platini è un cantautore e produttore tendenzialmente complesso che a 8 anni già suonava il sassofono e dopo poco si è dedicato alla scrittura. La sua musica alberga nella contrapposizione tra l’introverso e l’estroverso, un po’ cantautorato e un po’ musica elettronica. Gli piace stare al centro dell’attenzione e far ridere gli altri, ma allo stesso tempo fa fatica a raccontarsi, vivendo con la costante impressione che a qualcuno possa non interessare quello che sta dicendo. Da questo suo bisogno di esprimersi nasce la sua passione per la musica e per la scrittura. Oggi si racconta a noi con “Pronto”.
Nome: Marco
Cognome: Platini
In arte: platini
Età: 29
Città: Borgomanero (NO)
Nazionalità: Italiana
Brani pubblicati: Pronto
Periodo di attività: dal 2020
Genere musicale: Pop
Piattaforme: Spotify, Apple Music, Deezer, Amazon Music, YouTube

Chi è platìni nella vita di tutti i giorni?
platìni nella vita di tutti i giorni è un quasi trentenne che vive in un paesotto nella provincia di Novara, che si chiama Borgomanero, a metà tra il Lago Maggiore e il Lago d’Orta. La mattina si sveglia a un orario non particolarmente precisato, diciamo intorno alle otto, e va a lavoro. Per pagarsi l’affitto, le bollette e la spesa platìni lavora come educatore.
Come è nato il tuo nome d’arte e qual è il suo significato?
Molto semplicemente Platini è il mio cognome. Quando è arrivato il momento di scegliere un nome d’arte ho pensato che il mio cognome, portandomelo dietro da sempre e per sempre, sarebbe stato il nome d’arte meno papabile al fattore “mi ha stufato”. E quindi ecco fatta la scelta.
Hai iniziato a suonare il sassofono ad 8 anni, qualche anno dopo già avevi scritto le tue prime canzoni. Cosa ti ha avvicinato alla musica e cosa pensi ti tenga ancora legato ad essa?
Non saprei precisamente dire dove è nata la mia voglia di musica da bambino, mi ricordo solo che ad un certo punto ho espresso questo desiderio ai miei genitori e mi hanno assecondato. Sicuramente è stato molto importante il periodo delle medie, dove ho iniziato ad avere il mio primo gruppo con qualche compagno di classe, grazie anche ad una professoressa di musica piuttosto illuminata (la mitica prof Benincaso!) che in questo passaggio ci aveva molto supportato. Da lì non ho mai smesso, ormai è una cosa radicata in me, ho sempre voglia di fare musica e mi fa stare bene. Cerco di farmi meno domande possibili sul senso del mio fare musica. Altrimenti non ne uscirei più, sono bravino a ingarbugliarmi il cervello con dubbi di ogni genere.
La tua musica si muove tra il cantautorato e l’elettronica, ma si avverte un background più complesso. Quali sono i tuoi ascolti principali e come si riversano nella tua musica?
Ho sempre ascoltato molta musica italiana, soprattutto quello che per anni finiva nel calderone dell’indie, prima che l’indie invadesse le classifiche. Anche cose non particolarmente conosciute, dall’emo dei Fine Before You Came all’elettronica degli Aucan, passando per pezzi grossi come i Verdena che sono il mio gruppo del cuore. Non sono particolarmente affezionato al cantautorato “classico”, mentre sono più legato a cantautori più “attuali”, uno su tutti Niccolò Fabi. Sono un grande fan dell’indie rock degli anni duemila, amo in particolare modo i dischi dei Klaxons. E sempre guardando fuori dall’Italia negli ultimi anni mi sono appassionato moltissimo ai Bombay Bicycle Club.
Ti piace stare al centro dell’attenzione e far ridere gli altri, ma allo stesso tempo fai fatica a raccontarti, vivendo con la costante impressione che a qualcuno possa non interessare quello che stai dicendo. Cosa cerchi di comunicare a chi ti ascolta?
Fondamentalmente i miei pezzi sono il risultato di cose che ho capito o che vorrei capire meglio o su chi rifletto di me o del mondo che vivo. Penso mi piacerebbe essere capito e condiviso da chi mi ascolta, far pensare a qualcuno “ehi ma anche io sono così” “ma quindi non sono l’unico a pensare o a vivermi questa cosa così”. Ecco, qualcosa del genere.
La tua musica alberga nella contrapposizione tra l’introverso e l’estroverso, tra la voglia di essere preso molto seriamente per ciò che pensi e la voglia di fare divagare. Come definiresti il tuo stile e cosa pensi ti differenzi da altri artisti della scena italiana?
Non saprei dire con esattezza cosa possa differenziarmi, però effettivamente fatico a trovare qualche artista a cui mi senta veramente affine nella scena italiana di oggi. Io ho semplicemente cercato di mettere insieme nella maniera più armoniosa possibili le cose che mi piacciono. La cassa in quattro e gli archi, il pianoforte e i bassi synth, e così via. La voglia di avere una cura precisa ai suoni e agli arrangiamenti ma con l’attenzione sempre rivolta verso la canzone, che per me è fondamentale.
“Pronto” è il titolo del tuo ultimo brano, che in realtà rappresenta anche il tuo esordio. Come hai lavorato a questo singolo?
La bozza del pezzo è nata qualche anno fa, ma lo poi ripresa in mano nella primavera del 2020. Ho sfruttato il lockdown per mettere a fuoco la veste sonora che dovevano avere un po’ di pezzi che avevo, tra cui “Pronto”. Poi la produzione l’ho finita in Auditoria Records, lo studio dove sto producendo tutti i pezzi che poi usciranno, assieme ad Andrea Gentile, che ha anche mixato e masterizzato il pezzo.
In che modo “Pronto” apre la strada al progetto platìni e in che modo anticipa le prossime produzioni?
“Pronto” fa parte di una manciata di pezzi che ho prodotto abbastanza simultaneamente, quindi fa parte di una ricerca sonora e di scrittura comune anche a questi altri pezzi. Lo abbiamo scelto come primo perché ci sembrava adatto a fare da apripista.
Quali progetti hai per il futuro?
Sicuramente dopo Pronto usciranno altri singoli e poi più avanti un ep. E poi sarebbe bello iniziare a portare Pronto e i suoi compagni che usciranno su qualche palco. Ma chissà, in questo momento è difficile pronunciarsi a riguardo.
C’è qualcosa che vorresti dire ai nostri lettori?
Ascoltate “Pronto” e soprattutto ditemi cosa ne pensate!
platini for Siloud
Instagram: @platini.wav
Credits: Claudia Pasquini