InTheMusic: Stefano Coppari, interview

La musica contemporanea e il jazz sono il pane quotidiano per Stefano Coppari. Musicista fin dai 12 anni quando scopre il mondo stravagante del rock e del grunge. La conversione al jazz avviene a 18 anni per poi sfociare in una carriera di successi. Dal 2016 è uno dei musicisti della casa discografica Auand Records di Marco Valente, etichetta più vivace ed interessante del jazz italiano. Oggi Stefano ha uno stile tutto suo, caratterizzato da una gestione del suono molto innovativa e diversa dal classico linguaggio jazz. Lo abbiamo conosciuto in occasione del suo ultimo lavoro “Scar Let” e per ora, non vogliamo spoilerarvi null’altro. Scoprite di più su Stefano Coppari attraverso la nostra intervista. 

Nome: Stefano 
Cognome: Coppari
In arte: Stefano Coppari
Età: 37
Città: Jesi
Nazionalità: Italia
Brani pubblicati: Verde Come, Alt Her Ego, Scar Let
Album pubblicati: Eureka (Auand 2016), CCP/01 No Gravity (Auand 2019), Scar Let (Auand 2020)
Periodo di attività: dal 2005
Genere musicale: nu jazz - musica contemporanea
Piattaforme: Bandcamp, Spotify, Youtube, iTunes e altri.

Ci sembra di capire che la tua vita ruota da sempre intorno alla musica. Chi è, però, Stefano Coppari?

Sono nato a Pescara ma mi sono trasferito nelle Marche solo pochi anni dopo. Ho 37 anni e oltre a suonare la chitarra e scrivere musica, ho il piacere di gestire la scuola musica Opus 1 a Jesi, in provincia di Ancona, dove insegno anche chitarra. Molte cose che faccio ruotano intorno la musica, ma ci sono anche altre cose importanti e di cui non posso fare a meno come ad esempio, stare con gli amici o viaggiare quando possibile.

I tuoi studi sono stati da subito indirizzati verso il jazz? Quanto è stata importante per te la formazione in questo campo?

Ho iniziato a studiare chitarra all’età di 12 anni, i primi anni non ero attratto dal jazz ma dal più stravagante rock e grunge. Nirvana, Led Zeppelin, Pink Floyd…li ascoltavo continuamente. Soltanto quando avevo 18 anni circa ho scoperto il blues e le origini di questa musica poi è arrivato il jazz. Il jazz è stato inizialmente occasione per approfondire la grammatica musicale e dello strumento poi è diventata una passione e un canale per potermi esprimermi. Mi sono laureato in conservatorio come direttore di orchestra jazz e per me questa è stata un’esperienza importantissima perché mi ha permesso di approfondire la musica lontano dalla chitarra. Il tuo strumento musicale, quello che studi tutti i giorni, più darti una visione viziata della musica, mentre analizzandola su uno spartito, imparando magari a suonare il pianoforte e cercando di capire come funzionano altri strumenti, puoi averne una visione più oggettiva. È molto importante studiare un secondo strumento anche per questo motivo, ti migliora moltissimo sia come musicista che come eventuale compositore.

Una passione che poi, nel tempo, hai trasformato in lavoro. Com’è nato l’amore per la musica?

Sin dai primi anni che suonavo avevo un gruppo musicale, composto da amici del quartiere in cui vivevo e con i quali ci vedevamo 2-3 volte a settimana per fare le prove e divertirci. Ricordo che abbiamo deciso a tavolino che strumento suonare, eravamo quattro amici e ognuno ne ha iniziato a studiare uno diverso. Probabilmente questa esigenza è nata per evadere, per sognare e per costruirci una personalità, la passione però è arrivata subito dopo. 

Ogni artista ha il suo modo per trovare l’ispirazione, il tuo qual è?

Le idee mi vengono in modo del tutto inaspettato. A volte può capitare che per mesi non riesco a scrivere niente di interessante, a volte invece mi capita di scrivere tante cose in pochi giorni. Non sono molto costante nella composizione e lascio l’ispirazione alla sua imprevedibilità, senza forzarla. Ho notato che dopo lunghi viaggi ho maggiore ispirazione, ma credo che sia normale. Vedere posti nuovi, nuovi modi di vivere, nuove abitudini è molto importante per nutrire la propria creatività.

Il tuo suono è molto diverso dal solito chitarrista jazz, che se pur moderno, spesso rimane ancorato in un linguaggio poco innovativo. Come gestisci i suoni della chitarra?

Credo che l’ambizione e l’obiettivo principale di ogni musicista sia quella di avere un suono personale e riconoscibile. Ho sempre pensato che sia la qualità più importante da avere, infatti puoi essere tecnicamente preparato ma se il tuo suono non si riconosce a che serve? Ognuno di noi è unico, siamo simili agli altri ma completamente diversi, il suono del nostro strumento può e deve rispecchiare questa nostra individualità. Il tutto nasce dalla consapevolezza, da un pensiero e da un’esigenza. Purtroppo, quando si studia lo strumento spesso si perdono di vista queste cose, soffermandosi sulla tecnica, sulla velocità, sulla lettura, tralasciando la ricerca delle proprie peculiarità. Questo discorso ovviamente vale anche per l’aspetto compositivo. Per me la musica è un mezzo per raccontare qualcosa di personale, un punto di vista individuale sulle cose che ci circondano, è una finestra che permette a chi ci ascolta, di guardare dentro di noi.

Nella tua carriera hai collezionato molte collaborazioni. Qual è stata l’esperienza che ti ha coinvolto di più?

Tutte le esperienze che ho fatto sono state molto importanti e formative, ma l’esperienza che mi ha coinvolto di più è proprio quest’ultima, con i musicisti del disco “Scar Let” uscito per Auand Records il 22 Maggio 2020. Con Nico Tangherlini al pianoforte, Lorenzo Scipioni al contrabbasso e Jacopo Ausili alla batteria siamo oltre che colleghi, anche amici, e questo per me fa la differenza.

Dal 2016 sei uno dei musicisti della casa discografica Auand Records di Marco Valente, come nasce questo legame? 

È iniziato tutto con il disco “Eureka” nel 2016. È il mio primo lavoro da leader ed è stato molto importante perché mi ha permesso di entrare in contatto con realtà che prima conoscevo soltanto di fama. In primis appunto mi ha permesso di conoscere Marco Valente, titolare della Auand Records, che ha creduto in me e mi ha dato fiducia producendo, oltre ad “Eureka” del 2016 anche CCP/01 “No Gravity” nel 2019 con Domenico Cartago alle tastiere e Gaetano Partipilo al sax e ovviamente “Scar Let” nel 2020. La Auand è l’etichetta più vivace ed interessante del jazz italiano, quindi sono molto orgoglioso di farne parte, oramai da 5 anni. Grazie alla Auand Family, molti giovani talenti hanno la possibilità di far conoscere la propria musica e molti di loro riscuotono grande successo anche a livello internazionale, questa è la conferma della qualità del loro catalogo e di una direzione artistica forte.

Il tuo ultimo lavoro “Scar let”, include una band e sonorità molto diverse rispetto ai tuoi precedenti lavori. Come nasce questo nuovo album?

È vero, questo album nasce con un approccio molto diverso rispetto agli altri, infatti potendo suonare con musicisti non geograficamente distanti come per i lavori precedenti, abbiamo avuto la possibilità di frequentarci e provare molto. Il suono di questo progetto va oltre la somma dei componenti, non ci si è limitati a comporre e suonare, ognuno ha apportato idee, arrangiamenti e stimoli su cui poi abbiamo potuto costruire un suono, in un percorso che ci ha portato a vivere questi brani e l’idea di band in modo più “rock” se vogliamo. Il processo creativo è durato circa due anni, in cui abbiamo sperimentato, fatto concerti e pian piano ci siamo avvicinati sempre di più all’idea di musica che avevamo in mente. Due anni fa il nostro suono era completamente diverso da quello di oggi, di cui “Scar Let” ne è la fotografia. È un processo creativo in continua evoluzione e credo che fra due anni il nostro suono sarà ancora diverso. Ovviamente parlando del suono di questo album, non posso non parlare dello studio di registrazione Arte Suono di Stefano Amerio, dove è stato registrato ad inizio di quest’anno. È un luogo speciale per fare musica, Stefano aveva registrato anche il mio precedente album Eureka, è una persona dalla grandissima professionalità e sensibilità, ed è stato fondamentale e determinante per noi continuare a lavorare con lui. È questo anche il bello di far parte di un gruppo, il poter condividere un percorso umano e artistico insieme, con le stesse persone, credendoci, confrontandosi e andando nella stessa direzione. 

Alcuni tuoi brani sono accompagnati da video, registrati dal giovanissimo Alessandro Streccioni, di un’attualità sorprendente, come nel caso di “Alt Her Ego”. Credi questo modo di comunicare si sposi bene con la musica?

Assolutamente si, la collaborazione con Alessandro Streccioni è speciale perché è nata per caso. Diciamo un colpo di fulmine artistico. Alessandro frequentava dei corsi per film-maker presso la scuola Marche Music College di Senigallia diretta da Samuele Garofoli, grazie a questi corsi ci siamo incontrati. A mio avviso i suoi video abbinati alla mia musica diventano un prodotto artistico molto potente e coeso. Non è la musica che descrive il video e non è il video che descrive la musica, si viaggia insieme ed insieme si crea un prodotto di grande impatto e sensibilità. Cercate su Youtube i video Stefano Coppari “Verde Come” e Stefano Coppari “Alt Her Ego” e fatemi sapere se siete d’accordo con me!

Quali sono i tuoi sogni nel cassetto, collaborazioni e progetti futuri? 

Al momento le mie energie e anche i miei desideri sono focalizzati sull’album “Scar Let”. Sono molto orgoglioso della recente sinergia con l’agenzia Pentagon Booking di Paolo Francesco Vici che abbiamo ufficializzato pochi giorni fa e con la quale ho il piacere di collaborare per la promozione live di questo album. Vogliamo far conoscere la nostra musica a più persone possibile e credo che la Pentagon sia determinante per farlo al meglio. Sono felice di avere questa squadra, con la quale voglio costruire molto. Mi interessa inoltre continuare a sperimentare e a scrivere musica, sfruttando anche il video come canale espressivo e facendolo diventare sempre più presente e integrato nella mia musica.

C’è qualcosa che vorresti dire ai nostri lettori?

Ascoltate la musica su Spotify o dove preferite, ma se quella musica vi piace acquistate il disco fisico!! Detto questo…seguitici su Instagram e Facebook per rimanere aggiornati sui nostri prossimi appuntamenti! Ciao a tutti!

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