InTheMusic: Forse Danzica, interview

Marco e Matteo insieme sono i Forse Danzica. Entrambi suonano, Matteo canta. Amici dal 2014 decidono di far musica per caso cominciando, solo in seguito, a lavorarci su. Il loro nome non ha un vero e proprio significato ma è legato alla città polacca Danzica. Il loro sound è preciso, vicino ad una ballad minimal ma con tocchi elettronici: insomma, comprende le loro due anime. Hanno cominciato a far musica da poco e dal 23 Febbraio sono disponibili i loro singoli “Funerale” e “Immortali”. Scopriteli con noi!

Band: Forse Danzica
Componenti: Matteo Rizzi, Marco Boffelli
Età: 23, 22
Città: Milano, Bergamo
Nazionalità: Italiana
Brani Pubblicati: Funerale, Immortali
Periodo di attività: dal 2020
Genere musicale: Electro, Synth pop 
Piattaforme: Spotify, Apple Music, Deezer, Amazon Music 

Chi c’è dietro i Forse Danzica? 

MATTEO: Siamo in due, io e Marco. Entrambi suoniamo e io canto. Siamo entrambi di Bergamo, anche se io adesso vivo a Milano. Nella vita io studio Lettere e lavoro come giornalista, mentre Marco studia Chimica e lavora insieme a suo fratello in Home Project Studio, uno studio di registrazione a Bergamo.

Risale al 2019 l’idea di scrivere musica insieme, ma perché avete cominciato?

MATTEO: Io e Marco siamo amici da tanti anni, da quando credo nel 2014 con il mio primissimo gruppo ero andato nel suo studio a registrare un album. Da lì abbiamo spesso suonato insieme, ma non avevamo mai avuto un progetto. Io ho sempre fatto e continuo a fare parallelamente cose in inglese, vicine al mondo post punk, ma da un po’ di tempo avevo iniziato a scrivere diverse canzoni in italiano a cui non davo troppo peso, finché per ridere non le ho fatte sentire a Marco. Da lì ci siamo presi bene e abbiamo iniziato a lavorarci.

Cosa significa Forse Danzica?

MATTEO: Forse Danzica non significa niente: eravamo fuori dallo studio di registrazione e avevo chiesto a Marco se si ricordasse quando avessimo iniziato a suonare insieme. E lui mi aveva risposto «forse a Danzica». Intendeva un viaggio che io, lui e altri nostri amici avevamo fatto pochi mesi prima, appunto in Polonia. E in effetti in quel viaggio gli avevo fatto sentire per la prima volta le canzoni da cui era partito tutto. Mi piace avere nel nome Danzica perché è una di quelle pochissime città che veramente mi hanno fatto impazzire, mi piace tantissimo e non vedo l’ora di tornarci. Tra l’altro il giorno dopo essere rientrato a Bergamo dopo il viaggio a Danzica, in un pub di Bergamo avevo conosciuto, dal nulla, una ragazza di Danzica e ogni volta che ripenso a questa coincidenza mi sembra sempre più assurda.

Un sound preciso, vicino a una ballad minimal, con tocchi elettronici. Come nasce questo mix di suoni e a chi vi ispirate?

MATTEO: Sono un po’ le nostre due anime. La componente musicale a cui presto più attenzione è l’armonia, la scelta degli accordi, gli appoggi e la dialettica tra tensione e risoluzione, e a volte mi trovo tra le mani canzoni in cui ho l’impressione che il grosso del messaggio stia nell’armonia. E a quel punto mi viene spontaneo fare di tutto per valorizzarla utilizzando strumenti, come il pianoforte, in cui l’armonia viene presentata in maniera chiara, e pochi elementi, che diano il maggior senso di eleganza possibile. La componente più elettronica e tutta la parte legata a drop e soluzioni che guardano più che altro a universi più techno è uno strumento che utilizziamo per ripresentare i vari temi sotto una luce nuova. Ci piace l’elettronica fredda, vicina al mondo kraut. Ci ispiriamo a chiunque possa offrire degli spunti, abbiamo tantissime cose da imparare. Tra i più recenti stranieti ci piacciono molto Bon Iver e James Blake. In Italia Il Quadro di Troisi, Venerus, Emma Nolde, Iside, gente anche molto diversa tra loro ma tutta accomunata dall’eleganza.

Nel 2020 pubblicate 4 brani e date così il via alla vostra carriera musicale, com’è stato cominciare in un periodo così duro per il mondo dello spettacolo?

MATTEO: Non saprei, noi prima non c’eravamo, non abbiamo subito nessun contraccolpo in questo senso. É dura perché al momento Spotify, Instagram e le varie piattaforme dedicate alla musica sono gli unici canali per farsi conoscere, e la soglia di attenzione di chi utilizza Spotify dura pochi secondi, quindi non hai tempo di approfondire il discorso e di entrare a contatto con le persone come succede nei concerti.  La cosa veramente tragica è la strage di locali passata in secondo piano. Quest’anno ho sentito parlare praticamente solo di ristoratori e baristi, mentre Milano è rimasta con forse quattro o cinque locali che, sempre che resistano, potranno ancora dare spazio alla musica emergente a fine pandemia. É quello che succede quando vivi in un paese in cui se dici che da grande vuoi fare l’artista i tuoi parenti ti ridono in faccia e ti chiedono «no dai, seriamente cosa vuoi fare?». La cosa positiva è che mi sono messo il cuore in pace dopo un anno in cui persone che fanno il lavoro che vorrei fare io vengono definite “non essenziali”, e ho iniziato a riconciliarmi con l’idea di fare il professore di italiano.

Siete tornati il 23 febbraio con un doppio singolo, “Funerale” e “Immortali”. Come sono nati i pezzi?

MATTEO: Funerale sinceramente non ricordo, l’abbiamo scritta quest’estate. Credo fosse il primo pezzo scritto al pianoforte, visto che lo avevo appena preso. Immortali l’abbiamo scritta a Capodanno, perché inizialmente doveva uscire un’altra canzone insieme a Funerale, ma non ci convinceva il modo in cui stavano insieme. Allora abbiamo recuperato questa bozza e abbiamo iniziato a lavorarci fino ad arrivare a Immortali.

Perché avete deciso di pubblicarli contemporaneamente?

Perché avevamo un po’ di cose che volevamo pubblicare e quindi abbiamo deciso di fare dei singoli doppi, e di conseguenza perché il doppio singolo consente di approfondire un discorso ma comunque in maniera concisa e sintetica. Ci piace l’idea che queste due canzoni si parlino tra loro, è un unico discorso sul nostro rapporto con la morte, che secondo noi è allo stesso tempo la vera ragione per cui ci sforziamo di attribuire un senso alle nostre vite e la cosa che più di tutte cerchiamo di aggirare legandoci a gioie e sofferenze più gestibili e umane, come quelle che ci causa l’amore. A  livello strutturale poi sono due brani costruiti in maniera analoga, e anche gli strumenti utilizzati sono grosso modo gli stessi.

Siete pronti per un EP?

Si, ma quello a fine anno. Non vediamo l’ora

Cosa avete in programma per il futuro?

Altri doppi singoli, poi suonare un po’ in estate, si spera, e poi un Ep. E poi tornare a Danzica.

C’è qualcosa che vorreste dire ai nostri lettori?

Mi sa che ho già parlato troppo, quindi solo grazie per aver letto tutto o anche solo una parte. Se vi va ascoltateci su Spotify.

Forse Danzica for Siloud

Instagram: @forsedanzica
Facebook: @forsedanzica

Credits: Federico Cardu, PressaCom

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