InTheMusic: Alessandro Cenedese, interview

Alessandro Cenedese ha quasi 40 anni, è nato e vissuto a Treviso (a parte una parentesi di quattro anni a Roma e altrettanti a Bologna). Ha fatto molti lavori, ma da tre anni si occupa esclusivamente di diffusione musicale: promuove artisti su Spotify, è un editore musicale, conduce un programma in una radio locale e soprattutto scrive canzoni. “Ballad coi lupi” è il titolo del suo nuovo singolo.

Nome: Alessandro
Cognome: Cenedese
In arte: Alessandro Cenedese
Età: 39
Città: Treviso
Nazionalità: Italiana
Brani pubblicati: Ballad coi Lupi, le favole del nord
Album pubblicati: LaRiva
Periodo di attività: dal 2004
Genere musicale: Pop, Rock
Piattaforme: YouTube, Spotify, Apple Music, Deezer, Amazon Music, ecc.

Chi è Alessandro Cenedese?

Ho quasi 40 anni, sono nato e vissuto a Treviso (a parte una parentesi di quattro anni a Roma e altrettanti a Bologna). Ho fatto molti lavori, ma da tre anni mi occupo esclusivamente di diffusione musicale: promuovo artisti su Spotify, sono un editore musicale, conduco un programma in una radio locale e soprattutto scrivo canzoni.

Il tuo vero nome e quello d’arte coincidono: perché questa scelta?

Ho militato per 10 anni in una band di nome L.ego; sentivo il bisogno che anagrafe e nome d’arte coincidessero perché di fatto sono la stessa persona… è questione di onestà intellettuale, credo. A volte comunque mi prendo la libertà di pubblicare cose bizzarre sotto lo pseudonimo “Lalo”.

Quando e come è nata la tua passione per la musica?

È nata all’età di 8 anni durante una cena coi parenti; qualcuno si è accorto che manifestavo una certa sensibilità musicale, non sono figlio d’arte ma a casa mia si cantava, credo ci sia ancora un VHS dove canto “A chi” di Fausto Leali. Credo di aver abbracciato il linguaggio della musica in tenera età quasi in maniera solenne e istintiva (l’approccio ludico alla musica mi contraddistingue ancora oggi). Attorno ai 14 anni ho noleggiato la mia prima batteria e attorno ai 16 ho cominciato a scrivere, da lì non mi sono più fermato.

Quali sono i generi musicali che ascolti di solito e quali sono, invece, gli artisti a cui ti ispiri?

Ho sempre ascoltato di tutto, partendo dal punk rock fino al metal più estremo (custodisco ancora e gelosamente un plettro firmato dei Pantera). Il disco ‘dell’apertura’ è stato sicuramente “Ok Computer” dei Radiohead. Ho cominciato ad approfondire gran parte della discografia italiana… ho ascoltato moltissimo Afterhours, Bluvertigo, Battisti, Dalla, fino all’artista che considero egoisticamente quasi un parente e che più volte ho visto dal vivo e ascoltato in tutte le sue forme, Franco Battiato.

Hai una lunga carriera nel mondo della musica, fatta di tanti momenti importanti. Ci racconti il tuo percorso fino ad oggi nel settore musicale?

Noleggiammo una batteria per improvvisare una band per festeggiare l’ultimo dell’anno… ricordo che il pomeriggio si provava “Smells Like Teen Spirit” senza aver mai visto uno strumento prima. Ovvio che fu un disastro, ma ci servì per formare gli Headblade, più che una band una scuola di vita, tanta sala prove, i primi concerti, il primo demo in cassetta, l’EP Stencil… momenti straordinari e magici che hanno sigillato il mio patto con la musica che da passione diventò “vocazione”. Essere “il batterista” e fare “solo metal” non mi bastava più, iniziai a scrivere canzoni e, soprattutto, iniziai a scrivere in italiano (uscivo da una storia d’amore molto particolare e scrivere fu doloroso ma molto terapeutico), cercai tra i banchi di scuola nuovi elementi che la pensassero come me e formai i L.ego.

I L.ego sono stati ‘la mia band’, oltre 10 anni di concerti (alcuni anche molto prestigiosi), 3 dischi, il contratto con Enrico Rovelli (storico manager di Vasco), l’illusione di San Remo, l’incubo del sentirsi incastrati tra cavilli burocratici, la rinascita con il disco chiamato non a caso “Con il dovuto distacco”. Poi ogni elemento ha preso la sua strada e la band si è sciolta. Quando già due componenti se n’erano andati, un improvviso e crudele trasferimento di lavoro mi portò nella capitale e sancì la fine del progetto. I primi due anni a Roma furono terribili: non conoscevo nessuno e odiavo il mio lavoro, avevo avuto sì e no tre settimane per chiudere una vita e aprirne un’altra, più brutta, non smisi mai di scrivere. Raccolsi alcuni lavori non finiti dei L.ego e scrissi Ice Queen con Gianluca Ferrante in uno scantinato del quartiere Prati, produssi il video clip “Un caffè con te” (con Paolo Marchione) proprio nella villa sede del tanto odiato lavoro (un modo per esorcizzare il tutto credo), non sapevo bene come ma stava nascendo il mio primo ep da solista “Collezione RomA” ( scritto così perché Roma al contrario è Amor).

Era giunto il momento di ‘tornare a casat, dopo un paio di tentativi andati male con un paio di produttori artistici decisi di dare l’ennesimo colpo di reni e contattai Nicola Manzan (Bologna Violenta, Baustelle, Il Teatro degli Orrori) proponendo del nuovo materiale… ci siamo capiti alla prima nota, alla prima parola e assieme abbiamo prodotto “LaRiva”, il mio primo disco solista: sebbene realizzato con limiti tecnici e di budget rimane una delle produzioni a cui sono più affezionato.

Ricontattai un amico che conoscevo dai primi lavori con gli Headblade, già produttore del primo disco dei L.ego, di molte mie produzioni e compagno di avventure durante i concerti del periodo romano, Marino de Angeli. Oltre alle esperienze in studio ed in duo avevamo entrambi voglia di fare concerti come “band”, fu così che mi presentò ai “Co.so” (Co.so ovvero “consorzio sonoro”), Stefano Andreatta era stato mio maestro di basso e Nicola Ghedin lo conoscevo perché batterista della band di riferimento “Estra”. Marino, Stefano e “Accio”, tutti musicisti eccezionali. Decidemmo di portare “La Riva” dal vivo per un unico concerto l’8 agosto 2020, quel giorno mio padre morì ma decisi comunque di salire sul palco di “Suoni di Marca” ed onorarlo, inutile dirvi che quel concerto rimarrà per sempre nella mia memoria”.

Da febbraio di quest’anno sto facendo uscire una serie di singoli fatti con persone diverse e di videoclip firmati Geremia Vinattieri (geniale film), sono diventato editore e sto producendo parecchio, tra le mie priorità c’è la voglia di scrivere un album pensato come band da produrre e portare dal vivo proprio con i Co.so.

Come nasce un tuo brano e cosa cerchi di comunicare ogni volta?

Cerco di racchiudere nella forma canzone un incastro di musica e parole che possano generare una forma di energia perpetua, utilizzabile da ognuno a proprio modo (plurisemanticità dei testi) e in connessione con frequenze naturali positive o comunque della sfera emotiva.

“Ballad coi lupi” è il titolo del tuo nuovo singolo. Come nasce e come è stato prodotto?

La canzone è stata scritta nella vecchia casa dei miei nonni materni, in condizioni come sempre bucoliche… il fuoco era acceso e fuori pioveva, quando è arrivato il ritornello sono scoppiato in un pianto liberatorio perché quel testo è un’essenza raffinata di un sentimento. La stesura è continuata con Giacomo Molon che ne ha curato anche gli arrangiamenti. Ho registrato quasi subito anche la voce negli studi del fratello, Corrado, i Kalimba. Il brano è rimasto fermo per alcuni mesi finché non l’ho fatto sentire a un mostro sacro come Phil Palmer (tramite la moglie Numa), nell’arco di 24h mi sono arrivate le sue chitarre tra lo stupore e un commosso senso di riconoscenza. La canzone aveva adesso tutto un suo mondo e la palla è passata a Marino de Angeli che ha riordinato tutti i file, ne ha curato il mixaggio e la post-produzione. Volevo un titolo da “avanspettacolo” e nel mentre sono arrivate le edizioni della Warner. Ora siamo pronti a farla uscire come sempre con le mie forze.

Vogliamo approfittare di questa tua nuova uscita per analizzare l’evoluzione della tua musica nel tempo. Come si interfaccia “Ballad coi lupi” con le tue produzioni passate e in che modo anticipa quello che sarà del tuo progetto artistico?

“Ballad coi Lupi” è una canzone postuma di “LaRiva”, i temi sono correlati ma scritti con una nuova consapevolezza. In generale tendo a fare canzoni che non siano troppo legate a un tempo o a una stagione perché la tendenza la fa la massa ma la moda è del singolo. Sono mosso da motivazioni ‘ancestrali’ e personali e continuerò nel tentativo di far del bene nel senso più nobile del termine, assistito da un’onestà intellettuale e convinzione incrollabili.

Quali progetti hai per il futuro?

Promuovere la mia musica, scrivere un disco con i Co.so, contribuire nel far crescere Radio Conegliano nei contenuti e partire con Edizioni Cenedese. In generale direi che c’è la volontà di dare dignità (anche economica) all’attività imprenditoriale musicale tenendo come base imprescindibile la cultura pop.

C’è qualcosa che vorresti dire ai nostri lettori?

Grazie del vostro tempo, ci vediamo in giro!

Alessandro Cenedese for Siloud

Instagram: @alecenedese
Facebook: @alecenedesefb
YouTube: Alessandro Cenedese

Credits: Alessandro Mainini, Conza Press

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