Dietro Not a Sad Story ci sono Daniele e Filippo, due ragazzi di Palermo. La loro musica negli anni ha subito diverse variazioni. Ad ogni nuovo lavoro hanno cercato nuove ispirazioni, traendo benefici e insegnamenti da ogni persona con cui hanno lavorato. Il loro ultimo brano si intitola “Rimane l’odore” e affronta il tema dell’elaborazione di un lutto.
Duo: Not a Sad Story
Componenti: Daniele Stagno, Filippo Cimino
Età: 30, 32
Città: Palermo
Nazionalità: Italiana
Brani pubblicati: Waterloo, Rimane l’odore, Surprise, Thom’s spheere, 1st Date, Vacuus, Olga, Bring, Terminal
Album pubblicati: Olga
Periodo di attività: dal 2017
Genere musicale: Indie, Trip-Hop
Piattaforme: YouTube, Spotify, Apple Music, Deezer, Amazon Music, Tidal, Shazam, Soundcloud, Bandcamp
AAA
Chi c’è dietro il progetto Not a Sad Story?
Daniele: Ciao, siamo Daniele e Filippo e veniamo da Palermo, città calda e frenetica dove siamo nati e viviamo ad oggi. Abbiamo rispettivamente 30 e 32 anni e insieme formiamo i Not a Sad Story! Filippo sta terminando gli studi di scultura all’Accademia di Belle Arti di Palermo e io lavoro nel settore vendite. Oltre a dedicarci al nostro progetto, da un po’ di tempo a questa parte, diamo una mano ad altri artisti nelle loro produzioni.
Quando vi siete incontrati e quando, invece, siete diventati un duo?
Daniele: Ricordo bene quel momento anche se sono passati più o meno dodici anni. Mi trovavo in una sala prove parecchio abusiva, nel sottoscala di un vecchio condominio; dovevo provare con la band dalla mia adolescenza e aspettavamo si liberasse la sala. Ricordo di aver sentito provenire dalla sala suoni e riff accattivanti, mai avrei potuto immaginare che dentro stesse suonando una sola persona. La porta della sala si aprì e uscì Filippo.
Filippo: Così cominciammo a parlare, scoprendo di abitare a 300 metri di distanza. Iniziammo a vederci più assiduamente, Daniele lasciò la sua band e ne formammo una noi.
Daniele: Abbiamo vissuto un periodo da power trio grunge, chitarra basso e batteria, seguendo le orme di Nirvana, Verdena e Placebo. Ma gli avvicendamenti alla batteria e le divergenze di vedute ci hanno portato, nel 2015, a voler continuare in due, ripartendo da quello che avevamo provato a costruire sin dall’inizio. Così dopo due anni di ricerca e composizione sono nati i NASS, primo esordio nel 2017 con il singolo Surprise.
Qual è l’obiettivo del vostro progetto artistico?
Filippo: Non saprei, sono tanti, sicuramente la performance live nei nostri discorsi copre una buona parte. In assoluto suonare qui e lì per l’Italia, oggi più che mai, viaggiare per suonare.
Perché questo nome d’arte?
Daniele: Quando abbiamo deciso di intraprendere il percorso in due, dopo la parentesi trio, abbiamo sentito l’esigenza di ripartire da zero, con un nuovo nome, una nuova identità artistica. Un giorno, seduto sul divano, mi sono detto – visti anche una serie di eventi sfavorevoli che stavo vivendo – “sai che, nonostante tutto, non è una storia triste?” Così me lo sono ripetuto più volte in mente, Not a sad story, Not a sad story, Not a sad story, suonava bene e lo sentivo cucito addosso alla nostra storia. Ne parlai con Filippo e fu d’accordo. È stato subito rappresentativo e significativo per noi, perché nel nome era insito il primo segno di resilienza e racchiudeva quella forte connessione con il pubblico che abbiamo cercato di instaurare sin da subito – come a voler diventare una cosa sola, tanto da utilizzare il nome stesso del gruppo come frase di chiusura ai concerti (“Stasera, per un’ora o poco più, non è stata una storia triste”, condividere le proprie emozioni e fare sì che siano riflesso per chi ascolta non è una storia triste, anzi).
Quali sono i vostri riferimenti artistici e quanto influenzano le vostre produzioni?
Daniele: Inevitabilmente quello che più ascolti finisce per influenzarti, anche se negli ultimi anni mi sento molto “itinerante”. Non vi stupireste se, mostrandovi una mia playlist, trovaste un brano di Brunori Sas seguito da uno di XXXTentacion. (ride) A livello chitarristico ho sempre cercato di trarre ispirazione da Alberto Ferrari, Frusciante e Johnny Greenwood; adoro l’elettronica di Lorn e la sensibilità di Sascha Ring (Apparat); l’innovazione dei Phantogram e dei London Grammar; i trip dei Massive Attack, Glass Animals o Alt-J. Durante la stesura di questi ultimi brani, l’artista che più ho ascoltato – oltre Corbin, Post Malone e La Rappresentante di Lista – è stato Colapesce. Mi ha colpito molto la sua capacità descrittiva, sia a livello semantico che emozionale.
Filippo: Credo che buona parte del lavoro di Clark e della Warprecords costituiscano ancora un riferimento deciso per l’approccio alla musica elettronica, ma questa è una minima parte. Un enorme riferimento è Daniele. Invece le varie influenze che accorrono per la stesura di un brano sono tante altre e andrebbero analizzate caso per caso.
Parliamo ora della vostra musica. Come definireste ciò che fate e in cosa credete di essere unici?
Daniele: Sicuramente la nostra musica negli anni ha subito diverse variazioni. Ad ogni nuovo lavoro abbiamo cercato nuove ispirazioni, traendo benefici e insegnamenti da ogni persona con cui abbiamo lavorato, su tutti Roberto Cammarata che ha prodotto i nostri ultimi lavori e ci ha illuminato sotto tanti punti di vista. La cosa che abbiamo sempre messo in primo piano è l’esperienza personale, scriviamo per necessità. Personalmente ho provato a fare tante cose nella mia vita e niente mi ha restituito la gioia, l’emozione, la liberazione che mi ha regalato comporre e cantare una canzone. Ricordo che un sabato suonammo alla Fabbrica 102, un bellissimo locale della nostra città (in quel periodo mi davo da fare come manovale per una ditta edile). Il lunedì successivo, a lavoro, cominciai la ristrutturazione di un appartamento. Uno dei figli dei proprietari di casa era stato al concerto, mi guardò e disse: “Scusa, ma tu non sei quello che cantava sabato? E fai ‘sto lavoro di merda? No, amico, tu devi fare quella cosa lì…” In quel momento ho capito che quella è come una vocazione, che ti venga proposto di essere un prete di periferia o il Papa, se senti quella chiamata devi farlo e basta, anche se non è affatto semplice. Poi se chi ci ascolta si rivede in ciò che cantiamo tutto assume un sapore diverso, sembra davvero di essere un’unica cosa. Not a Sad Story vuole essere un’onda energetica dritta sullo stomaco prima, un abbraccio dopo.
Il vostro ultimo brano si intitola “Rimane l’odore” e affronta il tema dell’elaborazione di un lutto. Ci dite di più?
Filippo: Credo sia uno dei brani migliori del nostro progetto, semplice e diretto. In più Dani non è mai stato più chiaro nella stesura di un testo e Cammarata ha dato un contributo incredibile, tirando fuori un groove pazzesco.
Daniele: “Rimane l’odore” è stato il brano che ha dato il via a questo nuovo lavoro in italiano. Venivo da un periodo particolarmente difficile, avevo affrontato la malattia di mio padre e successivamente la sua scomparsa. Tutto questo mi ha portato a un profondo senso di spaesamento. Avevo spesso la sensazione di non sapere fare nulla, non trovavo stimoli abbastanza forti per impegnarmi, per poi confrontarmi con narcisismo e picchi di autostima. Ho provato diverse volte a buttare giù qualche idea, ma cestinavo sempre tutto, ho persino pensato di non essere in grado di cantare. Fino a quando una notte presi la chitarra in braccio e attaccai con l’arpeggio iniziale, cominciai a cantare e registrai come meglio potevo in quel momento (ad oggi non esiste foglio, appunto o documento che contenga il testo). Rimane l’odore è stata vomitata fuori, e oltre al valore affettivo che gli attribuiamo è stata di fondamentale importanza affinché mi sentissi di nuovo vivo, affinché facessi i conti con l’uomo che stavo diventando.
In che relazione si pone questo progetto con le vostre produzioni passate e in che modo anticipa quelle future?
Daniele: Percepiamo sicuramente più maturità, ma allo stesso tempo ci siamo davvero messi in discussione come non mai uscendo dalla comfort zone dell’inglese, indagando a fondo altre culture, leggendo tanto, smettendo di fumare. Ci siamo messi alla prova registrando con un produttore come Roberto (la prima volta che ci ha visto ci ha detto: “Io non vi porto soluzioni, instillo solo dubbi!”). Ci sentiamo rifioriti ed energici ed è così che intendiamo affrontare il futuro.
Filippo: Credo si collochi come un’evoluzione da Olga, in termini di consapevolezza, maturità e conoscenza – anche tecnica sicuramente. In futuro spero di poter dire la stessa cosa.
Quali sono i vostri progetti per il futuro?
Daniele: Suonare! Dopo due anni passati a programmare e rimandare, dove tutti abbiamo provato ad adeguarci alle realtà digitali e agli streaming, sentiamo l’esigenza di sudare sopra al palco e suonare questi nuovi brani. Sogniamo di avere sempre la stessa passione, lo stesso entusiasmo e soprattutto più tempo da dedicare alla musica.
C’è qualcosa che vorreste dire ai nostri lettori?
Filippo: Prendete le cuffie migliori che avete e ascoltate “Rimane l’odore”! (ride)
Daniele: Di non precludersi nessuna possibilità. Di accogliere il cambiamento come opportunità. Penso che nella vita non ti avvenga nulla che tu non possa affrontare, quindi sentitevi liberi di osare, di fallire, di perdonare, di lasciare ciò che non vi fa più bene. Siate liberi di essere fragili, che non è una storia triste.
Not a Sad Story for Siloud
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YouTube: not a sad story
Credits: Alessandro Mainini, Conza Press