InTheMusic: Blumosso, interview

A 8 anni ha cominciato a studiare pianoforte e a 15 anni ha cominciato a scrivere le sue prime canzoni: Blumosso nasce per fare il cantautore. Dice di essere ispirato dai grandi cantautori italiani e si definisce un inventore di canzoni, all’interno delle quali poter parlare della quotidianità e delle difficoltà che s’incontrano tutti i giorni. Ritmi incalzanti e testi tumultuosi: questa è una definizione perfetta per descrivere il suo modo di fare musica. È davvero bello il modo con cui Bumosso ha preso la musica d’autore italiana e l’ha resa sua. A voi non resta che scoprirla!

Nome: Simone
Cognome: Perrone
In arte: Blumosso
Età: 32
Città: Carmiano (provincia di Lecce)
Nazionalità: Italiana
Brani pubblicati: Diverso, Quella Maledetta Estate, Considerazioni sulla vita, Ermione.
Album pubblicati: “In un baule di Personalità Multiple” (2018) – “Conseguenze” (2020)
Periodo di attività: Dal 2018  
Genere musicale: Pop cantautorale
Piattaforme: Spotify, Youtube, Itunes, Apple Music, Deezer, Amazon Music, ecc.

Chi c’è dietro Blumosso?

Dietro Blumosso c’è un ragazzo di 33 anni, io, Simone Perrone, che vive a Carmiano, un piccolo paese in provincia di Lecce e che nella vita fa il musicista e lo scrittore di romanzi. 

Però dietro il progetto non ci sono solo io. Mi sento di dire che a Blumosso ci lavorano anche altre persone. In primis Matteo Bemolle, con cui dall’inizio ho collaborato attivamente nella stesura dei brani e che ha realizzato molti dei miei video. “Conseguenze” il mio ultimo EP, lo ha arrangiato interamente lui. E un’altra persona con cui lavoro quotidianamente è il musicista e amico RafQu. 

Come nasce il tuo nome d’arte? 

Blumosso è il colore del mare quando è agitato. È un neologismo, una parola inventata da me. L’ho scelto perché se si va ad analizzare a fondo i testi delle mie canzoni, gira e rigira, parlano tutti, ma in modi diversi, di tumulti interiori, guerre quotidiane che ognuno di noi si trova a combattere nel proprio privato. Agitazioni, come quelle del mare quando nei giorni inquieti: Blumosso. 

A 8 anni hai cominciato a studiare pianoforte e a 15 anni hai cominciato a scrivere le tue prime canzoni. Com’è cambiato il rapporto con la musica negli anni? 

Il mio rapporto con la musica è iniziato da molto piccolo, ovviamente con l’ingenuità di un bambino a cui piaceva cantare. Mio padre mi iscriveva ai festival cittadini, di nascosto, ma io non ci andava, perché mi piaceva cantare per fatti miei, ma non mi piaceva esibirmi davanti a un pubblico (per vergogna presumibilmente). Poi le cose si sono fatte più serie crescendo, nel senso che ho iniziato a studiare pianoforte e canto e ho iniziato a prendere consapevolezza di me, una coscienza che si fa più forte momento dopo momento, anche adesso. La scrittura è venuta naturalmente, quando hai dentro uno stimolo dato dalla forza creativa che è in te, prima o poi trova la via d’uscita ed esce. Esattamente come il neonato dalla pancia della madre. 

Dici di essere ispirato dai grandi cantautori italiani: in che modo questi t’influenzano e quanto di loro c’è nella tua musica?

Credo che quando ascolti tanto un musicista o un cantautore in particolare, si finisca con l’esserne influenzati soprattutto inconsciamente. Per cui non saprei dire bene in cosa i miei ascolti mi abbiamo condizionato. Sono uno che ha ascoltato tanto Dalla, Battisti, Battiato, De André. Penso che questi nello specifico mi abbiano indotto a un certo tipo di scrittura, che si avvicina alla poesia, cercando sempre di mettere il concetto di “qualità” sopra quello di “quantità” (cosa che non è più ovvia e scontata di questi tempi). 

Ti definisci un inventore di canzoni, all’interno delle quali poter parlare della quotidianità e delle difficoltà che s’incontrano tutti i giorni. Come nasce il progetto Blumosso e con quale obiettivo? 

Blumosso nasce nel 2018. Io con il mio nome, Simone Perrone, faccio musica dal 2007. Questo progetto nasce proprio per separare i due percorsi, molto diversi tra loro. Negli anni ho maturato un tipo di scrittura più intimista e matura sia a livello di sonorità che di contenuti, per questo è stata mia premura volere ricominciare da zero; Blumosso ha avuto origine così. L’obiettivo riguarda me, come artista, capire chi sono (e con Blumosso ho iniziato a farlo), capire qual è il mio posto nel mondo della musica e ritagliarmici un piccolo spazio al suo interno, per provare a realizzare quanta più arte possibile. 

Ritmi incalzanti e testi tumultuosi: questa è una definizione perfetta per descrivere il tuo modo di fare musica. È davvero bello il modo con cui hai preso la musica d’autore italiana e l’hai resa tua. Come sei riuscito a definire il tuo sound e quanta Puglia c’è in esso?

In realtà, come ho spiegato in una delle domande precedenti, dietro il progetto non ci sono pienamente solo io. Io scrivo testi e musica dei miei brani, ho delle idee, ma molti dei risultati sono frutto di un lavoro di squadra con quelli che sono i musicisti con cui ho collaborato fino ad adesso: Roberto Fedele (batteria), Bemolle (tastiere) e Rafqu (chitarre). Quindi il sound è maturato con loro, io posso dire di aver aspirato un po’ a sonorità tipicamente anni ’70. Il resto è venuto naturalmente.  Non so quanta Puglia ci sia nella mia musica, ma sono molto legato alla mia terra, soprattutto ai miei luoghi; credo che la “pugliesità” nelle mie canzoni emerga così, attraverso i miei ricordi. 

Il 2016 è stato un anno particolarmente importante per la tua carriera artistica: Simone ha lasciato spazio a Blumosso, mostrando un tipo di scrittura più matura e delle sonorità più moderne. Tra i vari progetti rilasciati negli anni, come si è evoluta la tua musica? 

È normale crescere ed evolvere. Non è normale non cambiare mai. 

Partendo da questo presupposto direi che negli anni io sono cambiato tanto. In primis nel modo di cantare, chi mi segue dal 2007 questo lo può notare. Sono sempre stato un artista che ha cercato di mettersi sempre in discussione, senza paura di spaziare in generi musicali diversi. Dal mio primo singolo (L’estate di Adelia) che poi se vogliamo, in stile diverso date le epoche, ma un po’ si avvicina a quello che faccio ora con Blumosso; ai suoni acidi dei Jack in the head, band con la quale ho collaborato dal 2010 al 2013; per poi parlare di Silvia non lo sa, un brano più rock, e alla più elettronica “Musica di merda”. Diciamo che la mia carriera è stato uno sperimentare e uno spaziare continuo. 

Blumosso è arrivato per prendere finalmente una direzione ben precisa

“Conseguenze” è un EP che chiude un ciclo iniziato due anni fa con la pubblicazione del disco “In un baule di personalità multiple”. Come nasce questo progetto e perché si pone come la fine naturale di un ciclo del tuo percorso musicale come Blumosso?

Avevo delle cose dentro da voler tirar fuori con la musica, l’ho fatto. Tirando le somme su quello che avevo scritto, c’erano tante canzoni che mi convincevano, ma non volevo metterle tutte nel disco, allora ho progettato un modo per pubblicarle tutte, senza ridondanza. Ho parlato di “percorso” in quanto le canzoni di “In un baule di personalità multiple” e di “Conseguenze” tra loro hanno una certa coerenza. 

Mi preme chiarire, però, che è solo finita un fase. Con la fine di questo percorso non finisce assolutamente il progetto Blumosso. Ho parlato di conclusione solo perché io credo che un artista da un disco a un altro si debba rinnovare, apportare una novità al suo percorso, mantenendo ovviamente la sua coerenza artistica. Questo è quello che provo a fare io.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro? 

Sto scrivendo le canzoni del nuovo disco. Dopo l’estate entrerò in studio a registrare. E poi si cercherà di raccogliere i frutti.

C’è qualcosa che vorresti dire ai nostri lettori?

Siate sempre curiosi; andate alla ricerca di novità e non fermatevi mai a quello che vi propinano i canali che vi è più consono frequentare…

Ricercate…

Blumosso for Siloud

Instagram: @blumosso
Facebook@blumosso

Credits: Conza, Giulia Perna

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