InTheMusic: Campos, interview

Nati nella seconda metà degli anni ’80 e attualmente residenti a Pisa, i Campos sono Simone Bettin, Davide Barbafiera e Tommaso Tanzini, rispettivamente chitarra e voce, sintetizzatori ed elettronica e basso. Il nome Campos prende spunto da un ex giocatore di calcio messicano degli anni ’80-’90, Jorge Campos appunto. Definiscono la loro musica storta, dritta, stellare. Latlong è il loro ultimo progetto discografico.

Band: Campos
Componenti: Simone Bettin, Davide Barbafiera, Tommaso Tanzini
Età: rispettivamente 33, 35 e 34
Città: Pisa
Nazionalità: Italiana, Qualcosa Cambierà, Senza di te, Sonno
Album pubblicati: Viva, Umani, vento e piante, Latlong
Periodo di attività: dal 2017
Piattaforme: YouTube, Spotify, Tidal, Apple Music, Deezer, Amazon Music

Chi c’è dietro il progetto Campos?

Nati nella seconda metà degli anni ’80 e attualmente residenti a Pisa, i Campos sono Simone Bettin, Davide Barbafiera e Tommaso Tanzini, rispettivamente chitarra e voce, sintetizzatori ed elettronica e basso.

Il progetto Campos nel corso della sua breve storia ha attraversato cambi di formazione, cambi di lingua, si è diviso tra Pisa e Berlino e si è chiamato in tre o quattro modi diversi. Questo è il nostro periodo più stabile.

Quando non ci sono pandemie, oltre alla nostra attività musicale svolgiamo vari lavori, Simone lavora in un ristorante, Davide si occupa di produzione musicale e video, oltre ad aver recitato per i corti di Gipi e Gero Arnone andati in onda su “Propaganda Live” e nel lungometraggio sempre di Gipi “Il ragazzo più felice del mondo”, mentre Tommaso oltre ad avere altri progetti musicali, si dedica all’attività di DJ. 

Cosa significa il vostro nome d’arte?

Il nome Campos prende spunto da un ex giocatore di calcio messicano degli anni ’80-’90, Jorge Campos appunto. 

Per la maggior parte della sua carriera Campos ha ricoperto il ruolo di portiere (nonostante la sua statura fosse 168 cm) ma sono state numerose le occasioni che lo hanno visto giocare anche come attaccante. 

Oltre al calcio, praticava altre passioni come il surf e la pittura. Quello che infatti rimaneva impresso quando lo si vedeva giocare, non erano tanto le sue qualità calcistiche, ma le sue divise, bizzarre e dai colori sgargianti che lui stesso disegnava e poi indossava durante le partite.

Questo lo portava a distinguersi dal resto del mondo del calcio ed è proprio grazie a questa sua eccentricità che abbiamo deciso di usare il suo cognome per rappresentare la nostra musica.

Quando nasce la vostra band e perché avete scelto di avviare un percorso insieme? 

Come anno di nascita indicativo diciamo il 2011, ovvero quando io e Davide abbiamo cominciato a suonare insieme. Poco dopo però io mi sono trasferito in Germania e quindi anche a causa della distanza la nostra produzione musicale si è dilungata nel tempo. Siamo infatti arrivati a registrare il nostro primo album qualche anno dopo, nel 2015/2016 per vederlo poi uscire nel 2017.

L’inizio della nostra collaborazione nasce dall’interesse reciproco di combinare le nostre rispettive esperienze musicali vissute fino a quel momento. Davide si occupava già di produzioni di musica elettronica mentre io ero più indirizzato verso sonorità più acustiche. Semplicemente eravamo curiosi di vedere cosa potevamo tirare fuori mescolando questi due mondi. Dopo un po’ di tempo e dopo numerosi tentativi siamo riusciti ad ottenere un suono che ci convinceva e così abbiamo continuato. Per adesso questa è la formula che continuiamo ad usare e che ci contraddistingue anche se per ogni nuovo lavoro cerchiamo di approfondirla trovando nuovi modi e nuove forme. 

Il vostro genere tende molto al cantautorato, ma in realtà si presenta con sonorità acustiche ed innesti elettronici. Quali sono nello specifico i vostri riferimenti musicali?

Il cantautorato fa sicuramente parte dei nostri ascolti, sia quello italiano che non, quindi una parte della nostra musica sicuramente ne risente. Allo stesso tempo cerchiamo di distanziarci dalla tradizione cantautoriale classica sia come sonorità che come struttura della canzone e come modo di raccontare le storie. Questo perché riteniamo fondamentale spingerci verso luoghi per noi ancora sconosciuti o poco battuti. Vedere cosa riusciamo a tirarne fuori e a cosa tirare fuori da noi stessi.

Per quanto riguarda i nostri riferimenti musicali diciamo giusto qualche nome per dare un’idea. Si spazia dai Velvet Underground, Psychic TV, Sebastien Tellier, MGMT , RZA dei Wu-Tang Clan e J Dilla. Artisti diversi fra loro per vari motivi, periodo storico, genere etc. ma tutti accomunati dalla voglia di fare musica in un certo modo. Durante la loro carriera, dagli esordi fino in qualche caso al successo, hanno continuato a proporre lavori stimolanti e spesso in controtendenza rispetto al mercato, preferendo portare avanti il loro percorso di ricerca musicale piuttosto che andare incontro ai gusti del pubblico.

Questa attitudine per noi è una qualità ed è molto più importante di tante altre cose.

Anche se è sempre una cosa un po’ ostica, vorremmo cercare di inquadrare in qualche modo la vostra musica: riuscireste a trovare tre aggettivi per descriverla?

Storta, dritta, stellare.

Solitamente la nostra musica non si distanzia molto dalla canzone cosiddetta pop ma cerchiamo sempre di inserire qualche elemento che la renda particolare e spesso la particolarità degli elementi che usiamo sta nelle loro piccole imperfezioni. Può essere un suono di synth, un loop che cozza con l’arpeggio di chitarra oppure una registrazione che presenta qualche errore di esecuzione. Spesso sono dettagli ma è proprio grazie ai dettagli che un lavoro sta in piedi e acquista valore nella sua totalità. Questo modo che abbiamo di fare musica è figlia sicuramente degli ascolti che abbiamo e che abbiamo avuto ma nasce anche dall’idea di funzione che secondo noi la musica dovrebbe avere, ovvero quella di rappresentare il periodo che stiamo vivendo. Se il periodo è incerto allora anche la musica probabilmente trasmetterà questo genere di sensazioni.

Come nasce un vostro brano e come lavorate ad un sound specifico?

Per Latlong, che è il titolo di questo nostro terzo lavoro, abbiamo lavorato come facciamo di solito, ovvero non seguendo un metodo specifico. I brani possono nascere in vari modi. Partendo da un beat, oppure da una melodia vocale, da accordi di chitarra o piano o da un giro di basso. Può succedere che si lavori tutti e tre ad un’idea e che si porti avanti insieme, come invece può succedere che uno di noi porti avanti l’idea singolarmente e si confronti con gli altri in fase finale di chiusura del pezzo.

Stessa cosa per i testi, tendiamo a lavorare come gruppo. In particolare, per questo terzo lavoro abbiamo deciso di collaborare per la scrittura dei testi con un amico, attore e regista teatrale, Giovanni Guerrieri. Esperienza per noi nuova che ci ha lasciato particolarmente soddisfatti.

Per quanto riguarda le sonorità, utilizziamo strumenti analogici e digitali, suoni registrati da noi stessi e poi filtrati con effetti vari e suoni presi da librerie di campioni.

A volte tutto questo insieme 🙂 Spesso succede che arriviamo ad un suono in un modo casuale, dopo vari tentativi. Oppure può succedere che alcune registrazioni di chitarra non siano pulite, che si senta un suono di sottofondo o che le corde siano vecchie, però se il risultato ci convince, se trasmette quello che vogliamo dire, non stiamo a rifarlo. È più importante che il suono sia spontaneo e genuino piuttosto che ben eseguito o registrato in maniera ottimale ma privo di sentimento.

Le registrazioni di questo disco stata fatte in parte in casa e in parte al “Vacuum Studio” di Bruno Germano a Bologna.

Abbiamo fatto avanti e indietro Pisa-Bologna quando è stato possibile, adattandoci alle varie disposizioni messe in atto dal governo durante la scorsa estate. Mentre la fase dei missaggi è stata portata a termine da noi stessi. Avevamo i tempi stretti per la consegna del materiale allo studio di Master, quindi ci siamo chiusi in casa per una settimana, dalla mattina fino a tarda notte, o fino a quando le orecchie non chiedevano pietà. A questo proposito ringraziamo i vicini per non avere chiamato le forze dell’ordine.

“Latlong” è il vostro nuovo album, composto da 11 brani che danno vita ad un’ambientazione tutta singolare. Come avete lavorato a questo progetto?

Abbiamo lavorato buttando giù più materiale possibile e poi aggiustandolo strada facendo. Spesso quando si comincia a lavorare su un disco non sappiamo bene dove vogliamo arrivare e quando dobbiamo fermarci. La strada diventa sempre più chiara man mano che si percorre e spesso si chiarifica ancora di più una volta che il disco è uscito. Fin quando le orecchie che ci lavorano sono sempre le stesse diventa complicato avere una visione distaccata, quando cominci ad avere riscontri dall’esterno allora acquisisci una visione più completa e capisci meglio quello che hai fatto.

Questo disco è frutto di circa un anno e mezzo di lavoro. Le storie che abbiamo raccolto provengono da esperienze vissute, sentite, lette e inventate.

Attraverso i personaggi di queste storie abbiamo affrontato varie tematiche, come il dover fare i conti con se stessi, affrontare i propri limiti, le proprie paure e le proprie insicurezze.

La parte musicale affronta questi temi a modo suo. Come dicevo prima, attraverso loop costanti e ipnotici, ritmi irregolari e suoni sporchi accompagnati da melodie piacevoli e rassicuranti, giocando sempre sul creare dei contrasti, così come la vita, fatta di tanti momenti e sensazioni spesso in conflitto fra loro. 

Cosa avete voluto raccontare attraverso questa produzione e qual è il filo conduttore che lega i vari brani?

Ci piace pensare di aver affrontato con le nostre storie una serie di questioni che l’essere umano si pone nei confronti di se stesso e dell’ambiente che lo circonda. Tendiamo a creare un contorno, un ambiente all’interno del quale i nostri personaggi si muovono, prendono vita e raccontano. L’ambiente solitamente è un ambiente naturale, che spaventa e che attrae, che può dare la vita e che può toglierla con la stessa facilità. 

Nel mentre che questi personaggi raccontano le proprie storie, la musica si fonde con esse, legando un brano dopo l’altro, cambiando le atmosfere ma mantenendo le proprie sonorità che la contraddistinguono lungo tutto il disco.

Quali sono i vostri progetti per il futuro?

Al momento ci troviamo per provare i brani. Pensiamo alla musica e non troppo al futuro.  

C’è qualcosa che vorreste dire ai nostri lettori?

Se siete arrivati fin qui vi vogliamo bene anche noi.

Campos for Siloud

Instagram: @campos_band
Facebook: @camposband

Credits: Big Time

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...