InTheMusic: Safe, interview

Samuele Ferrari si porta dietro lo pseudonimo di Safe da svariati anni, oggi è il nome con cui lo conosciamo nel panorama musicale. Attualmente è un cantante e un produttore per RKH e tante sono le contaminazioni che hanno contribuito a creare il suo stile. “Taxi” è il titolo del suo ultimo singolo, una riflessione di come i fantasmi di una relazione tossica continuino ad infestare il suo presente.

Nome: Samuele
Cognome: Ferrari
In arte: Safe
Età: 21
Città: Torino
Nazionalità: Italiana
Brani pubblicati: Gun, Vertigini, Dermal, Inverno, Fiori di pesco, Neve a Bali, Reggaeton triste, A Metà Tra, Meglio di no
Periodo di attività: dal 2020
Genere musicale: R&B/Lofi
Piattaforme: Spotify, Apple Music, ecc.

Chi c’è dietro Safe?

Mi chiamo Samuele Ferrari e sono nato a Imperia il 22 aprile del 99.

Ad Agosto del 2019 mi sono trasferito a Torino per lavorare come produttore all’interno di RKH, con cui è nata anche una collaborazione artistica.

Perché questo nome d’arte?

Mi porto dietro il nome Safe da svariati anni (da che cominciai a produrre strumentali nel 2012), ai tempi mi serviva un nome da assegnare al mio canale YouTube, così tentai semplicemente di unire le iniziali del mio nome (Sa) a quelle del mio cognome (Fe). Il risultato non mi dispiacque, e assunse subito valori derivanti dal significato della parola inglese “safe”, cioè “al sicuro”, “salvo”.

Sono al sicuro le persone che ascoltano la musica giusta nei momenti difficili, così come sono al sicuro e conservate per sempre le emozioni di un’artista all’interno dei propri brani.

Attualmente sei un cantante e un produttore. Facendo però un passo indietro, come ti sei avvicinato alla musica e quando hai capito di voler intraprendere un percorso attivo?

Devo moltissimo a mio padre per avermi sempre dato stimoli musicali fin da quando ero piccolo, facendomi ascoltare moltissimi album di artisti diversi. In macchina e nel mio mp3 suonavano Metallica, Red Hot Chili Peppers, Moby, Public Enemy, Eminem, Jovanotti, Green Day, Joe Satriani, Frank Zappa, Gorillaz, Prodigy, e tantissimi altri artisti.

Al mondo della produzione, invece, mi ci sono avvicinato per gioco intorno al 2010 (quando avevo 11 anni): il mio “gioco” preferito sul Mac di mio padre era Garage Band e passavo intere giornate a unire i sample per costruire i miei pezzi, avevo l’iPod pieno di questi e me li ascoltavo a rotazione. Coltivai questa passione facendomi regalare FL Studio nel Natale del 2012: da qui iniziarono le prime collaborazioni con rapper e produttori e la passione crebbe fino a diventare la mia professione.

Hai affermato di subire contaminazioni continue; quali sono invece le tue influenze principali?

Tutta la musica che mi piace ascoltare, in un modo o nell’altro, interferisce con quella che creo, quindi l’elenco sarebbe molto lungo.

Andando per generi potrei citare Joji, Lil Peep, Mac Miller, XXX Tentacion, Corbin, Fox Academy, Son Lux, ecc…

Il tuo è un sound in continua evoluzione, che mette insieme i tuoi riferimenti musicali e li riadatta con vesti tutte nuove. Come sei arrivato alle sonorità che oggi ti caratterizzano?

Soprattutto dovendo affrontare moltissime produzioni a lavoro (in RKH) per artisti che hanno stili e generi di tutti i tipi. Grazie a questa mole di lavoro ho imparato tecniche da vari produttori e ho iniziato ad essere molto più critico nei confronti di ciò che ascolto e, di conseguenza, di ciò che faccio. Inoltre, ascoltando/producendo musica per terzi per molte ore al giorno, ho iniziato a sentire il bisogno di cercare sonorità diverse per la mia voce, che si discostassero da quasi tutto ciò che affrontavo durante il lavoro in studio.

Per le strumentali, invece, lascio spazio all’arte di Jack Sapienza, con cui c’è un’ottima intesa musicale. Jack, inoltre, mi dà spesso spunti e reference molto interessanti per le mie canzoni.

Vorremmo che tu andassi più a fondo e che ci descrivessi meglio ciò che fai: in cosa si caratterizza il tuo modo di fare musica?

Vivo in maniera molto emotiva e personale la musica, per me è molto importante comunicare le emozioni tramite i suoni e le parole, ma al contempo trovo che siano poche le combinazioni di suoni e parole giuste che riescano a trasmettere l’emozione che si ha dentro quando si scrive, per questo il processo di scrittura per me è spesso molto lungo e difficile.

Anche la fase di registrazione è fondamentale: spesso, per essere più nel mood registro i miei brani da solo, in casa, quando sono freschi di scrittura, e preferisco sacrificare un po’ di aspetto tecnico per lasciare spazio al coinvolgimento emotivo quando sono davanti al microfono. Una volta finita la registrazione, mixo, sperimentando molto e cercando di dare alla mia voce e al pezzo un carattere ben definito ma insolito.

Come già detto, sono molto critico nei confronti di ciò che creo, quindi va da sé che passano tantissime ore da che scrivo la prima lettera di un testo a che ho in mano il master definitivo di quel pezzo.

“Taxi” è il titolo del tuo ultimo singolo, una riflessione di come i fantasmi di una relazione tossica continuino ad infestare il tuo presente. Come nasce questo brano e cosa hai voluto comunicare a chi ti ascolta?

Questo brano l’ho scritto in un periodo in cui non ero molto stabile emotivamente, e spesso mi ritrovavo ad essere poco lucido.

Era l’ennesima storia che chiudevo e stavo riflettendo su quanto i miei pensieri e comportamenti rovinassero e compromettessero le mie relazioni, su quanta poca empatia si sviluppasse tra me e l’altra persona durante le stesse. “Ti apro la porta se vuoi andartene, almeno fai meno rumore poi” è una frase dedicata alle ipotetiche successive ragazze, in segno di rassegnazione al destino inesorabile che ci avrebbe attesi.

Il brano è nato per una mia necessità di fare ordine e di dare una forma concreta al caos che mi regnava in testa durante quel periodo scuro, un po’ ci è riuscito e spero che ci possa riuscire anche con i ragazzi e le ragazze che lo ascolteranno, o, che almeno, possa interferire con le loro emozioni.

In che modo questo progetto si relaziona con le tue produzioni passate e in che modo anticipa quelle future?

“Taxi” si relaziona con le mie vecchie canzoni per il periodo in cui è stato concepito, lo considero un “ibrido più maturo” tra “Gun” e “Vertigini”, ma con una produzione più solida e un’identità più definita, associabile a quella di “Inverno, fiori di pesco” e  “Dermal”.

L’estetica del brano è sci-fi retro, un connubio tra il vintage e il futuristico, il passato e il futuro contestualizzati nel presente, ed anticipa ciò che io e Jack stiamo preparando per gli altri brani.

Quali progetti hai per il futuro?

Fare tanta musica e imparare sempre di più

C’è qualcosa che vorresti dire ai nostri lettori?

Se avete letto fino a qua, grazie mille per l’attenzione. Potete ascoltarmi su Spotify.

Safe for Siloud

Instagram: @safe.rkh

Credits: RKH

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