Umberto Bravo vive di musica da più di 20 anni, ma solo dagli ultimi due sta cercando di vivere della sua musica e non di quella che faceva per altri. La sua musica è stata definita “neo crossover worldmusic pop”. Da poco è online su tutti i digital stores con “Real”, il suo primo brano.
Nome: Umberto
Cognome: Del Giudice
In arte: Umberto Bravo
Età: 48
Città: Napoli, Roma
Nazionalità: Italiana
Brani pubblicati: Real
Periodo di attività: dal 1990
Genere musicale: Pop
Piattaforme: Spotify, Amazon Music, Deezer, Apple Music, Soundcloud, Youtube, Vevo

Cantante, autore e compositore indipendente: prima dell’artista, chi è Umberto Bravo?
Lo sto ancora cercando… ma comincio ad intravederlo! Ironia a parte, è ben raccontato in “Real”, il singolo appena uscito. Sono un uomo che per troppi anni ha permesso alle incurezze di decidere per lui. Vivo di musica da più di 20 anni, ma solo dagli ultimi due sto cercando di vivere della mia musica e non di quella che facevo per altri. Ho un passato da vocalist che non rinnego, anzi, è stata una grande palestra che mi ha permesso di esibirmi quasi ovunque e darmi la forza e il coraggio di essere oggi un artista indipendente e di proporre finalmente la mia musica.
Sei stato un vocalist che è salito su palchi di molti prestigiosi festival internazionali, ma come ti sei avvicinato alla musica?
Galeotto fu il jukebox nel locale/chalet di famiglia che i miei avevano in Edenlandia, parco di divertimenti a Napoli. In tenera età, si narra, che già adoravo Stevie Wonder e Elton John grazie al jukeboxe. I miei genitori in seguito gestirono un nightclub (a quei tempi un locale con musica dal vivo si chiamava così) che ospitava band americane data la vicinanza ad una base Nato. Poi, durante le scuole medie, il professore di musica notò la mia urgenza nell’esprimermi musicalmente e mi portò allo leggendario Splash di Napoli, una sala di registrazione dove era solito suonare per artisti campani. Da lì passavano artisti come Pino Daniele ed Eduardo Bennato. Poi i primi concerti alla base Nato che a quel tempo era a Bagnoli. Cantavo i Beatles e gli standard jazz. Non so dire di preciso come mi sono avvicinato alla musica, ricordo solo che è sempre stata un elemento fondamentale della mia vita, sin dall’infanzia, fino a diventare un’ossessione. Ancora oggi, la mia mente traduce in musica qualsiasi cosa che l’orecchio ascolta. Ad esempio, anche il phon mentre mi asciugo i capelli mi regala melodie che mi affretto a trascrivere in qualche modo. Il registratore vocale del mio smartphone è pieno di spunti melodici registrati di getto, alcuni anche in piena notte, specie quando mi metto a letto per dormire e c’è totale silenzio. In quel momento mi arrivano sempre melodie.
Umberto Bravo è il tuo vero nome e cognome o un nome d’arte?
È un nome d’arte ma non l’ho scelto io. Non avrei mai scelto un nome d’arte come l’aggettivo ‘bravo’, come se volessi darmi del bravo da solo. In realtà mi è stato appiccicato addosso da uno dei musicisti sulle navi da crociera sulle quali ho ‘militato’ per circa 6 mesi. Era un batterista cubano. Una volta, alla fine di una esibizione, gli chiesi come avessi cantato e lui mi rispose “you’ve been very bravo” dal momento che “bravo” viene usato in tutto il mondo anglofono per fare un complimento ad un cantante, specie a teatro per la lirica. Poi aggiunse “Umberto Bravo! This should be your stage name!” (“Questo dovrebbe essere il tuo nome d’arte!”). La sera dopo, insieme agli altri musicisti, volle farmi uno scherzo. Disse al presentatore di presentarmi come Umberto Bravo. Da allora mi è rimasto appiccicato addosso e mi ha sempre portato bene. In fondo, avrei comunque dovuto trovare un nome d’arte.
Tante esperienze nel mondo della musica, ma quale, tra tutte, ti ha segnato di più?
Se diamo al verbo segnare una accezione positiva, allora è l’esperienza in studio, con i miei musicisti per produrre finalmente della musica mia. In particolare per “Real”, specie per la parte del canto. Cantare un proprio testo su una melodia propria è un’emozione diversa che cantare una cover o un tributo. In senso negativo invece, direi poche o quasi nulla. Di porte in faccia ne ho prese parecchie ma non mi sono fatto abbattere da qualche no ricevuto.
Come definiresti il tuo stile musicale?
Un mio amico americano l’ha definita “neo crossover worldmusic pop”. Non so quanto ci sia di vero in questa definizione, e non so davvero come definire il mio stile musicale, quindi prendo in prestito questa definizione e facciamo finta che l’abbia detta io. So solo che, creativamente parlando, ho bisogno di percorrere sempre strade nuove, sia negli arrangiamenti che nei suoni. La musica può anche intrigare sorprendendo chi l’ascolta con qualche ‘evento’ inaspettato. Mi piace rompere gli schemi, ma soprattutto non mi piace seguire strade tracciate da altri artisti. Di fondo, il mio stile è il prodotto della volontà di averne uno solo mio. In questo modo, credo, di non poter sbagliare, al di là di quanto poi il prodotto musicale rientri o meno nei gusti del fruitore.
Oggi sei su tutti i digital stores con “Real”, il tuo primo brano. Cosa ti ha ispirato?
Il desiderio di liberarmi dell’etichetta di vocalist. Di quello che canta solo cover. “A bella vucell” come diciamo a Napoli. Credo che essere autore delle proprie canzoni e musicarle non solo renda l’artista più completo da un punto di vista tecnico, ma dia anche la libertà di crearsi il proprio repertorio. Oltre a quello, ciò che mi ha ispirato è stato anche il desiderio di raccontare la mia storia, come essere umano, attraverso i testi. Riascoltando i brani che compongono il mio primo Ep che uscirà ad ottobre prossimo, mi sono reso conto che i testi sono quasi tutti autobiografici. Per il resto, sono un grande osservatore, molto curioso, e rubo storie e racconti di amici per farne testi.
Cosa vuole raccontare il singolo?
Parla di me. Di me e di tutte le persone che hanno paura del giudizio, di chi teme sempre di non essere all’altezza, di quelli che si chiedono “Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?”, prima di decidere se andare o no ad una festa. Racconta di tutte quegli schemi in cui la mente si inviluppa a causa di quelle insicurezze. Ma parla anche della soluzione che ho trovato io, quella di reagire e agire, di non restare vittima dei mostri della mente, di non chiudersi in sé stessi. Racconto semplicemente un passaggio di fasi della mia vita, e forse, dal riscontro che sto avendo e dall’andamento del singolo, mi sembra di aver scritto un testo in cui molta gente si riconosce.
Il brano fa parte di un Ep in prossima uscita. Cosa puoi anticiparci?
Saranno 5 brani. O forse 6. O forse 7. No, scusa 12… a dire il vero avrei voluto fare un cd di 12 pezzi, come fino agli anni ‘80 si era soliti fare. L’Ep sarà composto da 5 brani ma, prima della sua uscita, verrà pubblicato il secondo singolo su tutte le piattaforme, e poi, credo a distanza di un mese, l’Ep “Melting Pop”.
Cosa ti auguri per il futuro?
Vorrei suonare dal vivo i miei pezzi al più presto. Meglio ancora se con un pubblico non costretto a rispettare la distanza di sicurezza…
C’è qualcosa che vorresti dire ai nostri lettori?
Ciao, non ascoltate Umberto Bravo perché la sua musica è contagiosa!
Umberto Bravo for Siloud
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