Gionta, nome d’arte di Antonio Francesco Daga, è un ragazzo di 26 anni proveniente da una piccola frazione vicina alla cittadina di Alghero, in Sardegna.Dopo aver fatto vari lavoretti, ha infine scelto la carriera musicale. Gionta, il nome che lo rappresenta a pieno nel suo percorso artistico, è in realtà una parola che ha un legame molto forte con il passato della sua famiglia. Il suo nuovo album, “Eyes of a desperate soul”, ha la voce come protagonista e l’elettronica come matrice.
Nome: Antonio Francesco
Cognome: Daga
In arte: Gionta
Età: 26
Città: Alghero
Nazionalità: Italiana
Brani pubblicati: 9 (Gionta), 9 (Antonio F), 8 (AplusF)
Album pubblicati: 1 (Gionta), 1 EP (Antonio F)
Periodo di attività: dal 2013
Genere musicale: Trip hop, Elettronica, Cantautorato
Piattaforme: Spotify, YouTube, Amazon Music, iTunes, Apple music, SoundCloud, Deezer, ecc.

Chi è Gionta nella vita di tutti i giorni?
Gionta è davvero un semplicissimo ragazzo di 26 anni, di nome Antonio Francesco e che viene da una piccola frazione vicina alla cittadina di Alghero, in Sardegna. Ha fatto vari lavoretti considerati ‘normali’ ma infine ha scelto (oserei dire coraggiosamente) la carriera musicale.
Gionta è una parola che ha un legame molto forte con il passato della tua famiglia, ma ad oggi ti rappresenta a pieno nel tuo percorso artistico. Perché hai scelto proprio questo nome?
Gionta è semplicemente il cognome di mio padre. Il cognome che avrei dovuto avere anche io ma che purtroppo, per via di varie vicende particolari che a volte accadono nella vita (non a tutti… e va benissimo che sia così), non ho. Ho pensato che il nome d’arte fosse un modo molto romantico di riprendermelo.
Hai iniziato a cantare da piccolo e, in contemporanea, anche ad esibirti. Quali sono i tuoi primi ricordi legati alla musica?
A mia madre piaceva sentire le musicassette. Sin da quando sono nato, in casa si ascoltavano (e tuttora si ascoltano) gli U2, band che lei ha sempre adorato. Ricordo che ascoltavo Alex Baroni, Carmen Consoli, Neri Per Caso, Frankie hi-nrg… ma anche Patty Smith o tutta la new wave anni ’80 fino ad arrivare alla musica elettronica più moderna. Fra i 12/13 anni ho iniziato invece ad esibirmi in contesti hard rock. Ricordo ancora che la primissima canzone cantata su un palco con un pubblico davanti fu Paranoid dei Black Sabbath conosciuti grazie al compagno di mia madre. Poi, siccome sono appassionato di serie TV, con l’arrivo della serie “Supernatural” mi sono avvicinato agli AC/DC e da lì in poi sono arrivati anche gli Iron Maiden, i miei adorati Led Zeppelin e, ancora, tutta la corrente Glam Rock che andava dai Guns ‘n’ Roses agli Aerosmith.
Quali sono i tuoi riferimenti musicali?
Soul e R&B, ma non disdegno assolutamente reggae e funky music. Adoro i Pearl Jam (ho un passo della loro “Black” tatuato sul braccio) ed ho sempre ascoltato e cantato volentieri molti brani appartenenti alla corrente grunge originaria di Seattle (Nirvana, Soundgarden, Mad Season, ecc.) e tutto ciò che ne è arrivato in seguito. Foo Fighters e Muse fra i miei preferiti (adoro e sono palesemente influenzato dalla vocalità di Matt Bellamy). Fra i miei ascolti non può mancare inoltre il cantautorato classico italiano (dal 2013 porto avanti un progetto strettamente legato alla musica cantautorale assieme al mio amico e chitarrista Fabrizio Zara. Negli ultimi anni mi sono invece avvicinato al Trip Hop con formazioni come Massive Attack e Alt-J.
Come è nato il progetto Gionta e come definiresti ciò che fai?
Gionta nasce da ciò che è stato nel 2019/2020 Antonio F. Il progetto nasce con l’intento di creare musica sperimentale con l’armonizzazione della mia sola voce sovra-incisa utilizzando il vocal looping con la loop station facendo in modo che si vada a formare un tappeto musicale di veri e propri accordi sui quali cantarci sopra. Il primo EP (Space Monkeys) è puramente questo. Solo quest’anno con “Eyes of a desperate soul” sono state introdotte produzioni musicali e collaborazioni sstrumental: Matyah (Mattia Uldanck) con beat e composizioni elettroniche; Antonio Fortunato alla chitarra nei brani Lascio, The blackest of visions, Mother e The neverending follow; Federico Morittu al basso nel brano (di evidente influenza reggae – dub) The neverending follow.
Quali sono gli step più importanti del tuo percorso artistico fino ad oggi?
Gli step più importanti fino ad oggi sono: inizio del progetto AplusF, di stampo cantautoriale classico, assieme a Fabrizio Zara nel 2013; tour di 3 date in Polonia sempre con il progetto AplusF nel 2016; collaborazioni con diversi artisti (alcuni dei quali amici fraterni): la più rilevante è assieme all’artista vincitore di Italia’s Got Talent del 2016, Moses Concas (dal 2020 in corso); avrei altre “news” che non posso però effettivamente rivelare.
Il tuo nuovo album, “Eyes of a desperate soul”, ha la voce come protagonista e l’elettronica come matrice. Cosa hai lavorato alla sua produzione e cosa hai voluto raccontare attraverso le varie tracce?
“Eyes of a desperate soul” parla di tutto ciò che riguarda le sensazioni interiori dell’animo umano contestualizzate alla tematica principale trattata, che è il contrasto: si parla di sensazioni legate ai miei periodi di depressione, di delusioni e sentimenti legati ad alcune persone che passano nelle nostre vite e lasciano comunque qualcosa. Si parla di mancanza di comunicazione interpersonale e difficoltà nell’ottenerla, ma anche di dolcezza, spiritualità, mente libera e libertà d’animo più in generale. C’è spesso e volentieri contrasto anche fra musica e parole.
L’idea è partita, come ogni idea musicale della mia vita, dalla mia cameretta mentre riflettevo profondamente su me stesso e sul mio percorso come persona in generale. Ho iniziato quindi a scrivere i testi. Le melodie arrivavano in testa quasi da sole. Prima della produzione di Matyah (Mattia Uldanck) le canzoni erano composte solo da parti vocali in loop che andavano a creare gli accordi, mi veniva dunque facile canticchiare e memorizzare delle melodie che suonassero discretamente assieme alle parole del testo per poi andarle a registrare con la mia loop station. Fra stesura testi, composizione, registrazione e lavori finali di mix e mastering c’è voluto più di un anno. Per registrazione, pre-produzioni, mix e master ci sono voluti quasi cinque mesi da sommare ai mesi precedenti di stesura e composizione.
In che relazione questo singolo si pone con le tue produzioni passate?
Il mio progetto solista nasce nel 2019 sotto lo pseudonimo di Antonio F. Creai il mio primo EP e lo chiamai Space Monkeys in quanto vedevo l’essere umano come una scimmia evoluta che ha tanta voglia e curiosità di scoprire tutto ciò che può essere considerato una novità. Lo spazio è la nostra ultima (?) frontiera per quanto riguarda il campo della scoperta. Questo EP voleva analizzare alcune tematiche legate all’animo umano in maniera totalmente esteriore. Io diventavo (rendevo me stesso direi) un alieno che, dall’esterno, scopriva ciò che è l’uomo: con le sue fragilità ed i suoi limiti. L’alieno imparava dunque anche qualcosa di sé stesso e cominciava ad apprendere come fosse essere un essere umano, appunto. “Eyes of a desperate soul” è un viaggio puramente interiore invece. Una sorta di seguito di ciò che era Space Monkeys. Oserei definirlo un’evoluzione (anche e soprattutto nell’aspetto musicale). In Space Monkeys, la voce era assoluta protagonista attraverso il vocal looping che mi permetteva (e tuttora mi permette, durante le composizioni) di creare un tappeto armonico di veri e propri accordi sovra-incidendo la mia stessa voce e nessun’altro strumento (a differenza dell’aggiunta strumentale di elettronica, soprattutto, ma anche di strumenti tradizionali sempre uniti al mio “solito” vocal looping che si va ad ascoltare in “Eyes of a desperate soul”
Quali progetti hai per il futuro?
I progetti futuri più immediati riguardano l’imminente arrivo dell’estate con alcuni concerti sia nella mia Sardegna che al di fuori dell’isola con i miei progetti personali già elencati prima ed altre collaborazioni con varie formazioni diverse (augurandoci che la situazione lo permetta). Spero inoltre di riuscire ad organizzare una presentazione dal vivo vera e propria per il mio ultimo album “Eyes of a desperate soul”, appunto.
C’è qualcosa che vorresti dire ai nostri lettori?
Se vi fa piacere, ascoltate il mio nuovo album. Farà piacere anche a me! Più in generale però voglio suggerire a voi che leggete: seguite gli artisti, ascoltate ed amate la musica, di invogliare sempre più il prossimo all’ascolto ed alla percezione dei messaggi presenti nella musica. Se ci pensate bene, sono lì che aspettano. Consideriamoci fortunati, perché sono a nostra piena e completa disposizione!
Gionta for Siloud
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YouTube: Gionta Music
Credits: Cassandra Enriquez, Conza Press