InTheWeb: Claudia Ska, interview – Alessia Dulbecco

Da pedagogista, mi viene spesso posta la domanda in merito alla bontà o alla malvagità dei social e di internet in generale. Da sempre, rispondo che il problema non è lo strumento ma l’uso che se ne fa. Mi chiedo spesso cosa sarebbe stato della nostra vita durante la quarantena, ad esempio, se non avessimo avuto i social come finestra virtuale attraverso cui respirare, rimanere in contatto col mondo, consolarci nelle fasi più acute della pandemia.

Personalmente, in rete ho fatto le conoscenze migliori scoprendo l’esistenza di tantissime persone che si occupano di fare divulgazione su tematiche delicate e importantissime. Uno di questi è quello relativo alla corporeità e alla sessualità. Claudia Ska è la persona che da qualche anno ha aperto “agit-porn”. Ho scambiato con lei qualche parola in merito alla sua vita e al suo progetto.

Cominciamo subito dalle presentazioni. Raccontaci qualcosa di te e del progetto “agit-porn”.

Ammetto che questa è la domanda che mi mette maggiormente in crisi, da sempre. Di me posso dirti che “ferma non so stare in nessun posto”, come cantava Capossela ne “Il ballo di San Vito” ed è una citazione nella quale mi identifico ancora, dopo decenni. Pur essendo stanziale, sono emotivamente e intellettualmente inquieta, instabile, ma ho imparato ad apprezzare questo aspetto così caratteristico del mio essere, perché mi spinge a non accontentarmi. 

agit-porn è una parte del mio progetto ideale, si tratta di un contenitore di narrazioni su sessualità e pornografia. Mi piace come, col passare del tempo, sia diventato un blog che raccoglie e dà spazio a voci diverse, a una pluralità di punti di vista. Attualmente non scrivo più in prima persona ma lo stanno facendo Stefania Ratzingeer con la sua rubrica “Sesso da paura”, in cui racconta film horror che parlano di questioni di genere, sesso, discriminazioni e – in generale – affrontano tematiche affini a quelle trattate su agit-porn. C’è Giulia Zollino di cui stiamo ospitando le interviste della serie “Putitalks” che ha lanciato sul suo profilo Instagram, inoltre si sono avvicendate diverse persone che hanno contribuito con preziosi guest post, e poi c’è la rubrica alla quale vorrei riprendere a dedicarmi appena possibile: “Interviste Ribelli”, a cui tengo particolarmente.

agit-porn però non è solo un sito, è ormai un approccio alla vita, alle relazioni, al sesso, al lavoro, il sito è un luogo virtuale nella speranza di creare uno spazio fisico, prima o poi.

Sul sito, descrivi agit-porn come un contenitore che ha la funzione di “agitare” gli animi attorno a temi come la sessualità, la pornografia, il corpo e il desiderio. Viviamo in  una società in cui apparentemente, tutto è sdoganato… tutto, forse, tranne il discorso sul sesso e sul desiderio. Qual è l’opinione che ti sei fatta in merito?

La mia opinione è che il desiderio sia mortificato e siamo tutt* incapaci di esprimerlo o abbiamo paura di farlo: siamo goff*, impacciat*, inopportun* o addirittura molest*, perché non capiamo come gestirlo. È un problema enorme, questo, perché entrano in gioco dinamiche di potere e conseguenti discriminazioni. Da qui nascono anche fraintendimenti e abusi. Se potessimo vivere serenamente i nostri desideri come naturali, spontanei, senza giudicarli e dominarli con pudore, se considerassimo la sessualità una parte intrinseca della nostra vita e quindi assolutamente naturale, penso che le nostre relazioni sarebbero più democratiche. Io non penso affatto che i discorsi sul sesso siano sdoganati, penso invece che siano ampiamente strumentalizzati e poche persone ne parlino onestamente: sono volutamente presuntuosa, ma credo di essere una di quelle, le altre sono persone che parlano di sesso con i retaggi morali e culturali di sempre, ma strizzando l’occhio al potenziale economico del discorso.

Tempo fa hai creato una rubrica dal titolo “Sharing Nudes”che hai dovuto trasferire in una galleria “protetta”, perché su Instagram il rischio era che il tuo profilo venisse chiuso, nonostante avessi coperto i particolari delle foto che ti venivano inviate. Quanto è difficile comunicare questi argomenti sui social? Perché un corpo nudo fa così paura?

Parlare e mostrare corpi nudi su Instagram e Facebook è difficilissimo, salvo che non lo si faccia in modo conformista, cosa che non mi rappresenta e non mi interessa. È molto frustrante e trovo anche inutile stare a ribadire l’importanza di potersi raccontare senza veli. I corpi nudi fanno paura perché sono fuori controllo, ma quello che spaventa di più è un corpo che si spoglia di propria volontà e mostra la propria umanità, fatta anche di desiderio ed erotismo. 

Trovo inoltre che ci sia molta ipocrisia nelle narrazioni che vengono fatte sui corpi (nudi), anche dai soggetti stessi che si autorappresentano. Non so quanto siano consapevoli certi racconti e certe istanze che vengono portate avanti, ma il più delle volte vedo gente che rivendica orgogliosamente e strenuamente il diritto alla nudità quando è già nuda e si censura per potersi mostrare (che paradosso pazzesco!), mentre quello che dovrebbe rivendicare è la libertà di desiderare, di eccitarsi ed eccitare, la libertà di essere persone sessualmente vive (che non significa sessualmente attive, ma che ascoltano la propria sessualità, anche quando tace). Vedo tropp* poliziott* travestit* da paladini del nudo e mi fanno più paura delle persone dichiaratamente fasciste.

Attualmente hai avviato alcune interessanti collaborazioni con The Millennial, Rolling Stone Italia, Frisson magazine. Quanto è difficile smontare l’idea che la sessualità (soprattutto per le donne) non sia qualcosa di “sporco” e la pornografia possa essere diversa da quella mainstream? Qual è secondo te il livello di consapevolezza del pubblico su questi temi?

Per quanto riguarda Rolling Stone Italia e The Millennial il pubblico è molto diverso da quello che ho coltivato con agit-porn, che è più affine a quello di Frisson. Nonostante i direttori di queste testate siano contenti del mio lavoro, va detto che nei primi due casi (soprattutto per quanto riguarda RS) quello che scrivo viene spesso criticato dal pubblico che commenta sui social in maniera anche aggressiva, volta a sminuire, smentire o deridere, quindi ti direi che il livello di consapevolezza è mediamente basso. Va detto che non tutte le persone che leggono commentano, pertanto non posso affermare con cognizione di causa come vengano accolti i miei pezzi. C’è gente che mi contatta per confrontarsi, per farmi i complimenti, per supportarmi, il che è molto bello. Mi piace molto anche quando arrivano critiche aspre ma argomentate; esco fuori di senno quando invece le persone mi attaccano gratuitamente e offendono la mia persona o sparano a zero sull’articolo ma con frasi fatte senza prendersi la briga di spiegarne le ragioni, in quei casi userei il lanciafiamme, lo ammetto. 

Tornando alla consapevolezza del pubblico, ho ragione di credere che fuori dalla bolla di cui faccio parte ce ne sia poca, se non pochissima, il che è davvero avvilente, per questo è necessario che si parli sempre di più e soprattutto sempre meglio di sesso e pornografia, laddove con “meglio” intendo in modo sincero, disincantato e oltre gli stereotipi, a muso duro contro i luoghi comuni.

Per concludere: tre motivi per cui i lettori/rici di Siloud dovrebbero fare un salto su agit-porn o sul tuo profilo Instagram.

Primo: agit-porn è agit-porn accoglie la mediocrità nel senso che non è un progetto ma un luogo scomodo dove vengono coltivati i dubbi.

Secondo: Su agit-porn c’è tanto nudo, fisico e verbale, e ci si arrapa senza giudicare sé stess* o le altre persone.

Ultimo ma non ultimo: su agit-porn si rivendicano gli spazi dell’osceno, del conflitto e della rabbia, che hanno diritto di esistere e di essere vissuti senza remore.

Claudia Ska & Alessia Dulbecco for Siloud


Alessia Dulbecco

Alessia Dulbecco, pedagogista e counsellor per adulti e bambini, scrive per Contronarrazioni e affronta con estrema serietà le tematiche di genere per i quali oggi la società sembra non essere ancora pronta. Ama raccontare, un po’ meno raccontarsi.

Crede che nella sua professione conti molto il “cosa” e il “come”: è importante cosa si dice – la qualità dei contenuti – ma anche come vengono veicolati. Le piace comunicare sui social perché si raggiungono molte persone, anche quelle che direttamente non sarebbe facile coinvolgere.

Instagram: @alessiadulbecco
Link: www.frammentidiundiscorsopedagogico.wordpress.com

Cerca “Alessai Dulbecco” su http://www.siloud.com per leggere l’intervista di Alessia e per vedere tutti gli articoli in collaborazione con lei!

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