Andrea Raso, in arte Andrea Bradz Raso, è un artista con un importante background nel mondo della musica. Fin da adolescente è stato affascinato dalla musica e negli anni ha cercato di sviluppare il suo stile. Tanti i riferimenti musicali che insieme creano un sound complesso che arriva, però, chiaro e forte all’ascoltatore. “Via di Torpiloquio” è il titolo del suo ultimo progetto e oggi ve lo faremo scoprire.
Nome: Andrea
Cognome: Raso
In arte: Andrea Bradz Raso
Età: 40
Città: Rotterdam
Nazionalità: Italiana
Brani pubblicati: Anni 30, La contea di Little Book, Il Falegname.
Album pubblicati: Via Di Torpiloquio
Periodo di attività: dal 1995
Genere musicale: Cantautorato Folk-Blues
Piattaforme: Spotify, Amazon Music, Anghami, Apple Music, Deezer, Hungama, Napster, Pandora, VK, Youtube music, ecc

Chi è Andrea Raso nella vita di tutti i giorni?
Domanda tanto interessante quanto difficile da sintetizzare. Ho tanti interessi e sono quasi ossessionato dalla ricerca della comprensione dell’animo umano e dell’auto miglioramento. Mi piace costruire strumenti musicali e mi appassionano le biografie e la storia contemporanea.
Sono nato a Reggio Calabria, ma ho vissuto in diversi posti e fatto tanti mestieri differenti. Attualmente vivo nei Paesi Bassi e oltre al mio progetto solista suono in una band di American Root Music. Sostengo i miei progetti musicali grazie al mio lavoro di consulente informatico.
Ti sei avvicinato alla musica da adolescente: scavando più a fondo, qual è il tuo primo ricordo legato alla musica e cosa ti ha tenuto attaccato ad essa negli anni?
Ricordo che attorno ai sei anni strimpellavo un organo Antonelli che avevamo a casa. Da allora, non ricordo un momento in cui la musica non sia stata importante. Le audiocassette in macchina quando ero viaggio con i miei, i primi dischi di rock italiano attorno ai dieci anni, e infine le grandi star del rock appunto nell’adolescenza, dove incoraggiato dagli amici ho iniziato a suonare e abbiamo formato la prima band.
Per me la musica è feeiling ed espressione, perciò negli anni è stata una compagna che ha affiancato i miei stati d’animo, a volte influenzandoli e altre volte è stata un rifugio da essi.
Quali sono i tuoi principali riferimenti musicali e a quali ti ispiri maggiormente?
Ascolto molti generi diversi, ma non tutti influenzano la mia produzione. Quelli che sicuramente si avvertono di più sono i cantautori italiani e quelli folk americani, ma anche il Delta e il Chicago blues. Il southern rock e il country hanno la anche loro influenza.
Ultimamente sto ascoltando molto swing e soprattutto soul, i miei progetti futuri potrebbero risentirne.
Passiamo ora al tuo percorso artistico. Quando hai cominciato a prendere parte attiva nella musica e quando, di conseguenza, hai capito di voler essere un artista?
Quando formammo il primo gruppo, avrò avuto 15 anni.
Iniziando da adolescente, sogni di diventare una rock star! Poi ti rendi conto quanto sia difficile emergere o vivere di sola musica in generale, soprattutto se non vuoi scendere a compromessi tra i tuoi gusti e il mercato di massa.
Non mi andava che fosse “solo un mestiere”, volevo che fosse una passione libera da condizionamenti che fossero diversi dal mio gusto. Perciò ho affiancato la mia passione ad un percorso lavorativo “canonico”, in modo da avere una base economica che mi lasciasse la possibilità di suonare quello che mi piace. Questo ha però, inevitabilmente rallentato la mia attività.
Credo che essere artisti sia uno stato d’animo e uno stile di vita, non sono la fama o il successo a definirti tale. Da quando ho iniziato, non ho mai smesso di sentirmi così. Quello che è cambiato è che allora il sogno era di riempire uno stadio, mentre adesso potrebbe essere quello di suonare in Club di Harlem o di Chicago.
Il tuo è un percorso fatto da diverse tappe, ognuna delle quali può essere intesa come un approfondimento e un miglioramento. Quali sono le fasi fondamentali della tua carriera artistica fino ad oggi?
Ho avuto la fortuna di vivere in realtà diverse e il confronto con gli altri musicisti e artisti in generale, mi ha dato tanto. Anche se parallelamente ho fatto un mio percorso autonomo approfondendo i generi musicali che mi incuriosivano, sia a livello sonoro che come contesto sociale nel quale si sono sviluppati.
Dai 15 ai 20 anni ho suonato in diverse cover band hard rock nella mia città natale (Reggio Calabria). Successivamente ho fondato una band heavy metal (I Dustland) col quale ho registrato il primo demo. Poi trasferitomi in Sicilia, altri vari progetti che potremmo definire genericamente Indie Rock. In tutti questi progetti sono sempre stato la voce solista e il chitarrista. Ma non sono mai stato particolarmente egocentrico, essere la voce solista era più che altro una necessità. Infatti successivamente ho cercato di concentrarmi più sullo strumento, come nella band “Officine Blues” di Roma, dove suonavo la chitarra elettrica e quella resofonica. Attualmente suono con i “Coen and The Italian Uncles”, dove abbiamo ruoli intercambiabili e suono perciò diversi strumenti.
Come dicevo, ho sempre coltivato un percorso formativo solista, che influenzava e allo stesso tempo veniva influenzato dai progetti collettivi. Il mio album “Via di Torpiloquio” è il connubio di tutto ciò.
Quali sono i caratteri principali della tua musica, cosa cerchi di comunicare a chi ti ascolta e, più in generale, come nasce un tuo brano?
Mi sento una sorta di cantastorie. Quello che racconto nei miei brani vuole spingere ad una riflessione, senza dare giudizi o essere didascalico. Anche se i miei brani hanno a volte un contenuto sociale, mi piace stimolare il pensiero piuttosto che suggerire a chi mi ascolta cosa pensare.
I miei brani nascono in maniera davvero spontanea, non mi siedo mai a scrivere un brano da zero. Quando nella quotidinità, mentre faccio tutt’altro, mi viene in mente un’idea, l’appunto su un taccuino e inizio a integrarla con nuove idee che mi vengono su un dato argomento. Quando raggiungo una quantità sufficiente di materiale, lo organizzo in un testo. Per la musica il procedimento è lo stesso, quando suono per divertimento, se mi viene fuori un riff o un giro di accordi interessante lo registro col telefono per svilupparlo in seguito.
“Via di Torpiloquio” è il titolo del tuo ultimo progetto. Come nasce e come è stato prodotto?
“Via di Torpiloquio” raccoglie i brani che ho scritto durante i miei lunghi periodi di permanenza a Catania e poi Roma. Parla di miseria, ingiustizie sociali e di periferie in maniera amara ma anche ironica. Il nome infatti è una parafrasi dei quartieri periferici a est della capitale (Tor Sapienza, Torre Angela, Tor Treteste…). Il doppio senso con la parola turpiloquio non è casuale, oltre che ironico, vuole anche rappresentare l’offesa alla morale che consiste nel dire la verità sulla crudezza della miseria, in contrapposizione all’ipocrisia di chi la miseria non la vuol vedere. Questi temi sono ulteriormente condensati dall’immagine di Pasolini in copertina.
Gli arrangiamenti e il sound sono volutamente scarni, in quanto sono un fan dell’analogico/low-fi/less-is-more. Mi ha affiancato nella produzione e nel mastering il mio amico, produttore e fonico Marco Silvestri. In un brano Marco suona anche il basso. Il resto è tutto suonato e arrangiato da me.
In che relazione questo brano si pone con i tuoi brani già online?
Beh, è il mio primo lavoro solista. In passato, ho dato il mio contributo alla stesura dei brani, ma le band erano di genere diverso. Questo lavoro è più acustico e cantautorale. Non escludo in futuro rispolverare qualche vena più rock o di blues elettrico.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Considero “Via di Torpiloquio” il punto di arrivo di un percorso sia artistico che personale. D’ora in poi pubblicherò solo singoli in quanto si adattano meglio al mercato discografico moderno, e allo stesso tempo permettono più continuità di pubblicazione.
Ho già un brano in cantiere che sto rifinendo e arrangiando. Questo potrebbe essere pubblicato da una label con cui sono in contatto, ma per scaramanzia non approfondisco i dettagli. In questo caso sarebbe utile il fatto che si occuperebbero loro della promozione, ma se non raggiungeremo un accordo continuerò a pubblicare in modo indipendente.
C’è qualcosa che vorresti dire ai nostri lettori?
Se sono arrivati fin qui a leggere i miei sproloqui, non posso fare a meno di ringraziarli e dir loro che sono contento che ci sia gente che ama ricercare la musica anche fuori dai gorssi circuiti di distribuzione. Ci sono delle enormi ricchezze musicali, e più in generale artistiche, nel panorama alternativo, e sono contento che c’è altra gente che, come me, se ne interessa.
Andrea Raso for Siloud
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Sito personale: http://music.andrearaso.org/