Tōru è un ragazzo terribilmente anacronistica con la passione per i film in bianco e nero e per i libri. Si è avvicinato al mondo della musica all’età di tredici anni. Per lui scrivere le canzoni è una forma di ricerca di contatto con sé stessi e con gli altri. È una persona che tende ad annoiarsi con estrema facilità, quindi, anche per quel che riguarda la produzione musicale, cerca sempre di rinnovarsi costantemente.
Nome: Elia Cognome: Vitarelli In arte: Tōru Età: 27 Città: Pisa Nazionalità: Italiana Brani pubblicati: Soli Album pubblicati: Domani Periodo di attività: dal 2019 Genere musicale: Alternative Piattaforme: Spotify, YouTube

Chi c’è dietro Tōru?
C’è Elia Vitarelli, nato nel lontano 1993 in provincia di Pisa. Una persona terribilmente anacronistica con la passione per i film in bianco e nero e per i libri che, annusandoli, odorano di antico. Una persona da evitare, possibilmente.
Perché “Tōru”?
Si tratta di un nome rubato da un romanzo, ovvero “Norwegian Wood” di Haruki Murakami. Un’opera che mescola atmosfere sognanti, con aspetti terribilmente crudi della vita.
Immaginiamo che la musica ti accompagni ormai da molto tempo. Come ti sei approcciato ad essa e cosa ti ci tiene legato?
Grazie a un mio amico che, all’età di tredici anni, mi insegnò a suonare la chitarra. Da allora si è sviluppata una passione piuttosto ossessiva verso la musica, soprattutto per ciò che riguarda la scrittura dei brani. Ciò che mi tiene legato a questo lavoro ancora dopo molti anni è proprio lo scrivere: una forma di ricerca di contatto con sé stessi e con gli altri.
Ti muovi tra cantautorato, indie ed elettronica. Sono questi i generi che più ti influenzano o i tuoi ascolti vanno oltre?
Ascolto tutto ciò che, possibilmente, evita di scadere nella banalità della moda musicale. Non importa il genere, ciò che per me conta è la ricerca musicale e del concetto che sta alla base di una canzone. In linea di massima, ho poca tolleranza verso chi gioca sul sicuro. Ultimamente ho ascoltato molto Stromae e i Talking Heads, anche se il mio dio rimane Roger Waters.
Hai avuto diverse esperienze nella musica fino ad oggi, anche al fianco di nomi importanti della musica italiana. Ti andrebbe di raccontarci dei momenti più importanti della tua carriera nel settore musicale?
Ho avuto modo in questi anni di lavorare con diverse persone, tra cui artisti molto validi come per esempio Lucio Leoni con il quale ho collaborato per il singolo “Il Tempo”. Se devo riconoscere un momento importante nel mio percorso è sicuramente stato l’incontro con il mio produttore Nicola Baronti, grazie al quale, durante questi anni, ho potuto sviluppare al meglio il lato creativo. Un altro tassello fondamentale poi, è stato trovare finalmente dei musicisti validi e affidabili con cui calcare i palchi: avere una band preparata e seria che mi accompagna nell’attività live è un fattore essenziale, per quanto mi riguarda. Sono stato molto fortunato, in questo senso.
Il tuo progetto da solista nasce dall’esigenza di esprimerti confrontandoti direttamente con l tua interiorità. Cosa cerchi di trasmettere a chi ti ascolta e, più in generale, in cosa si caratterizza ciò che fai?
Quando ho iniziato a scrivere i primi brani per questo nuovo progetto, mi sono imposto di essere il più onesto possibile nel trasportare ciò che avevo dentro nei versi delle canzoni che avrebbero composto l’album, e così è stato. Con gli anni ho infatti imparato che la scrittura può essere un ottimo pretesto per poter conoscere e portare alla luce alcune parti di noi che, solitamente, tendiamo a tenerci nascoste. Credo che la responsabilità di chi fa questo lavoro sia proprio quella di scardinare lo status quo delle cose, mettendosi a nudo senza nascondere le proprie paure e le proprie insicurezze.
Ciò che cerco di trasmettere agli altri è quindi questa volontà di scoprirsi e di trovarsi simili proprio per questi aspetti. Una delle soddisfazioni maggiori che abbia mai avuto è stata quella di sentirmi ringraziare da chi si è rivisto dentro i versi di una canzone come “Soli”: la comprensione reciproca, in questo senso, può essere un punto di partenza per resistere al caos che ci circonda.
La musica è evoluzione e questo lo conferma anche il tuo percorso fino ad oggi. Quali sono le tue uscite più recenti e, più in generale, cosa è cambiato nelle tue produzioni nel tempo?
Francamente sono una persona che tende ad annoiarsi con estrema facilità, quindi, anche per quel che riguarda la produzione musicale, cerco sempre di rinnovarmi costantemente. Anni fa usavo distorsioni e amplificatori pesantissimi, mentre adesso nei miei brani non c’è neanche l’ombra di una chitarra elettrica. Continuo a vedere nell’elettronica un grandissimo potenziale nonostante sia un mondo che trovo, a suo modo, pericoloso se non preso con la giusta attitudine: con l’infinità di possibilità che questa riserva, c’è il rischio di perdersi senza arrivare a un punto preciso mentre io tengo ancora molto a mantenere comunque la canzone al centro dell’attenzione.
Sicuramente ho molta voglia di sperimentare e di fare sempre del mio meglio per scoprire nuovi meandri che ancora non ho avuto modo di esplorare.
Sei il primo artista protagonista di “fram(m)enti”, il nuovo format di Pulp Dischi mirato a creare uno spazio in cui si fondono insieme musica, teatro e arti visive. Com’è stato partecipare ad un’esperienza simile e cosa ha significato per te?
Considerando i tempi che viviamo, ritrovarsi su di un palco è di per sé un’esperienza meravigliosa. Ho deciso di proporre un set minimale per valorizzare lo spazio del teatro e devo dire che proporre i brani in una nuova veste, con una formazione del tutto inedita, è stata un’esperienza veramente emozionante, oltre che divertente. I ragazzi di Pulp Dischi han fatto un gran lavoro: non è scontato che un’etichetta emergente riesca, in totale autonomia, a creare un format che garantisca un certo tipo di qualità con il solo fine di aiutare noi artisti in un momento di difficoltà. Sono tipi di realtà a cui è necessario riconoscere il merito e il valore.
Quali progetti hai per il futuro?
Ci sono alcune cose all’orizzonte, ma non posso svelare troppo. Certo è che ho avuto molto tempo per scrivere e questo ha fatto sì che avessi molto materiale su cui lavorare. Di questo sono molto felice.
C’è qualcosa che vorresti dire ai nostri lettori?
Smettete di guardare le serie TV e guardate più film in bianco e nero.
Toru for Siloud
Instagram: @_toru._ Facebook: @Toruitalia YouTube: Toru Credits: Ivonne Ucci, Valentina Aiuto, Pulp Dischi
È online, dal 4 maggio, anche il secondo episodio di “fram(m)enti”. Protagonisti della puntata, incentrata sul tema dello scontro tra Amore e Libertà, sono i brani di Nervi e la voce narrante di Pierpaolo Capovilla.