Gabriél Renteria Linda, in arte Ganoona, è un artista di base a Milano, ma a metà tra la cultura italiana e quella messicana per via delle sue origini. La musica è per lui l’unico modo per sentirsi completo, mettendo insieme tutte le sfaccettature che lo compongono. I suoi brani combinano sonorità black, latin e hip hop. I suoi progetti hanno uno stile ben definito e questo è sicuramente frutto di una consapevolezza acquisita negli anni.
“Bad Vibes” è il suo ultimo singolo che richiama un mondo di malinconie nascoste, lavori alienanti e divertimenti forzati. Lo stile questa volta si è spostato verso sonorità più elettroniche e ci ricorda molto quello di Nick Murphy (aka Chet Faker).
Nome: Gabriél Cognome: Renteria Linda In arte: Ganoona Età: 30 Città: Milano Nazionalità: Italo-messicana Brani pubblicati: Bad Vibes, Cent’anni, Tonno, Gioielli, ecc. Album pubblicati: Ganoona & Bianca Periodo di attività: dal 2015 Genere musicale: Urban, Pop Piattaforme: Spotify, Youtube, Tidal, Apple Music, Deezer, Amazon Music, ecc

Chi è Ganoona?
Canto canzoni tristi su ritmi meno tristi. Mi piace scrivere delle cose che mi fanno paura, così dopo non mi fanno più così paura.
Sono nato a Milano da mamma italiana e papà messicano. Da sempre ho avuto una fissazione per la scrittura e la creatività. Scrivere mi sembrava l’unico modo per cercare di comunicare realmente quello che provavo, soprattutto da bambino, quando è più difficile essere ascoltati. Da sempre ho sentito una frattura tra il mio lato europeo e quello messicano. Sono mondi molto distanti e da bambino andare e venire da un paese all’altro mi causava molta confusione e sofferenza. La musica quindi è per me l’unico modo per sentirmi completo, mettendo insieme tutte le sfaccettature che mi compongono. Oltre a fare il cantante insegno canto moderno in varie scuole a Milano e privatamente.
Cosa rappresenta il tuo nome d’arte?
Ganoona è un personaggio di un libro di Geoff Dyer, “Jeff in Venice, Death in Varanasi”. È una sorta di presenza mistico-animalesca che si rivela al protagonista, non sempre in forma benigna. Il nome mi piaceva e l’ho rubato per creare il mio alter ego.
Ganoona è la parte di me che non ha mai paura di dire quello che pensa e prova. A volte questo processo è doloroso e spaventoso, come accade nel libro, ma alla fine sempre liberatorio.
Quando è avvenuto il tuo primo approccio con la musica e come si è evoluto il tuo rapporto con essa nel tempo?
Ho sempre saputo di voler scrivere e fare musica. La prima canzone l’ho scritta in quarta elementare per un mio amico che si trasferiva. Da bambino ascoltavo tantissima musica in casa: dischi soul, R&B, la musica latina di mio padre. Poi ovviamente tanto cantautorato italiano. Il mio primo amore però è il Rap.
Da ragazzino ho iniziato a rappare quasi di nascosto. La musica mi sembrava un sogno troppo grande. Nel frattempo ho studiato teatro e ho lavorato nei piccoli teatri milanesi per qualche anno, ho anche fondato una compagnia teatrale itinerante, la Compagnia degli Hobos. Il teatro mi ha aiutato tantissimo a superare le insicurezze e ad accettare quella che era stata sempre la mia vera vocazione: la musica. L’evento scatenante è stata la pubblicazione di un mio EP in spagnolo con un’etichetta messicana. Ho avuto la possibilità di partire per un tour di un mese nel centro e sud del Messico e sono tornato decisamente cambiato. È stata un’esperienza incredibile. Mi sono guardato allo specchio e mi sono detto: facciamolo.
Mi sono rimesso a studiare, anche se non avevo più 18 anni. Mi sono diplomato in canto moderno e pianoforte complementare alla Nam di Milano, una delle scuole di musica moderna più importanti del paese. Le mie prospettive musicali si sono allargate tantissimo, ho iniziato a sperimentare, staccandomi dal puro Rap, e iniziando a fare la musica che faccio oggi. Nel frattempo ho fatto vari lavori, anche umili, dal volantinaggio al pony, all’impiegato commerciale.
Hai origini italo-messicane, per cui immaginiamo che tu sia diviso tra sonorità italiane e sonorità messicane. Quali sono gli artisti che generalmente ascolti e quali cerchi di portare all’interno dei tuoi pezzi?
Ho sempre ascoltato cose molto distanti tra loro. Mi hanno formato le voci di Billie Holiday, Otis Reddings, Ray Charles… I ritmi latini li ho sempre sentiti ribollirmi nel sangue. Amo gli Intillimani, Cesaria Evora, e anche artisti latini più moderni come Calle 13, Ile, Dengue Dengue Dengue e molti altri. Per la scrittura per me sono stati fondamentali i testi di Dalla, De Andrè, Dargen D’Amico, Marracash… Da un po’ sono in fissa con Venerus, Joan Thiele e Irbis 37. Ascolto anche tanta musica elettronica: Moderat, Flume, Bonobo e altri.
Tutti questi ascolti formano parte del mio vocabolario musicale, ma quando scrivo una canzone non penso alla musica degli altri, cerco di fare qualcosa di mio. Creare una musica “ponte” che unisca tutte le mie sfaccettature, soprattutto il mondo europeo e quello latino. Nella vita non credo che smetterò mai di sentire questa frattura, ma nella musica almeno posso sentirmi completo.
La tua musica combina sonorità black, latin e hip hop. I tuoi progetti hanno uno stile ben definito e questo è sicuramente frutto di una consapevolezza acquisita negli anni. Quali sono i tratti caratteristici di Ganoona?
L’attenzione per la scrittura e l’imprevedibilità nelle sonorità. Non dovrei dirmelo da solo, ma lavoro duro perché la mia musica sia una musica onesta. Onesta intellettualmente, cioè che mi assomigli veramente, e non insegua le mode del momento.
Dal 2018 ad oggi, la tua produzione si è contraddistinta nella pubblicazione di singoli. Questi ci hanno permesso di ripercorrere il tuo processo evolutivo, da uno stile pop introspettivo dei primi anni ad uno stile più urban sfacciato. Ci parli del tuo percorso nell’ambito della produzione musicale, dai primi progetti online ad oggi?
Come accennavo prima, i primi passi li ho mossi in realtà nel mondo del Rap. Il materiale lo caricavo su Soundcloud e YouTube. Qualcosa lo si trova ancora. Anche all’epoca mi piaceva sperimentare e scegliere delle strumentali particolari, ovviamente sbilanciate sull’elettronica. Sono stato tra i primi a Milano a sperimentare anche con la Trap, quando era solamente un genere strumentale da festival.
Mentre studiavo ho optato per un ritorno alla semplicità, così sono nati singoli piano e voce, strumenti suonati e arrangiamenti minimali. Avevo bisogno di tornare a uno stadio embrionale per capire poi da che parte avrei voluto continuare il mio viaggio. Oggi sto cercando, come dicevo, di fare una musica colma di tutte le mie sfaccettature in maniera equilibrata e originale. Tornando a mischiare l’elettronica con gli strumenti suonati.
Più nel dettaglio, in che modo hai lavorato sul sound dei tuoi pezzi in questi anni e qual è il risultato che stai ricercando?
L’obiettivo è creare un sound unico e riconoscibile, che mi assomigli. Anche se credo mi piacerà sempre stupire e stupirmi con nuovi esperimenti. Al momento sono in fissa con le percussioni. Credo che nel 2020 non abbia più senso fare degli arrangiamenti monumentali, visto che la maggior parte della gente ascolta la musica dal telefono o dalle misere casse del laptop. Cosa si sente sempre chiaramente da qualsiasi dispositivo? La voce e le percussioni.
Sto sperimentando molto in studio, stiamo campionando tantissimi suoni percussivi. Il resto dell’arrangiamento mi piace vederlo come un paesaggio sonoro, un mood che deve fare da collante.
“Bad Vibes” è il tuo ultimo singolo che richiama un mondo di malinconie nascoste, lavori alienanti e divertimenti forzati. Lo stile questa volta si è spostato verso sonorità più elettroniche e ci ricorda molto quello di Nick Murphy (aka Chet Faker). Come nasce questo singolo?
Nasce dal bisogno di sfogo. Ho scritto il testo in un momento complicato, in cui mi sentivo solo e insoddisfatto. L’ho scritta al pianoforte, voce e accordi, nuda e cruda. In generale Bad Vibes parla del senso di inadeguatezza e del bisogno di contatti umani sinceri. Spesso la prima cosa che facciamo appena svegli è guardare lo schermo dello smartphone, come se fosse un oracolo, senza accorgerci di essere finiti inconsapevolmente in un episodio di Black Mirror.
https://open.spotify.com/album/1kN0mbgw8ksXKszvQQNBJw?si=vkb3JST8SCOIghxqUwkBdw
“Oh mama, sciogli questo bad karma, il pavimento è lava […]”: ho voluto usare questa immagine innocente, infantile, per descrivere la sensazione di insicurezza, di alienamento dalla realtà, dove l’unica oasi sicura forse è l’abbraccio silenzioso di una persona che ci vuole bene. Per la produzione come dicevo prima abbiamo messo in primo piano la voce e le percussioni, anche latineggianti ma molto asciugate e compresse. Il paesaggio sonoro e arricchito da fiati andini, trombe e piano elettronico.
Quando saranno online i tuoi prossimi progetti? Hai mai pensato ad un album?
L’album è in dirittura di arrivo. Dato il periodo stiamo valutando le tempistiche, ma sicuramente prima dell’estate ci sarà un altro singolo e al più tardi in autunno pubblicheremo il disco. Ho un sacco di nuova musica che non vedo l’ora di farvi sentire. Spero di raggiungere sempre più persone con la mia musica, e, una volta superata questa crisi, tornare sul palco con i miei musicisti con tutto l’entusiasmo e l’energia che ci ha sempre contraddistinto.
C’è qualcosa che vorresti dire ai nostri lettori?
Seguitemi sui social e state lontani dalle Bad Vibes. Non abbiate paura di guardarvi dentro e se vi spaventate sentite i miei pezzi che, tranquilli, c’è sempre qualcuno più incasinato di voi. Spero che la musica possa essere per voi un rifugio come lo è per me!
Ganoona for Siloud
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Credits: Clarissa D'Avena, Red&Blue - Music Relations