Balto è una band che si è formata tra il lungomare di Rimini e i portici di Bologna, tra uno spaghetto alle vongole e una tigella dopo la sala prove; quattro ragazzi per cui la musica è sempre stata un’esigenza e che hanno avuto la fortuna di trovarsi insieme e di aver imparato presto a condividere certe emozioni gli uni con gli altri. Il loro progetto musicale dura da anni, ma il primo maggio è stata la data del loro ritorno ufficiale.
Band: BALTO Componenti: Andrea Zanni, Marco Villa, Alberto Piccioni, Marco Villa Età: 24-27 Città: Misano Adriatico (RN), Bologna Nazionalità: Italiana Brani pubblicati: Quella Tua Voglia Di Restare Album pubblicati: È tutto normale EP Periodo di attività: dal 2017 Genere musicale: Pop, Indie-rock Piattaforme: Instagram, FB, Spotify, iTunes, Tim Music, YouTube Music, YouTube, ecc.
Chi sono i Balto?
I Balto siamo noi 4 che ci vogliamo bene da un po’, cresciuti sul lungomare di Rimini e sotto i portici di Bologna, tra uno spaghetto alle vongole e una tigella dopo la sala prove.
Balto è il nome di un famoso cane: il nome della vostra band ha a che fare con lui o ha un’origine totalmente diversa?
“Balto” l’abbiamo scelto qualche estate fa. Avevamo un altro nome temporaneo e abbiamo fatto una data in provincia di Firenze. A cena prima del concerto ci diedero un vino buonissimo senza etichetta e ci dissero che si chiamava “Balto”, accompagnando dei tortelli di patate molto molto buoni. Ci è piaciuto subito e l’abbiamo adottato come nome, ce lo sentiamo addosso, forse anche grazie al Balto metà cane e metà lupo.
Siete quattro giovani ragazzi con l’obiettivo di creare qualcosa di unico. Come vi siete conosciuti, cosa vi ha spinto ad avviare un progetto insieme e cosa vi tiene uniti?
La musica è sempre stata un’esigenza. Abbiamo avuto la fortuna di trovarci insieme e di aver imparato presto a condividere certe emozioni gli uni con gli altri, a rispettarci nelle diverse opinioni, a litigare nelle diverse opinioni. Quale sia il nostro obbiettivo non riusciamo davvero a esprimerlo e non vogliamo farlo.
Siamo felici di aver scritto un disco insieme, è stato faticoso ma non ne puoi fare a meno, ed è bello aver scoperto nel tempo che è davvero così per tutti e quattro. Sono uscite tutte le facce di ognuno di noi in questo periodo di scrittura, abbiamo imparato tanto, abbiamo visto le parti peggiori di noi, ma anche scoperto quanto ci fa bene stare insieme.
Sono amico di Alberto (il batterista) da sempre, abbiamo iniziato a scrivere le prime canzoncine a 11, 12 anni. Non era ancora nemmeno tanto chiaro chi suonasse cosa e chi fosse il cantante. Poi abbiamo conosciuto Marco negli anni del liceo e per un po’ di tempo abbiamo avuto una specie di cover band indie-rock, suonavamo gli Arctic Monkeys, Strokes, Franz Ferdinand, ecc.. Poi con l’università abbiamo conosciuto Manolo e abbiamo avviato questo progetto, con l’idea che fosse quello “giusto” per ognuno di noi quattro.
Vi affacciate al panorama musicale con un genere per lo più rock. I vostri riferimenti artistici appartengono allo stesso filone musicale?
Diciamo che ci siamo formati con l’indie-rock inglese principalmente, poi in realtà abbiamo interessi musicali molto ampi ed eterogenei. Ognuno di noi ovviamente ha le sue preferenze però ascoltiamo davvero tanta musica diversa: Manolo per esempio è super appassionato degli Incubus e allo stesso tempo compone colonne sonore.
Ad ascoltare con più attenzione la vostra musica, non c’è solo rock. Anzi, in diverse occasioni traspare un pop di fondo che dà alle vostre canzoni quel tocco di ‘radiofonicità’. Quali sono le caratteristiche della vostra musica?
Guarda, noi ci abbiamo anche provato inizialmente, ma non riusciamo davvero a definirci in un genere ed in realtà non ci interessa nemmeno.
L’EP del 2017 è probabilmente più rock perché è nato proprio in modo diverso, cioè in sala prove, è puro istinto e necessità. E già giustamente si può cogliere qualche sfumatura tipica della canzone pop come ad esempio in “Spine nel fianco”. In questo primo album abbiamo vestito le canzoni nate chitarra e voce con degli abiti diversi, probabilmente anche perché abbiamo lavorato a distanza per necessità, al computer, e non in sala prove.
Ora siamo super contenti ma non vogliamo limitarci a un genere o catalogarci. Ci piace l’idea di provare ad evolvere e di poter provare a fare qualunque genere senza vincolarci a niente. Una cosa che ci ha fatto molto piacere è aver ricevuto diversi messaggi dopo l’uscita dell’ultimo singolo (“Quella tua voglia di restare“) in cui ci si diceva che c’è stata una bella evoluzione e cambiamento, ma che “si sente che sono i Balto”. L’importante è che l’essenza della band rimanga sempre, poi le canzoni possono avere tanti vestiti diversi, come sono diversi i momenti della nostra vita in cui scriviamo e scriveremo.
Il progetto Balto dura ormai da diversi anni. Quali sono i momenti principali del vostro percorso nella musica?
Sicuramente alcuni dei momenti più importanti sono stati il concerto in apertura ai Canova, ormai di qualche anno fa, quando ancora non avevamo pubblicato il primo EP, o ai Cara Calma, perché per la prima volta ci trovavamo davvero a suonare per un pubblico che non ci conosceva. Ci ha messo molto alla prova e ci ha fatto crescere, così come tutta la scrittura di questo disco, a metà fra Bologna, la Francia, Misano.
Crescere a distanza è stato complicato ma ci ha paradossalmente avvicinato ancora di più. E poi un periodo davvero importante per la crescita è stata la produzione in studio a Ferrara con Manuele Fusaroli; abbiamo vissuto 24 ore al giorno insieme per tantissimo tempo ed è stato assolutamente una figata.
Sono passati anni da quando avete rilasciato il vostro ultimo progetto. Immaginiamo, quindi, che con i nuovi progetti si avvierà una nuova fase per voi. Come siete arrivati a questo punto? Pensate di aver trovato la vostra identità?
Non abbiamo ancora mai pubblicato un vero e proprio album. Questo perché ci siamo voluti prendere il giusto tempo per crescere e capire davvero cosa volessimo fare, per lo meno in questo momento, negli ultimi due anni.
Abbiamo scritto tante canzoni, le prime sono state arrangiate diverse volte in più modi, fino a che non eravamo davvero soddisfatti. Questo album è quello che vorremmo ricordarci per sempre, queste canzoni sono importanti per noi. E siamo contenti di aver trovato una bella squadra che ci ha incoraggiati.
Il primo maggio è la data del vostro ritorno ufficiale, un momento dal quale guarderete avanti e vi lascerete alle spalle il passato. Come nasce “Quella tua voglia di restare”?
“Quella tua voglia di restare” è l’ultima canzone che abbiamo scritto prima di entrare in studio e poi è diventata la prima che abbiamo voluto far uscire. È nata in una notte dello scorso Luglio, stavamo andando al bar di marco a rimini sul lungomare, era molto tardi perché lui faceva chiusura tutte le sere. Noi andavamo lì per una birra e per lavorare al disco; di tempo non ne avevamo e quindi lavoravamo spesso di notte nel magazzino del suo bar.
La canzone è stata scritta tra Riccione e Rimini, mi sono fermato perché avevo in testa la prima frase e la melodia del pezzo e non volevo che mi passassero di mente. Ho scritto la canzone e quando siamo arrivati al bar di marco l’abbiamo fissata in un provino. Ci eravamo promessi di non scrivere più nulla perché per noi il disco era già completo, però gli altri erano super convinti di questo nuovo pezzo e abbiamo deciso di portarlo in studio.
“Quella tua voglia di restare” è in realtà il primo singolo del vostro disco, per cui presto ne saranno online altri. In che modo avete lavorato al sound di queste nuove produzioni?
Le canzoni nascevano da me chitarra e voce. Poi ci abbiamo lavorato tanto, tutti in maniera individuale, poi tutti insieme, poi ognuno alle proprie parti e ognuno alle parti degli altri. È stato bello perché ci siamo davvero contaminati nella scrittura, ognuno curava le parti di tutti, ed è stato super costruttivo. Ricordo la settimana di ferragosto in cui io e Manolo, a provini chiusi, abbiamo riaperto tutte le tracce di chitarre e ci siamo riconfrontati per una settimana su tutte le cose che ancora non ci convincevano, trovando poi una via d’uscita insieme. Non sono mancate le discussioni ovviamente.
Avete già fissato una data per l’uscita del vostro album? Più in generale, quali sono i vostri progetti per il futuro?
Ancora no. Avremmo una linea temporale da seguire ma lo capiremo fra un po’ credo, anche in base alla possibilità di fare concerti. Concerti veri. Ne abbiamo un gran bisogno.
C’è qualcosa che vorreste dire ai nostri lettori?
Vorremmo avervi qui, per raccontarvi tutto.
Balto for Siloud