InTheMusic: Mudimbi, interview

Nel 2000 si appassiona al rap e 13 anni dopo pubblica il suo primo brano: oggi Mudimbi, di nome Michel, un rapper, quasi anche un cantautore, e poi un poeta, un artista. In rotazione radiofonica si potrà ascoltare “Parlami”, uno dei suoi ultimi singoli. Si tratta quasi di un monologo teatrale, una confessione. Inoltre, dopo due anni, torna con un nuovo album, “Miguel”, nato da un percorso di sperimentazione.

Nome: Michel
Cognome: Mudimbi
In arte: Mudimbi
Età: 34
Città: Milano
Nazionalità: Italiana
Brani pubblicati: Il Mago, Amnesia, Supercalifrigida, Schifo, Risatatà
Album pubblicati: Miguel, Michel
Periodo di attività: dal 2013
Genere musicale: Rap
Piattaforme: YouTube, Spotify, Apple Music, Deezer, Amazon Music, ecc.

Chi c’è dietro l’artista Mudimbi?

Dietro l’Artista c’è Michel, 34 anni, che ha iniziato a fare rap per hobby a 14 anni e a 30 ha mollato tutto per farlo diventare il suo lavoro.

Nel 2000 ti appassioni al rap e 13 anni dopo pubblichi il tuo primo brano. Perché ti sei avvicinato alla musica e quando hai deciso di pubblicare i tuoi pezzi?

Mi sono avvicinato alla musica perché cercavo di definire la mia identità. Tutti gli adolescenti, o quasi, vogliono essere quel qualcuno, vogliono essere riconoscibili per qualcosa ed io, dopo vari tentativi, ho scelto la musica. Ho iniziato scrivendo, poi il freestyle, poi mi hanno dato in mano i primi microfoni alle serate, le battle, lo studio, ho cantato in tante serate su tanti generi diversi. Finché un giorno non mi sono ritrovato un brano (Supercalifrigida) in rotazione su Radio Deejay. Da lì ho capito che quello poteva davvero essere il mio lavoro.

Sei un rapper, quasi anche un cantautore, e poi un poeta, un artista. Insomma, sei un tutto tondo difficile da catalogare. Quali sono le esperienze e le collaborazioni che ti hanno portato fin qui?

Sono un sacco di cose insomma, ma non so mai quanto questo sia un bene e un male. Ho avuto la fortuna, artisticamente parlando, di venire contaminato da tante cose che con il rap non c’entrano nulla. Mi sono formato scrivendo molto su dancehall e drum’n’bass, ho lavorato con produttori eclettici come The Clerk. Sono un amante della cassa dritta, della techno, del suono ipnotico. Ho davvero tante contaminazioni che mi sono arrivate nei modi più disparati, tanto che fatico a metterle a fuoco.

4 parole con cui descriveresti il tuo stile!

Ironico. Profondo. Eclettico. Violento. 

In rotazione radiofonica si potrà ascoltare “Parlami”, uno dei tuoi ultimi singoli. Si tratta quasi di un monologo teatrale, una confessione. Qual è l’esigenza che vi si nasconde dietro?

Di raccontare quello che spesso non riesce ad uscire fuori dalla nostra testa perché fa star male anche solo accettarlo, figuriamoci parlarne. Parlami è una richiesta d’aiuto dopotutto, di una persona che conosce bene i suoi demoni e, nonostante non riesca a scardinarli, prova con quel briciolo di forza d’animo che gli resta a tendere una mano per chiedere aiuto.

Dopo due anni, torni con un nuovo album, “Miguel”, nato da un percorso di sperimentazione. “Parlami”, per esempio, è una delle tracce che lo compone. Cosa vuoi raccontare con questo progetto?

Non c’è mai stato un vero messaggio o non l’ho mai messo a fuoco. Ho scritto di pancia. Io stesso sono rimasto sorpreso da come il tutto si leghi bene. È stata solo una grande voglia di raccontare ed intrattenere che ha fatto si che questo album vedesse la luce. Ho preso gli argomenti che mi stavano a cuore, gli stati d’animo e la musica, ed ho frullato tutto insieme.

Una particolarità è, senz’altro, l’assenza di strumenti. Perché questa scelta?

Nasce da due esigenze. La prima era quella di non voler aspettare nessuno, di essere il più immediato e fedele possibile nella trasposizione del brano partendo dall’idea. La seconda è che avevo davvero bisogno di sapere se delle canzoni pensate e messe in piedi da me sarebbero piaciute a qualcuno e l’unico modo per fare tutto ciò, dal momento che non ho mai imparato a suonare strumenti, è stato quello di arrangiarsi e fare a voce tutti i suoni, per poi finire di produrre tutto in studio insieme ai Fire Flowerz.

Tra tutte le tracce, ne hai una che preferisci?

No, onestamente ognuna la vedo come un piccolo gioiello che parla di o ad una parte di me. Non potrei realisticamente preferirne una all’altra, troverei sempre qualche pregio che continuerebbe a ribaltare la classifica delle mie preferite all’infinito.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Continuare a scrivere per me e per gli altri come autore. Sto valutando anche l’idea di iniziare a fare featuring perché, dopo il secondo album totalmente da solo, inizia ad incuriosirmi l’idea di confrontarmi con altri artisti. Sicuramente tra i miei progetti futuri c’è anche BANANA, la casa di produzione che ho fondato insieme ad altri e con cui giriamo videoclip per me e per altri musicisti. Direi che di carne al fuoco per il momento ce n’è abbastanza.

C’è qualcosa che vorresti dire ai nostri lettori?

Di ascoltare Miguel, il mio nuovo album. E occhio, non ho detto di comprarlo, ma solo di ascoltare. Il resto, se deve, verrà da sé.

MUDIMBI for Siloud

Instagram: @mudimbi
YouTube: Mudimbi 
Facebook: @mudimbi

Credits: Alice Cherubini
Ph: Roberto Graziano Moro

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