Artista e scrittrice indipendente, Antonia Calabrese si dedica all’arte in tutte le sue forme. Oggi l’abbiamo intervistata nelle vesti di scrittrice per l’uscita del suo ultimo libro “Welcome“. Il suo primo romanzo che vuole lasciare il lettore con dei nuovi punti di vista e delle domande, volutamente senza risposta.
Nome: Antonia Cognome: Calabrese Età: 62 Città: Prignano Cilento Nazionalità: Italiana Professione: Artista, scrittrice indipendente

Parlaci di te Antonia!
Sono nata nel salernitano, nell’Alta Valle del Sele, in un comune tristemente famoso perché epicentro del sisma del 1980, Santomenna. Sono cresciuta in collegio, ad Arezzo, vincitrice di una borsa di studio, per cui ho sofferto l’allontanamento dalla mia famiglia a soli dieci anni. Ho completato i miei studi all’Accademia di Belle Arti di Roma e lì ho conosciuto mio marito. Dopo la laurea, ho vissuto una quindicina d’anni a Santomenna e poi mi sono trasferita in Cilento dove vivo tutt’ora, perché il tipo di scuola superiore che aveva scelto di frequentare mio figlio, all’epoca, non c’era nella zona. Dedico molto del mio tempo alla scrittura e alla pittura, un po’ meno alla scultura. Il tempo, in realtà, non mi basta per fare tutto quello che mi piacerebbe e ho molte idee e progetti che forse non riuscirò a realizzare.
Com’è nato il tuo amore per la scrittura?
Da bambina, alle elementari, avevo qualche difficoltà nel dettato, confondevo la “d” con la “t”. Sono sempre stata convinta che il problema fosse nella pronuncia della maestra che era meridionale, di Scafati. In ogni caso, mio padre, d’accordo con lei, mi acquistò dei libri e m’impose di leggerli: Cuore, La capanna dello zio Tom, le Favole di Perrault, La cieca di Sorrento eccetera. Leggevo molto, e pian piano si affinava anche la mia scrittura cosicché alle medie e alle superiori ero una cima, assai felice dei miei successi. Fu un insegnante di italiano, all’Istituto d’Arte, il professor Bindi, a incoraggiarmi a scrivere. Il giorno degli esami, quando entrai per sostenere gli orali, si alzò in piedi e mi presentò alla commissione dicendo: «Ecco la nostra scrittrice!». Non lo dimenticherò mai e ritengo di dovergli molto. Anche mio padre era convinto che fossi tagliata per la scrittura e m’incoraggiava quando leggeva le poesie che scrivevo fin da piccola. Ricordo la mia prima poesia, che intitolai “La Rosa”, perché papà volle che la leggessi davanti ai suoi amici. A ripensarci ora, mi pare quasi di non essere stata io a scegliere, ma che altri abbiano stabilito per me un cammino da percorrere. Un cammino che in realtà ho trascurato per molti, forse troppi anni, presa da altro. Solo che ho anche altri interessi, altre intuizioni, altre emozioni e voglia di fare: manipolare la creta, ad esempio, dipingere per sentire l’odore dei colori e della vernice fresca, creare, insomma, con le mie mani. Come ho già detto, il tempo non mi basta per fare tutto quello che vorrei.
Parecchie le pubblicazioni di cui puoi vantare, qual è quella che ti rappresenta di più?
L’emozione più forte, probabilmente, l’ho avuta quando ho letto il mio pezzo e il mio nome sotto il primo articolo pubblicato da “Giornate italiane”. Sono molto affezionata a “Lo Spirito e la Sposa”, un testo di esegesi biblica in cui ho infuso il mio intelletto assieme alla mia anima. Ho molti scritti inediti nel cassetto che non ho ancora deciso di pubblicare. Forse il mio capolavoro si trova fra quelli. Può darsi, in ogni caso, che il volume che mi rappresenta di più sia quello che non ho ancora scritto né mai scriverò.
“Welcome” è il tuo romanzo d’esordio, com’è stato passare a questo genere?
Fin da ragazza mi sarebbe piaciuto cimentarmi nella stesura di un romanzo, ma temevo di non esserne capace. Quando ho concluso l’ultimo capitolo di “Welcome” ho tirato un sospiro di sollievo e rileggerlo mi ha dato un sottile piacere, una sensazione di appagamento, di soddisfazione.
C’è qualche scrittore a che ha “segnato” il tuo percorso letterario?
Non saprei, è difficile rispondere, di certo ho amato molto Cesare Pavese e Giuseppe Ungaretti.
Ritornando a “Welcome”, come nasce la storia che racconti?
Nasce da una intuizione, o ispirazione che dir si voglia. È un libro da leggere di cui preferirei non svelare l’intera trama per non sottrarre al lettore il gusto di scoprirla. Scaturisce esattamente dalle parole del testo, al capitolo primo del libro: “C’è chi dice che un paese muore quando…”. Il fenomeno dello spopolamento che affligge non poco l’entroterra italiano, assieme ai cambiamenti che avvengono nelle nostre vite con l’improvvisa perdita di persone che amiamo, sono gli argomenti centrali della narrazione.
Apri delle prospettive e lasci al lettore la possibilità di porsi delle domande, perché questa scelta?
Ho scritto dei commentari, in passato, in cui esplicitavo concetti fondati sulle Sacre Scritture e ho pubblicato articoli in chiave biblica. Nel frattempo, sono cresciuta, maturata e anche il mio pensiero religioso e filosofico si è evoluto. È per questa ragione che ho scelto di scrivere un romanzo, di narrare una storia invece che enunciare dimostrazioni. Un argomento importante qual è quello affrontato in “Welcome”, non mi sembrava il caso di imboccarlo col cucchiaino. È un romanzo rivolto a tutti e ho deciso che questo sarà il mio stile anche per ciò che eventualmente scriverò in futuro: raccontare senza commentare, suggerire senza affermare. Voglio che sia il lettore stesso a trovare le proprie risposte agli interrogativi che la vita, talvolta, ci pone.
Possiamo aspettarci un seguito di “Welcome”?
Un seguito della storia narrata, al momento direi di no. Qualcosa che segua lo stesso filone, invece sì. Ho già iniziato a scrivere un romanzo dal titolo “Un’altra vita”, che spero di concludere entro quest’anno, in cui affronto una tematica simile.
Hai altro in cantiere per questo 2021?
Spero di concludere il romanzo a cui sto lavorando e di mettere mano a un altro la cui trama ho in mente da tempo. Forse riuscirò anche a pubblicare entro la fine dell’anno il quinto volume della collana “PoeticaMente” delle mie poesie.
C’è qualcosa che vorresti dire ai nostri lettori?
Niente più di questo: Acquistate il libro e soprattutto leggetelo, ne vale la pena. È un testo scorrevole e di lettura piacevole che affronta con delicatezza un argomento complesso e di indubbia attualità.
Antonia Calabrese for Siloud
Instagram: @antonia.calabrese.autrice Facebook: @antoniacalabrese.it YouTube: Antonia Calabrese Credits: QALT