InTheMusic: Biba, interview

Il percorso nella musica di BIBA, all’anagrafe Benedetta, comincia con il sogno di diventare una rockstar. Per lei, le canzoni servono a prendere a calci qualcosa di grande, anche quando sono delicate. L’attitudine cantautorale dei suoi testi si contrappone alle sonorità elettroniche delle basi. “Le cose che non mi dici” è il suo ultimo brano, che esprime il bisogno di urlarsi in faccia tutto ciò che spesso non si ha il coraggio di dire.

Nome: Benedetta
Cognome: Barone
In arte: BIBA
Età: 24
Città: Roma
Nazionalità: Italiana
Brani pubblicati: Le cose che non mi dici
Periodo di attività: 2015 - attuale
Genere musicale: Alternative Rock
Piattaforme: Spotify, Apple Music, Deezer.

Chi c’è dietro Biba?

Biba è Benedetta. Ho 23 anni, dopo essermi laurea in Economia e Management ho iniziato la magistrale in Visual Design. Ho la chitarra tra le mani da quando ho 16 anni e poco dopo ho iniziato a scrivere i miei brani. Sono nata e vivo a Roma, città a cui sono legata moltissimo nonostante tutti i suoi controsensi e problemi.

Perché questo nome d’arte?

“Biba” è il nomignolo con cui mi chiamano i miei genitori da quando sono nata. Benedetta era obiettivamente troppo lungo, soprattutto quando mi si doveva riprendere..

È diventato un segno distintivo, un marchio di fabbrica. Suona bene, è corto, dovrebbe ricordarsi facilmente no? Biba ero e Biba sono rimasta.

Il tuo percorso nella musica comincia con il sogno di diventare una rockstar: qual è stato il tuo rapporto con la musica fino ad oggi?

È una storia d’amore. Con i suoi alti e i suoi bassi, sempre. Però è una di quelle storie che anche se sai che spesso scricchiola, perchè è in bilico e molte volte non ti dà risposte (figuriamoci certezze), insomma è una di quelle storie per cui lotterai sempre. Tipo l’amore della tua vita. L’unica cosa che non mi è mai balzata per la testa è lasciar perdere. Fosse anche suonare per una sola persona. Questa è un po’ la benzina che mi ha fatto percorrere il tragitto fino ad oggi.

Quali sono i tuoi riferimenti artistici?

È difficile rispondere a questa domanda. Soprattutto perché nel periodo in cui abbiamo lavorato in studio, tra contaminazioni e sperimentazioni, ho ascoltato di tutto. Credo che per esprimere un giudizio bisogna avere una panoramica più o meno completa di ciò che ci accade attorno. Non mi stupisce più sentire un pezzo metal e subito dopo una hit trap per dire. Si impara da tutto, soprattutto da ciò che non è nelle nostre corde. Come riferimenti personali comunque c’è tanta musica italiana (Carmen Consoli, Subsonica, Bluvertigo, Verdena, Motta), ma anche diverse rockband internazionali (Muse, Biffy Clyro, Depeche Mode, ecc..). 

Per te, le canzoni servono a prendere a calci qualcosa di grande, anche quando sono delicate. Quali sono i tratti caratteristici della tua musica e qual è il messaggio che si nasconde dietro i tuoi brani?

Sì, sono le risposte che mi rimangono incastrate tra i denti quando il “coraggio” viene un po’ meno. Metterle in musica è più facile, forse. O almeno per me. Le mie canzoni sono spaccati di vita quotidiana e personalissima, non c’è niente che non abbia vissuto o direttamente sulla mia pelle o comunque di rimbalzo. 

L’attitudine cantautorale dei tuoi testi si contrappone alle sonorità elettroniche delle tue basi. Come sei arrivata al sound che oggi ti caratterizza?

Il processo di arrangiamento non è stato facile. Venivo da un mondo “amarcord” diciamo, volevo essere la cantautrice donna con in braccio sempre la chitarra acustica. Dopo due mesi di studio, avevo una fender elettrica al collo e diversi sintetizzatori in sala prove. Ed è giusto così. Siamo nel 2020, il cantautorato si evolve. Per forza. Quando sei fermo sulle tue idee poi non vai da nessuna parte. Per questo non smetterò mai di ringraziare i miei musicisti, Riccardo Laurenti, Damiano Malori e Matteo di Stefano, che mi hanno sempre spronato ad andare oltre, e Aurelio Rizzuti (Il Cubo Rosso Recording) che ha preso le redini della direzione artistica del progetto dando una bella scossa a tutti i brani.

“Le cose che non mi dici” è il tuo ultimo brano, che esprime il bisogno di urlarsi in faccia tutto ciò che spesso non si ha il coraggio di dire. Come nasce questo brano? 

Le cose che non mi dici” è il mio primo brano. Lo abbiamo scelto come biglietto da visita diciamo. È un brano che nasce in un periodo un po’ particolare, quel momento in cui fai i conti con le ultime briciole di un rapporto e metti in fila tutto ciò che non ci si è mai detti. Lo vedo spesso come un mio ultimo tentativo di ricevere quelle risposte che non ho avuto nel periodo condiviso con l’altra persona.

Prima di salutarci, abbiamo un’ultima curiosità. Sei una studentessa di visual design, un settore che comunque appartiene alla branca artistica ma che nulla ha a che fare con il mondo della musica. Qual è il lato comune a questi due lati della tua vita? 

Sembrerà assurdo, ma non sono limone e cioccolato! C’è moltissimo in comune. Il suono è segno e il segno è suono. Sono mondi che comunicano perfettamente e anzi spesso si aiutano per rendere progetti ed idee completi. Realizzare un brand, sviluppare un concept: progettare non ha niente di diverso che scrivere un pezzo, per me è sempre un “esercizio” catartico. Per la mia musica, i miei studi mi hanno permesso di individuare subito il modo in cui cominciare visivamente, creare le mie copertine (l’artwork del singolo è opera mia) e tutti i materiali che ne permettono la diffusione.

Quali progetti hai per il futuro? 

Suonare. Voglio veramente suonare tanto, e ovunque, con i miei musicisti. E poi sì, far uscire l’album a cui abbiamo lavorato per due anni.

C’è qualcosa che vorresti dire ai nostri lettori?

Contaminatevi più che potete, con ogni cosa che possa darvi piccole scosse. 

E sentite tanta buona musica, non dimenticandovi della mia!

Biba for Siloud

Instagram@bcomebiba
Facebook@bibamusicofficial

Credits: Giorgia Groccia, Ludovica Russo

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