InTheMusic: Claudio Sirigu, interview

Fin da quando aveva pochi anni Claudio Sirigu veniva spinto da suo padre ad improvvisare cantando mentre lui suonava la chitarra: questi i suoi primi ricordi legati alla musica. Il suo genere di riferimento è il cantautorato, anche l’impronta delle sonorità indie pop si sente nelle sue ultime produzioni. Il suo nuovo album si intitola “Ricerca”.

Nome: Claudio
Cognome: Sirigu
In arte: Claudio Sirigu
Età: 20
Città: Milano
Nazionalità: Italiana
Brani pubblicati: Schizofrenia, Nessuno, La strada di casa mia, Musica da circo, Cercarmi fra le nuvole
Album pubblicati: Futuro Anteriore, Stop/Musica da circo, Il cielo sotto casa, Aria, Ricerca
Periodo di attività: dal 2017
Genere musicale: Cantautorato/Indie-pop
Piattaforme: Spotify, Amazon Music, Tidal, Deezer, Youtube, Apple Music.

Chi è Claudio Sirigu nella vita di tutti i giorni?

Sono un ragazzo di 20 anni, nato e cresciuto in provincia di Milano in una famiglia originaria del sud Italia, a cui sono molto legato. Vivo al confine tra le provincie di Milano e Bergamo, mi sono diplomato poco più di un anno fa come manutentore elettronico ed ora studio per diventare fonico.

Come mai hai deciso di mantenere il tuo vero nome anche in arte?

È stata una scelta estremamente naturale, non credo di essermi mai posto il dubbio. Fin da piccolo sono stato abituato ad ascoltare molto cantautorato italiano, in cui la pratica di adottare un nome d’arte non è così diffusa come può esserlo ad esempio nel rap o nell’indie oggi, quindi mi sono sempre immaginato così.

Sei nato in una famiglia di musicisti, quindi la musica scorre da sempre nel tuo sangue. Quando però hai capito di trasformare questa passione in qualcosa di più? 

Da questo punto di vista mi sento davvero fortunato, perché ho sempre avuto pieno sostegno in famiglia, e fin da quando avevo pochi anni venivo spinto da mio padre ad improvvisare cantando mentre lui suonava la chitarra, forse sono questi i miei primi ricordi legati alla musica. Sempre da piccolissimo, mi è stato raccontato perché io avevo davvero troppi pochi anni per ricordarlo nitidamente, mi mettevo davanti allo stereo e giocavo con l’equalizzatore e con i compact-disk, con i quali non avevo un buonissimo rapporto a dire il vero, dato che mi piaceva strisciarli sui muri o sul pavimento, tant’è che mio padre dovette nascondermene parecchi per salvaguardarli. Mi piacevano molto invece le audiocassette, me ne facevo comprare moltissime e ci registravo su, o dalla radio e dai cd, oppure se avevo la fortuna di trovare qualche stereo con microfono incorporato, premevo “rec” ed improvvisavo cantando a cappella. Crescendo vi fu un periodo in cui mi allontanai un po’ dalla musica, attorno ai 10/11 anni avevo sviluppato altre passioni, tra cui l’astronomia per cui ero assolutamente fissato,  e la musica stava scivolando un po’ più in basso nella graduatoria dei miei interessi, fino a quando non mi appassionai agli strumenti a fiato, mi feci regalare un flauto di pan, strumento tra l’altro splendido ma per cui mi sono rivelato assolutamente negato, passando poi al clarinetto, che riaccese definitivamente la mia passione per la musica. La vera svolta arrivò però quando mi approcciai ad una vecchia tastiera che avevo in casa, conoscevo appena le note perché avevo frequentato un corso base di pianoforte alle scuole elementari, di lì a poco imparai, da autodidatta, a costruire i primi accordi, scoprendo il piacere di poter comporre sfruttando uno strumento polifonico imparai anche qualcosina sulla chitarra da mio padre, che poi continuai ad approfondire autonomamente. Nel giro di un paio di anni avevo iniziato a comporre i primi brani strumentali, e scoprendo Garageband iniziai anche a costruire dei rudimentali arrangiamenti sul cellulare. Ebbi un po’ di timore nell’iniziare a cantare, non è mai facile intorno ai 14/15 anni, per di più in un periodo in cui i miei coetanei ascoltavano solo rap, così ci misi un paio di anni e due dischi di abbozzate demo strumentali prima di lanciarmi e lasciare ai miei un disco demo di “Futuro anteriore” registrato col cellulare, fu a quel punto che i miei spinsero per farmi iscrivere in SIAE e mi portarono in studio a registrare, era il Gennaio del 2017 e da quel momento cominciai il mio percorso nella musica.

Da cosa ti lasci ispirare per le tue produzioni?

In generale prediligo la musica italiana, sono cresciuto sentendo sempre in casa un certo tipo di cantautorato, che credo mi abbia influenzato parecchio, mia madre mi proponeva di continuo Cesare Cremonini e Mango, mio padre invece preferiva Claudio Baglioni o Marco Masini, a me è sempre piaciuto (e piace tutt’ora) il modo di scrivere di Samuele Bersani, poi crescendo, come è normale che sia, mi sono progressivamente creato io dei gusti musicali più vari, passando dal rap nel periodo in cui andava forte, alla rivoluzione indie, che mi ha dato tanti spunti musicali e per certi versi anche un genere a cui appartenere, tuttavia dentro continuo a sentirmi più affine al cantautorato e all’alternative rock italiano che all’indie, ad esempio mi piacciono molto i Baustelle, ma non disdegno progetti musicali prettamente più indie pop come I Cani, gli Amor Fou, Colapesce e Fulminacci. Ultimi ma non meno importanti, mi piacciono molto lo smooth jazz e la bossa nova, ma ho sempre fatto un po’ fatica a conciliarli con il mio modo di fare musica, magari potrei sperimentare in questa direzione nei prossimi anni, chissà.

Sei molto giovane, ma considerando che il tuo primo album è stato rilasciato all’età di 16 anni, si può certamente dire che ne hai fatta di strada. Quali sono stati i momenti più importanti fino ad oggi nel settore musicale?

Credo che l’episodio più determinante sia stato l’assistere in studio al mixaggio del mio secondo album “Stop/Musica da circo”, avevo 16 anni e avevo sacrificato parte della mia estate lavorando in una fabbrica vicino casa per potermi permettere un mix completo di 16 brani in un vero studio di registrazione, quindi già di base sentivo di essermi guadagnato personalmente la finalizzazione di quell’album senza dover dipendere economicamente dai miei, in più avendo avuto la possibilità di assistere a tutto il processo mi ha enormemente colpito, lì ho capito che sarei voluto diventare anche io un fonico. Un altro evento che ha cambiato molto il mio modo di vedere la musica è stato l’entrare a contatto con Asux Records: io, salvo una manciata di produzioni fatte per qualche rapper emergente, ero sempre stato abituato, non per egoismo ma per necessità, a fare tutto da solo, l’entrare in contatto con altre persone che vivono la musica come me ed il collaborarci, sia come fonico che come coautore, mi ha fatto sicuramente bene.

Parlaci ora del tuo stile: in cosa si caratterizza e come si è evoluto nel tempo?

Come già detto, il mio genere di riferimento è il cantautorato, anche se credo che l’impronta delle sonorità indie pop si senta nelle mie ultime produzioni. Diciamo che, a livello di qualità sonora, in “Futuro Anteriore” cercavo di fare tutto alla meno peggio, ero un ragazzino di 15 anni con un cellulare con su garageband, una tastiera midi ed un computer portatile non proprio prestante, già in “Stop/Musica da circo” riuscì a far suonare il tutto un po’ più vicino a come lo avevo in testa, anche per grande merito del fonico che lo ha mixato, successivamente con “Il cielo sotto casa” ho provato a far da solo anche la post produzione, con risultati diciamo non proprio eccellenti, c’è stato qualche miglioramento in “Aria”, mentre credo di aver fatto un discreto lavoro su “Ricerca”, e sono molto contento che tra i vari feedback che ho ricevuto questa differenza con l’album precedente si sia notata. In linea generale sono sempre stato abbastanza sul pop, tranne in “Aria” dove con alcuni brani mi sono lanciato più verso l’indie rock, ed è stato un bell’esperimento, che però ho iniziato e chiuso con quell’album, tornando già con “Ricerca” a sonorità più simili a quelle degli album precedente. In generale descriverei la mia musica come un cantautorato indie-pop/rock, anche se faccio sempre fatica ad etichettare la mia musica in un genere preciso.

Il tuo nuovo disco si intitola “Ricerca”: come nasce e come è stato prodotto?

“Ricerca” nasce dall’esigenza di raccontare un periodo difficile della mia vita, è uscito a quasi 2 anni da quando ho buttato giù le prime idee, tant’è che mentre usciva “Aria” io stavo già scrivendo alcuni dei brani, finito di scrivere i brani ho deciso di prendermi tutto il tempo necessario per produrlo, che alla fine è risultato essere di circa 5 mesi. Ad eccezione del primo brano “Un pezzo di cuore”, in cui ha curato l’arrangiamento e la scrittura degli archi Natan, ho lavorato personalmente ad ogni brano, suonando basso, chitarre, tastiere e programmando tutte le parti midi, dopodiché sono passato all’arrangiamento ed, infine, ai processi di mix e mastering che mi hanno portato via la maggior parte del tempo, ma di cui posso dire di essere soddisfatto, per di più aver fatto tutto ciò nel mio home studio, con una strumentazione comunque modesta, mi rende estremamente orgoglioso. Ho anche rispolverato il clarinetto, suonando un piccolo assolo in “Schizofrenia”, cosa che non facevo dai tempi di “Futuro anteriore”.

Qual è il filo conduttore tra le varie tracce e cosa hai voluto raccontare, nel complesso, ai tuoi ascoltatori? 

 “Ricerca” è un po’ la storia del periodo complicato che ho vissuto tra la seconda metà del 2019 e la prima del 2020, in cui ho perso tante certezze e soprattutto la maggior parte dei rapporti interpersonali più importanti che avevo, culminata poi con la fine delle scuole superiori che racconto in “Cercarmi fra le nuvole” e l’avviarsi verso un futuro tendenzialmente ignoto, con tutte le difficolta del voler tentare una professione musicale in questo periodo difficilissimo per il settore dovuto alla pandemia. “Ricerca”, per quanto sia, sotto molti punti di vista, triste, vuole comunque ricordare a chi ascolta che le difficoltà esistono e fanno parte della vita, tutti prima o poi ne affrontiamo, e che, per quanto possano abbatterci, rappresentano una parte importante del nostro percorso di crescita personale, nel mio caso sono state fondamentali per migliorarmi ed imparare a relazionarmi con chi mi sta attorno.

Hai dei progetti per il futuro? 

Voglio prendere il tutto con molta calma, attualmente sto collaborando ad alcuni progetti molto interessanti, principalmente come fonico ma non solo, se tutto andrà per il verso giusto inoltre l’estate prossima dovrei riuscire a terminare gli studi come tecnico del suono. Tra le varie idee che potrei portare avanti mi piacerebbe moltissimo arrangiare e rinnovare un po’ “Il cielo sotto casa”: è stato il mio primo album registrato autonomamente e perciò suona qualitativamente molto più “demo” degli altri, mi farebbe piacere rendergli giustizia e produrlo un po’ più decentemente, ci penso da parecchio ma non ho avuto tempo nell’ultimo anno, forse questa sarà la volta buona.

C’è qualcosa che vorresti dire ai nostri lettori?

Grazie di cuore se siete giunti fino a qui.

Claudio Sirigu for Siloud

Instagram:@claudi0sirigu_
Facebook:@claudiosirigu01
YouTube: Claudio Sirigu

Credits: Asux Records

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