molti artisti ben conosciuti. C’è un’esperienza che ti ha cambiato in modo particolare?
La risposta che mi viene di getto è quando sono stato selezionato per suonare a Modena Park prima del concertone di Vasco Rossi, anche se devo dire che le esperienze che mi hanno segnato sono state davvero tante. Ad esempio la serata dell’IncantoSummerFestival, con alle spalle l’orchestra di Sanremo, davanti la piazza più bella della mia città, condividendo il palco con grandi nomi come Vittorio De Scalzi e Giusy Ferreri. Ci tengo anche a parlare di Spaghetti Unplugged, che secondo me rappresenta un po’ il Folk Studio dei giorni nostri, una volta salivano sul palco DeGregori e Venditti, oggi tra esibizioni di ragazzi emergenti salgono Gazzelle e Tommaso Paradiso, ma entrambe le serate hanno previsto il futuro del pop italiano. Durante la serata di Spaghetti poi ho conosciuto il team di persone con cui collaboro adesso, quindi è davvero un’esperienza che consiglio a chi tiene un po’ di canzoni nel cassetto.
“Stelle Cadenti” è il tuo primo singolo del 2020, una metafora della vita e della realtà. Il brano anticipa qualche tua novità per questo anno?
Le sorprese non si svelano. Diciamo che non sarà l’ultimo brano ad uscire quest’anno, e sì, ci saranno delle sorprese.
“Stelle cadenti” è una metafora della bellezza e della velocità della vita e dei rapporti umani nel 2020, tra prospettive, sogni, serate, futuro, rapporti come “alberghi ad ore” e rapporti che restano. Musicalmente è un pezzo che deve qualcosa a Bersani, qualcosa a Scarda, qualcosa a Vasco Rossi, forse Brunori, ma non in maniera troppo evidente, penso sia un brano che rispecchia molto il mio modo di scrivere.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Il progetto era di tornare a Roma per due serate: un’ospitata a Spaghetti Unplugged al Marmo e una all’ItPopNight alle Mura. Chiaramente a causa dell’emergenza sanitaria le serate saranno rimandate, temo al prossimo autunno. In ogni caso questo singolo apre la strada ad un nuovo percorso che è appena iniziato. Ora ho la fortuna di avere un team di ottime persone che mi aiuta nel mio percorso e ne sono davvero grato.
C’è qualcosa che vorresti dire ai nostri lettori?
Colgo l’occasione per dire che secondo me, in conseguenza all’utilizzo delle piattaforme di streaming, in futuro ci saranno molti più artisti da poter ascoltare e che riusciranno a ritagliarsi una propria fetta di pubblico, quindi l’importanza di progetti specializzati come questo sarà sempre di maggiore importanza. Ringrazio quindi moltissimo per l’intervista.
Stefano Gurioli for Siloud