Volosumarte è un duo composto da Martina Catalfamo e Francesco Santalucia, due ragazzi che vivono a Roma ma rispettivamente di origini sicialiana e pugliese. Nella vita Martina è un’attrice oltre che autrice e voce del progetto musicale, mentre Francesco è un compositore, producer e arrangiatore. Chitarre pulp, psichedelia, elettronica e richiami seventies graffiati dalla voce e dai testi distopici è ciò che li caratterizza maggiormente.
“Schiavi del Sesso”, il loro ultimo brano, è in primis un invito a prendere in mano la propria vita, senza vergognarsi del giudizio degli altri.
Band: Volosumarte
Componenti: Martina Catalfamo, Francesco Santalucia
Età: 27, 34
Città: Messina, Barletta
Nazionalità: Italiana
Brani pubblicati: Volo su Marte, Puramente Casuale, Mia madre dice che sono Pazza, Schiavi del Sesso
Periodo di attività: dal 2019
Genere musicale: Alt Pop, Indie Pop
Piattaforme: YouTube, Spotify, Apple Music, Deezer, Tim Music, ecc.

Chi sono i Volosumarte?
Ciao! Siamo Martina Catalfamo e Francesco Santalucia. Viviamo a Roma e nella vita io (Martina) sono un’attrice oltre che autrice e voce di questo progetto, mentre Francesco è un compositore, producer, arrangiatore. Anche se siamo di base a Roma ci teniamo a sottolineare le nostre origini: Francesco è nato e cresciuto in Puglia, io invece sono siciliana ed è proprio il sentimento del “nostou” (lett. νόστου; il νόστος omerico) che mi spinge a trasporre in musica le parole.
Un esperimento nato a Roma dall’incontro tra Martina e Francesco. Come e quando è nato il Duo?
Volosumarte (noi lo chiamiamo al singolare, come se fosse un’entità che vive di vita propria) è nato in una calda estate del 2018 a Roma. Nel momento in cui ho fatto ascoltare a Francesco le mie note vocali, in cui c’erano dei testi accompagnati da una melodia abbozzata, abbiamo provato a sperimentare in studio per vedere cosa sarebbe venuto fuori dall’unione del nostro gusto musicale. Abbiamo scoperto di essere entrambi molto affini e questo ci ha permesso di portare avanti il progetto.
Perché proprio il nome Volosumarte?
I nomi sono sempre stati un grande dilemma per noi. Chi dà i nomi alle cose? Alla fine abbiamo fatto decidere alla musica ed al nostro primo singolo dal titolo “Volo su Marte”. Il brano parla di una fuga verso un mondo utopico, libero, in cui cade ogni vestito sociale ed è proprio questo tipo di universo quello in cui vorremmo vivere. Un mondo che ha riscoperto il rispetto verso l’altro e verso la Natura ed il pianeta Marte, così vicino a noi, anche se lontanissimo, ci permette di guardare la Terra da un’altra prospettiva. La prospettiva dell’insieme e non del singolo.
Chitarre pulp, psichedelia, elettronica e richiami seventies graffiati dalla voce e dai testi distopici: come definite il vostro sound?
Penso che la vostra definizione corrisponda esattamente alla nostra risposta. Non sappiamo bene come definire il nostro sound, ma sicuramente puntiamo sul suono come una firma per la nostra riconoscibilità.
Quanto vi è costato arrivare alla maturazione musicale che mostrate adesso?
Tanta sperimentazione e tanto studio. Il fare e rifare le cose. Sicuramente è questo l’elemento indispensabile per crescere. Ci piacciono i generi musicali più svariati, dalla musica classica, alla canzone d’autore, al rock psichedelico. Tra gli autori che amiamo entrambi ci sono Battiato, Battisti, Modugno o ancora – se pensiamo alle band – i Pink Floyd, i Beatles, fino ad arrivare all’elettronica contemporanea di James Blake, Bon Iver, Flume. Questi sono gli ascolti che abbiamo in comune. Per Volosumarte cerchiamo di mantenere le orecchie il più pulite possibile da condizionamenti esterni anche se probabilmente è difficile non farsi condizionare inconsciamente dall’esperienza durante il processo creativo.
In occasione della Giornata Mondiale Contro la Violenza sulle Donne avete pubblicato il brano “Schiavi del sesso”. Com’è stato produrre il brano?
Nel momento in cui abbiamo prodotto il brano non pensavamo di legarlo alla Giornata Mondiale Contro la Violenza sulle Donne. Il brano è in primis un invito a prendere in mano la propria vita, senza vergognarsi del giudizio degli altri. Il titolo è il simbolo della società ipersessualizzata e patriarcale in cui viviamo. Un luogo in cui i bambini vengono lasciati a giocare da soli ed il rapporto di coppia è scoppiato. Un posto in cui chiunque pensa di avere il potere di comprare il tuo sesso con il denaro.
Il groove incalzante che veste il testo è sicuramente il motore che incita a saltare sui tavoli e a prendere in mano la vita senza mai aver paura di mostrare quella forza vitale, passionale, creativa, purtroppo assopita in una società che preferisce gli automi, alle persone. Il “deserto” di cui parlo all’inizio del brano è infatti il “deserto” emotivo e non il deserto fisico a cui abbiamo assistito durante il lockdown. Per noi quel silenzio lì era un silenzio parlante, pieno di anima, a differenza del caos vuoto a cui siamo abituati.
Qual è il messaggio che volete lanciare ai vostri ascoltatori?
Il messaggio che vogliamo lanciare è proprio quello descritto nella risposta precedente. Il brano è un invito a prendere in mano la propria identità senza paura, a riconoscere l’amore sano in quanto sentimento che ti fa sentire vivo e libero. Ecco perché desideravo conoscere il punto di vista di una donna che non fossi io e Dejana Poposka ha saputo cogliere meglio di chiunque altro il senso del brano.
A braccetto con questo pezzo nasce un cortometraggio in collaborazione con la regista Dejana Poposka e il direttore della fotografia Leonardo Kurtz. Cosa potete dirci su questo progetto?
Il corto rafforza il concetto del brano rendendolo universale. Unisce realismo e grottesco così come si nota all’inizio dei dialoghi che sono proprio lo specchio della realtà. Una realtà in cui sia uomini che donne giudicano i comportamenti sessuali di un altr*. Ed è proprio questo tipo di violenza che nessuna parola, se non il termine Slut-shaming, descrive così bene. Il corto mette in scena proprio questo fenomeno all’interno di un vernissage di falsi Modigliani in cui i partecipanti sono presi dal chiacchiericcio più che dall’opera d’arte. Abbiamo scelto Modigliani, proprio per il suo essere un artista libero, fuori dagli schemi del suo tempo, per questo incompreso, anzi, censurato più volte a causa dell’ “oscenità” dei suoi nudi. Per noi Modigliani riesce a riportare la femminilità nella dimensione del senza tempo e del sacro, a differenza della società “pornografica” in cui viviamo che ha strumentalizzato il corpo della donna (e non solo) racchiudendolo in determinati canoni estetici.
Nel video inoltre il simbolo dell’uovo rappresenta da un lato la violenza, che parte dall’essere violenza verbale per poi diventare sessuale e dunque fisica, dall’altro la sessualità come evento masturbatorio improntato sull’ego e non sull’altro, per poi diventare elemento di Rinascita (come nel simbolismo giudaico-cristiano). Nel dialogo tra la galleria e la realtà dell* modell* dei quadri che prendono vita, vediamo in un primo momento l’accettazione dell’uovo e quindi la sottomissione, l’essere “come mi vogliono gli altri”, nella seconda parte invece l’uovo diventa il megafono grazie al quale si vorrebbe rompere la parete dell’incomunicabilità, ma senza alcun successo. Solo nella terza parte della narrazione, le uova riescono ad arrivare nella galleria attraverso la mediazione della Cariatide, la figura primitiva dipinta di rosso, con cui solo Gianmaria, l’attore più piccolo, può essere in contatto proprio perché ancora “puro” a differenza degli adulti. Gianmaria rappresenta la speranza, la rinascita della società del futuro prossimo. Ecco perché ci teniamo a sottolineare che il discorso finale di Gianmaria non è frutto di un soggetto già scritto, proprio perché volevamo conoscere l’opinione libera di un bambino sull’argomento.
Cosa avete in programma per il futuro?
Sicuramente ci sarà un altro singolo. Abbiamo rimandato l’uscita dell’album proprio per il periodo in cui ci troviamo. Ci muoveremo passo, passo con un occhio sempre attento al presente.
C’è qualcosa che vorreste dire ai nostri lettori?
Ci piacerebbe aprire un dibattito sul corto. Qualunque domanda o commento potete tranquillamente porgercela sui nostri canali.
Volosumarte for Siloud
Instagram: @volosumarte
Facebook: @volosumarte
Credits: Alessandra Placidi