Valerio Vacca, in arte reietto, nato a Bari nel 1991, è un cantautore poliedrico. Si avvicina al rap all’età di 12 anni, affascinato dal modo diretto di raccontare la realtà senza filtri. Si sentiva un emarginato, per questo ha scelto come nome d’arte reietto, per rimarcare il fatto che, quella che una volta poteva essere una parola di disprezzo nei suoi confronti, poi sarebbe diventata il suo grido di battaglia. Raccoglie tanti successi nel corso della sua carriera musicale e oggi è qui per presentarci il suo singolo “Vabbè”.
Nome: Valerio
Cognome: Vacca
In arte: reietto
Età: 30
Città: Bitonto
Nazionalità: Italiana
Brani pubblicati: Vabbè
Periodo di attività: 2021
Genere musicale: R&B/Pop
Piattaforme: YouTube, Spotify, Apple Music, Deezer, Amazon Music, SoundCloud, ecc.

Chi è Valerio Vacca nella vita di tutti i giorni?
Ciao, sono Valerio Vacca, ho 30 anni e vengo da Bitonto (Bari). Al momento la mia base segreta è qui, anche se spero di trasferirmi a Milano. Perché?Nella vita faccio musica e credo che Milano sia un ottimo posto per fare rete con chi è del settore. Vorrei poter dire di far altro, ma dedico la mia vita a questo, come fa uno scienziato per la scienza o un medico per la medicina. Che paragoni beceri, ma ‘Vabbè’, avete capito. Inoltre, ho l’ansia, ogni giorno. Ecco chi è Valerio nella vita di tutti i giorni. Uno che per placare l’ansia, fa musica e, nel tempo libero, sono un appassionato di film/serie tv, videogiochi e piloto droni.
Quando sei diventato reietto e a cosa allude questo nome d’arte?
Boh, credo che reietto ci sono nato, o almeno così penso. Ero cicciottello e vi lascio immaginare cosa accade ai bambini grassocci in tenera età, vengono emarginati. A 12 anni mi sono avvicinato al rap, affascinato dal modo con cui questo genere ti permette di raccontare la realtà in maniera schietta e senza peli sulla lingua, ma amavo anche sperimentare. Univo il rap al canto e negli anni ’90 non era una passeggiata perché i rapper, parlo di chi faceva parte di quella nicchia ‘underground’, erano del tipo: ‘o fai rap e basta, o ti escludiamo’. Figuriamoci se doveva essere ben visto un povero fesso che amava sperimentare e fare suo un genere, distanziandosi dai canoni prestabiliti. Ecco perché reietto. reietto è il mio grido di battaglia, il mio mantra. Una parola dispregiativa a ricordarmi che sì, sono stato un escluso, ma sono un reietto che non si è mai arreso e ha fatto di sé quello che desiderava, senza ascoltare i pregiudizi altrui.
Ti sei avvicinato al rap a 12 anni, affascinato dal modo con cui questo genere riesce a raccontare la realtà. Come si è evoluto poi il tuo rapporto con la musica negli anni?
Non è stata una strada facile quella della ricerca del mio genere. Sì, sentivo il rap come un vestito che mi calzava a pennello, ma che cominciava a starmi stretto quando bisognava rispettare alcuni canoni, come parlare di argomenti di strada nelle canzoni, saper far freestyle, o comunque avere quel carattere da duro e macista, che il genere ‘richiedeva’. Per fortuna le cose sono cambiate, abbiamo tutti una visione più mainstream del rap e questo giova sicuramente a tutti, rispetto al medioevo che abbiamo passato. Come dicevo, ho sempre amato sperimentare e soprattutto cantare. Finalmente posso dire che ciò che cercavo di esprimere nelle mie canzoni, ora posso catalogarlo in un genere che mi permette di cantare e rappare allo stesso tempo, l’ R&B.
Quali generi metti insieme nella tua musica?
Sicuramente c’è un’impronta pop/indie che si unisce ad un rap più melodico, lo ascolterete nei prossimi brani che pubblicherò, ma non facciamoci confondere, la parola adatta è R&B. Non vi nascondo che mi piacerebbe sperimentare anche con un po’ di rock e funky, anche perché ho fatto anche parte di una band funk/rock qualche tempo fa. Per quanto riguarda gli ascolti, sono un appassionato di musica italiana. Ultimamente mi sono avvicinato all’ascolto di musica straniera e sicuramente nei miei brani sentirete le influenze di Chris Brown, Khalid, Kehlani. Per quanto riguarda gli artisti italiani, il mio preferito in assoluto è Mecna. Si contendono il podio Frah Quintale, Coez e Ghemon. Sotto il podio, ma non meno importanti, troviamo Psicologi, Fasma e ultimamente Blanco.
Prima di addentrarci nelle tue produzioni, ci piacerebbe ripercorrere con te il tuo percorso nella musica. Quali sono stati i momenti più importanti fino ad oggi?
Gli eventi che porto nel cuore sono l’esibizione a Casa Sanremo, il viaggio a Milano col mio socio di avventure musicali Falco, per registrare il primo brano al Thaurus e l’esibizione alla Milano Musik Week.
In cosa si caratterizza la tua musica?
Nelle mie canzoni parlo principalmente di me o di quello che mi circonda. Uso la musica come mio diario segreto, quindi ci trovate le mie emozioni, le mie paure, i miei amori. Quello che non dico a voce lo trovi nei miei brani, difatti il mio mantra è “Perché tenersi dentro tutto quanto, quando puoi cantarlo fuori?”
“Vabbè” è il titolo del tuo singolo d’esordio in cui presenti, oltre che il tuo progetto artistico, anche il tuo universo emotivo. Come nasce questo singolo?
Nasce dalla necessità di trovare un senso alla mia tristezza, o comunque agli sbalzi d’umore che caratterizzano principalmente chi è bipolare. Per me era molto importante dire a me stesso che non serve cercare in tutti i modi di essere felice, quasi sforzandosi, se questo comportava il non essere sè stessi. Imparare ad accettare i propri limiti e convivere con le proprie paure ed ansie, che fanno parte del tuo mondo, è in realtà positivo. Solo imparando a conviverci riesci ad apprezzare le piccole cose, quando cerchi di scacciarle ti trovi nel limbo del ‘Va bene, ma poi Vabbè’.
In che modo questo brano si relaziona con le tue produzioni passate e in che modo anticipa quelle future?
Come dico sempre: reietto è Valerio, quanto Valerio è reietto. Non c’è un personaggio, sono io. Valerio ha tanto da raccontare a chi non lo conosce di persona. Quando rappavo, usavo il rap sempre come sfogo, ma, come possiamo immaginare, i ‘problemi’ di un adolescente sono diversi rispetto a quelli di un adulto. Diciamo che al momento sto tirando fuori alcune questioni che molti hanno timore ad esternare. Taboo imposti dalla società? Paura di essere additati come pazzi? Come cantava Vecchioni: “I veri pazzi sono fuori”. Al momento ho solo parlato dell’ansia, ma il perché di quest’ansia lo scopriremo più in là, se vorrò dirlo.
Quali progetti hai per il futuro?
Vorrei tanto portare la mia musica live, magari con una band. Dovrei però ampliare il mio repertorio musicale, ma ci stiamo lavorando. Non so se lavorerò a singoli o deciderò di far uscire un EP o un album, quello che è certo è che reietto ha ancora tanto da raccontare e da raccontarsi.
C’è qualcosa che vorresti dire ai nostri lettori?
Amatevi e bacetti.
reietto for Siloud
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Credits: Ivonne Ucci