Dietro Comelinchiostro c’è Giorgio Bravi che nella vita si divide tra musica e insegnamento, un altro modo che ha per condividere e lasciare il proprio contributo nel mondo. La musica è sempre stata per lui un modo per comunicare e per esternare quello che ha dentro. Il suo nuovo album si intitola “Epicentro”.
Nome: Giorgio
Cognome: Bravi
In arte: Comelinchiostro
Età: 40
Città: Sant’Angelo in Vado (Urbino)
Nazionalità: Italiana
Brani pubblicati: Zenzero e Noci, Facile, Chissà, Brutti Sogni, Tempi Migliori, La felicità
Album pubblicati: L’isola dei Conigli, Di che cosa hai Paura?, La Pepita Live Session, Epicentro
Periodo di attività: dal 2018
Genere musicale: Spacepop, Teatro Canzone
Piattaforme: YouTube, Spotify, Apple Music, Deezer, Amazon Music, ecc.

Ciao Giorgio, parlaci di te!
Sono Giorgio Bravi e vengo dal Montefeltro, quella terra di mezzo, nell’appennino marchigiano crocevia tra Marche, Umbria, Toscana ed Emilia Romagna. Ho 40 anni e faccio l’insegnante, un altro modo insieme alla musica di condividere e di lasciare il proprio contributo nel mondo.
Come ti sei avvicinato alla musica?
Da bambino cantavo in continuazione, è sempre stato un modo per comunicare e per esternare quello che ho dentro. Ho iniziato a studiare pianoforte alle scuole elementari, poi sono passato alla chitarra. A 15 anni ho formato la mia prima band, che dopo varie evoluzioni è diventata “la bottega del rumore nobile” con cui ho fatto un disco e in 10 anni di attività più di 700 concerti. Facevamo folk. Poi la band si è arenata nella produzione del secondo disco, eravamo in tanti e non tutti avevamo lo stesso approccio, così sono stato qualche anno fermo. Nel frattempo mi sono occupato un po’ di teatro, mia altra grande passione, collaborando con varie compagnie nel territorio di Urbino. Nel 2018, dopo la morte dei miei nonni materni sono ripartito col progetto “Comelichiostro”.
Qual è la storia che si nasconde dietro la scelta dello pseudonimo “comelinchiostro”?
Mia nonna si chiamava Caterina, ma tutti la chiamavamo China (come l’inchiostro appunto). Ho voluto dedicare il mio nome d’arte ai miei nonni perché la loro scomparsa mi ha rimesso in moto una forte emotività, è stato in quel momento che ho avuto l’esigenza di rimettermi a scrivere e a suonare.
Quali sono le tue influenze?
Pensate ad un filo che lega Giorgio Gaber, Fabrizio De André, Francesco Guccini e Franco Battiato alla letteratura del 900 e al teatro di strada… quello è il filo che uso per tessere la mia trama.
Sei fuori con il tuo nuovo album “Epicentro”: quante sono le tracce e cosa hanno in comune?
“Epicentro” è un luogo fisico, un luogo mentale e un luogo emotivo, tutti mescolati assieme… è un disco che parla di chi ogni giorno cerca di raccapezzarci qualcosa… ma spesso non ci riesce. È un lavoro nato dall’esigenza di provare a dare un senso a eventi destabilizzanti e al modo apparentemente assurdo in cui cristallizziamo le situazioni invece di affrontarle. In mezzo, le nostre fragilità e i nostri personalissimi modi di cercare di venirne a capo. Si parla di mafia, si parla di terremoti (fisici ed emotivi), si parla della morte di George Floyd, si parla dell’Italia come fosse una vecchia signora, la vicina di casa del piano di sopra, che non riesce ad orientarsi in questo mondo che cambia troppo velocemente. Si parla di che cos’è la felicità e di come si può cercare di raggiungerla e si parla di quanto molto spesso siamo proprio noi e le nostre paure ad ostacolare la nostra vita e la nostra felicità.
Come hai scelto il titolo “Epicentro”?
Praticamente si è scelto da solo, in uno dei brani (“Brutti sogni”) si fa riferimento esplicito a un epicentro, fisico ed emotivo, una turbolenza che spinge a cercare e a non fermarmi. “Epicentro” è il cuore del viaggio personale che ognuno di noi affronta, il punto di partenza da cui cerchiamo di capire chi e che cosa siamo e soprattutto che cosa vogliamo essere.
Un album che si muove tra chitarre, synth, sperimentazioni e rumori che rimandano al quotidiano. Come definiresti il tuo sound?
La scelta dei suoni e dei rumori è funzionale proprio ad affrontare quel viaggio, un viaggio alla ricerca delle nostre emozioni più nascoste e la musica deve aiutarci a tirarle fuori, a farle uscire dal profondo del nostro animo, dove spesso restano nascoste anche (e forse soprattutto) a noi stessi.
In programma ci sono live?
Quest’anno ho deciso di dividere il tour in due filoni: quello dei club e quello della strada. Dopo un po’ di tempo che avevo smesso ho ricominciato a fare musica di strada. Avevo bisogno di ritrovare il contatto con la gente, credo sia un’esigenza che sentiamo tutti dopo questi anni di forzato isolamento. Così abbino situazioni di strada a serate live in piazze e locali, ho messo in piedi uno spettacolo snello che possa funzionare sia nelle piazze dove la gente passa ed è occupata a fare le proprie cose, sia nei locali dove la gente viene apposta ad ascoltarti; dall’Umbria alla Toscana, dalla Francia al Trentino. Un’estate molto ricca di live per tornare in mezzo alla gente e per ritrovare l’essenza profonda di questo lavoro… comunicare, portare in mezzo alla gente quello che sono, per trovare confronto e per condividere delle domande.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Ho in cantiere un nuovo disco, scritto al pianoforte questa volta, con la produzione artistica di Davide Combusti (The Niro). Questa situazione ha rallentato e ovattato tutto, sento l’esigenza di buttare fuori un sacco di cose… spero di uscire con un nuovo disco per la prossima primavera, si chiamerà “Sulla strada di casa” perché il viaggio che sto affrontando mi sembra mi abbia messo nel sentiero che va verso casa, verso il ritrovare se stessi, attraverso soprattutto il rapporto con gli altri.
C’è qualcosa che vorresti dire ai nostri lettori?
Non disperate, la vita è bella.
Comelinchiostro for Siloud
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Credits: Chiara Giorgi