Da Lucio Dalla e gli Articolo 31 nasce l’amore per la musica di Emmanuel Falato, aka Ciao Manu. Comincia a fare musica fin da piccolo ma dal 2002 al 2009 ne succedono tante: i primi brani, la prima band, i primi live. Solo nel 2020 sceglie di avviare il suo progetto da solista. Il suo ultimo singolo è “Che Guevara”, un brano dal titolo impegnativo che vuole lanciare un messaggio importante a chi lo ascolta.
Nome: Emmanuel
Cognome: Falato
In arte: Ciao Manu
Età: 32
Città: Benevento, Milano
Nazionalità: Italiana
Brani pubblicati: Che Guevara
Periodo di attività: dal 2020
Genere musicale: Indie/Pop
Piattaforme: Spotify, YouTube, ecc.

Parlaci di te Emmanuel!
Innanzitutto, ciao e grazie per lo spazio!
Che dirti, sono un bravo ragazzo, ho 32 anni e sono Campano (di Benevento), ma trapiantato a Milano!
Sin da piccolo mi affascinava il mondo della comunicazione, ed infatti ho studiato Pubblicità… adesso, come molti della mia generazione, saltello da un’azienda ad un’altra con contratti più o meno precari, e appena ho un attimo libero scrivo, suono o ascolto dischi!
Ah, importantissimo, adoro la pizza e la birra.
Da Lucio Dalla e gli Articolo 31 nasce il tuo amore per la musica. Cosa puoi dirci sulla tua prima volta con questa passione?
Non ricordo se il primo brano in assoluto di cui mi sono innamorato fosse “Attenti al Lupo” o “Tranqui Funky” ma tuttora nella mia musica riscontro influenze che vanno dal Cantautorato all’Urban.
Sono sempre stato autodidatta, a 12 anni scrivevo testi in rima (ma senza musica) e poi all’improvviso mi imbatto in una vecchia chitarra trovata in casa di mia nonna (forse di uno zio che l’aveva lasciata li)…io ero molto piccolo e lei molto pesante, le corde di ferro dure, ma con lei ho imparato i primi accordi!
Dal 2002 al 2009 ne succedono tante: i primi brani, la prima band, i primi live. Quali sono le esperienze che hanno più influenzato il tuo percorso nella musica?
Il primo grande cambiamento è avvenuto quando ho lasciato la mia piccola città per trasferirmi in un’altra solo un po’ più grande, ma piena di studenti universitari (parlo di Perugia dove ho vissuto per circa sei anni). Qui sono cresciuto (anche musicalmente) ed ho registrato i primi brani “ufficiali”. Nel giro di un annetto mi sono ritrovato ad aprire i concerti di quelli che erano i miei miti del tempo, girando tra centri sociali, pub, disco e palazzetti!
Solo nel 2020 scegli di avviare il tuo progetto da solista. Perché questo cambiamento e perchè scegli come pseudonimo “Ciao Manu”?
È stato un anno strano, non so se ti è mai successo di sentire all’improvviso una forza dentro che non hai mai avuto, che ti spinge a fare cose che non pensavi di saper fare da solo… questa forza nasceva dalla necessità di buttare fuori qualcosa, è stata curativa e mi ha fatto superare tanti limiti in poco tempo. In tutto questo è stato complice il fatto che l’ennesima azienda per la quale lavoravo, dopo 2 anni non mi ha più rinnovato il contratto (non so se lo sai, ma dopo 2 anni devono assumerti per legge con un indeterminato stabile, e quindi nella maggior parte dei casi preferiscono lasciarti a casa!). Per fortuna avevo “2 spicci” da parte, e mi sono dato qualche mese per radunare le forze e le idee e buttarmi con tutto me stesso in questo progetto… finalmente ho iniziato a fare qualcosa che mi piaceva al 1000% e i risultati sono arrivati praticamente subito! Per la scelta del nome che dirti, “Manu Ciao” era già occupato… a parte gli scherzi, ho scelto qualcosa di semplice, di quotidiano, come le cose di cui canto… e tutte le persone, i parenti, gli amici, che incontro quotidianamente, la prima cosa che mi dicono quando mi incontrano è “Ciao Manu”!
A vedere le playlist in cui sei stato inserito, il tuo sound attuale è vicino alla contemporanea corrente Indie. Ti rivedi in questa definizione?
Potrei farti il solito discorso che l’indie non è un genere, ma identifica dei musicisti indipendenti (come nel mio caso), ecc. Oppure dirti che non è giusto etichettare la musica, ecc. Ma alla fine è innato nella natura umana “accostare” tra loro cose che si somigliano per riconoscerle più facilmente nei processi mentali… quindi sdrammatizzo dicendoti che ad esempio la mia vicina che si veste con il chiodo di pelle per portare il cane giù è “Rock”, io che in pigiama la incrocio portando giù il mio cane mi sento più “Indie”. Scherzi a parte, i miei brani sono stati subito scelti ed inseriti da Spotify nelle proprie playlist editoriali (come ad esempio “Scuola Indie”) e sapendo che “Spotify” lavora per “prossimità” di gusti degli ascoltatori, allora ti direi che per semplicità va bene chiamarlo Indie o Itpop, ma come ti dicevo ho influenze che vanno dal Cantautorato all’Urban.
Il tuo ultimo singolo è “Che Guevara”, un brano dal titolo impegnativo che vuole lanciare un messaggio importante a chi lo ascolta: come nasce il pezzo?
Solitamente le mie canzoni nascono per la necessità di esprimere un concetto, sono quindi liberatorie. In questo caso racconto tante cose. Parto da un disagio generazionale che vivo in prima persona, ho 32 anni e nelle mani non ho nulla (ho 2 lauree ed un master, ed ogni 2 anni cambio azienda perché come ti dicevo quando scadono i termini di legge per un rinnovo a tempo determinato, ti lasciano a casa). Poi c’è il fatto che comunque vieni “sfruttato” lavorando più del dovuto alienandoti in una prigione immaginaria (fatta di celle di Excel) in un’era di stage, rimborsi spese e gente scortese. In tutto questo però parlo anche del fatto che nessuno fa davvero qualcosa per cambiare le situazione, ed io sono il primo a limitarmi a prendere la chitarra e cantare una canzone per la mia donna… d’altronde “non sono mica Che Guevara”. Sì, ma tranquilli, scrivo anche canzoni meno impegnate di questa.
Vuoi cantare la rivoluzione, ma, parafrasandoti, non sei mica Che Guevara. Perché hai sentito l’esigenza di raccontare la tua generazione?
Scusa, mi sono dilungato sopra sull’argomento… ma il concetto è che vivo tutti i giorni questa situazione, e tutti i giorni parlo con miei coetanei che sono sulla mia stessa barca. Tutti siamo d’accordo che siamo una generazione senza futuro, ma nessuno fa niente, compreso io. L’ho voluto cantare, anzi urlare… a questo punto, forse, anche per discolparmi!
Possiamo sperare presto in un album?
Beh, che dirti, il materiale c’è perché io sono molto produttivo… scrivere è la cosa che amo in assoluto (quanto la pizza e la birra)!
Progetti per il futuro?
Soprattutto in questo periodo, il desiderio più grande per un cantautore è poter suonare le proprie canzoni di fronte ad un pubblico… quindi, oltre a continuare a pubblicare tutti i brani a cui sto lavorando, mi sto preparando per quando si potrà finalmente tornare a suonare live!
C’è qualcosa che vorresti dire ai nostri lettori?
Ringrazio chi ha avuto la pazienza di leggere fino in fondo… per il resto a me la musica ha aiutato davvero tanto (sia ascoltarla che farla). Ci sono artisti che ringrazio per aver scritto determinate canzoni che ho consumato col tempo, e se la mia musica riesce a far star meglio anche una sola persona, sono la persona più felice al mondo!
Ciao Manu for Siloud
Instagram: @ciao_manu_
YouTube: Ciao Manu
Credits: Irene Cimò, PressaCom