InTheMusic: Moonmine, interview

Lorenzo Ciavola, in arte Moonmine, è un giovane adulto che ha il fuoco dell’arte dentro, mai sopito. Che mantiene intatta la vitalità e la creatività di un 20enne, con la consapevolezza e la maturità di un 40enne. Il suo stile è molto particolare o, per meglio dirla, personale: il suo bisogno/obiettivo è quello di tramutare e far confluire tutte le influenze musicali e artistiche in generale in un percorso unico, riconoscibile, non catalogabile né etichettabile.

Nome: Lorenzo
Cognome: Ciavola
In arte: Moonmine
Età: 39
Città: Latina
Nazionalità: Italiana
Brani pubblicati: Uccidimi, See the sky, What you give
Album pubblicati: My revolution (EP), Private Conversations (EP)
Periodo di attività: dal 2020
Genere musicale: Free pop, Art rock, Indie pop, Lo-fi
Piattaforme: Spotify, Youtube, Bandcamp, Deezer, Amazon Music, Apple Music, Soundcloud, Jamendo

Chi è Moonmine nella vita di tutti i giorni?

Sono un giovane adulto che ha il fuoco dell’arte dentro, mai sopito. Che mantiene intatta la vitalità e la creatività di un 20enne, con la consapevolezza e la maturità di un 40enne. Vengo dalle Marche, Fabriano, la famosa città della carta. Ci sono nato e vissuto per 30 anni, ambiente al quale ho dato e devo molto. Anni di studio, di associazionismo, attività varie, progetti musicali, impegno nel sociale. La musica è sempre stata un filo conduttore. Mi sono poi trasferito a Latina, vicino Roma, per varie vicissitudini, dove attualmente ancora vivo. E tutt’ora mi barcameno tra una solida professione all’interno di un’azienda di produzione chimica industriale e l’impegno, totalizzante, riguardo il percorso artistico che sta dietro a MOONMINE, che curo da solo in ogni fase. E che vorrei sinceramente possa diventare l’unica attività lavorativa, perché è, detto tra noi, ciò che unicamente mi rappresenta e che dà un senso alla mia vita e a tutto quanto fatto fino ad ora. Mi fa svegliare la mattina smanioso. E voglio farlo senza scendere troppo a compromessi, come sto già facendo.

Parlaci del tuo nome d’arte: come nasce, qual è il suo significato e in che modo ti rappresenta?

Cercavo un nome che in sintesi mi rappresentasse, che suonasse bene,  che fosse di respiro internazionale e che non fosse confuso con nessun altro. Ho svolto un grande studio sul web, se cerchi bene ad oggi non è esiste nessun altro MOONMINE come artista. Sono io, sono solo io. Moon is mine, la luna è mia, quel luogo dei sogni dove mi rifugio e che sono sempre pronto a raggiungere, dove posso nascondere tutto quello che non dico e non faccio vedere. Ma faccio sentire e trasmetto, tramite la mia musica.

Vorremmo sapere di più sul tuo avvicinamento alla musica. Quando hai deciso di voler essere un artista e, secondo te, qual è il ruolo che questa figura ha nella società attuale?

Mi ricordo di quando da piccolo con mio padre ci sedevamo in salotto nella vecchia casa e si cantava anche insieme ai miei fratelli accompagnati dalla sua chitarra, le canzoni storiche di un canzoniere. Mi ricordo di quando chiesi a 9 anni di potermi iscrivere alla Scuola di Musica per imparare a suonare il pianoforte. Avevo capito. Mi ricordo di quando mio zio poco dopo mi regalò una musicassetta di Glenn Miller. Fu la folgorazione, l’incontro con la cultura americana che mi cambiò radicalmente. A 15 anni capii che volevo fare la rockstar e nessun’altro lavoro. Gli anni sono passati, ho fatto tanto altro, ma nel cassetto è rimasto il sogno. Che due anni fa sono stato pronto a tirare definitivamente fuori. Ho scoperto tardi ma non lo è mai, troppo tardi, chi sono. Un artista. Tutti i giorni. E che ha bisogno di esprimersi musicalmente e condividere il suo pensiero con il mondo in questa maniera. Senza scendere troppo a compromessi con l’”industria discografica” e lo “zeitgeist” mediatico, come penso sia doveroso. L’artista dovrebbe opporsi alle tendenze predominanti. Forse oggi, è una mia sensazione, si tende troppo ad andare sul sicuro, per il bisogno di monetizzare. E lo comprendo. Ma non lo condivido.

Il tuo stile è molto particolare o, per meglio dirla, personale. In ogni caso, ti associ principalmente al genere indie: quali sono i tuoi riferimenti artistici e cosa significa per te essere “indipendenti”?

Fa piacere che risalti questa “percezione”. Il mio bisogno/obiettivo è quello di tramutare e far confluire tutte le influenze musicali e artistiche in generale in un percorso unico, riconoscibile, non catalogabile né etichettabile. Le definizioni che a volte uso servono per rendere delle idee, ma spesso sono fuorvianti. “Indie” è un termine oramai più che abusato, perché di “indie” vero tutto quello a cui si fa riferimento, qui in Italia specialmente, non c’è nulla. “Indie” significa “indipendente” dai contesti generalisti e in opposizione alle tendenze usuali. Cosa c’è di indipendente in quello che possiamo ascoltare tutti i giorni, perlomeno nella stragrande maggioranza dei casi? È un prodotto seriale. Molto, troppo simile a sé stesso. Penso che partendo da tutte le mie super eterogenee conoscenze, (dalla musica classica al post rock, dal jazz al pop commerciale, dal folk al funk, dallo stoner al reggae) e seguendo le mie intuizioni e la ricerca che porto avanti ogni giorno, io possa trovare una via unica nel panorama musicale odierno. Amo Bach come James Blake, non posso fare a meno dei Led Zeppelin, mi emozionano molto gli Alt J. Ray Charles spesso fa conversazione con Neil Young che duetta con i Protomartyr, davanti a me. E Frank Zappa è sempre dietro l’angolo.

La tua musica va molto aldilà del concetto intrinseco in essa, vuole essere un veicolo di messaggi e concetti. Cosa vuoi comunicare con i tuoi brani e che valore dai al tuo progetto artistico?

In questo primo periodo di attività mi sono spesso concentrato sul bisogno primario: la libertà. Libertà di essere, di rifiutare, di pretendere, di non accettare. Lo svincolarmi da sovrastrutture mentali e sociali che non mi appartengono e che rifiuto categoricamente. La libertà di non scendere a compromessi e di valutare che non c’è mai un solo modo di dire e fare, che non sempre ciò che è giusto per la massa debba esserlo per tutti. Il mio percorso artistico vuole caratterizzare questo approccio nella maniera più aperta possibile, senza accettare di doversi piegare agli standard. Credo che sia la più grande missione dell’arte.

Parlaci delle tue produzioni più recenti e di come queste si relazionano con quelle passate. Come si è evoluto il tuo stile nel tempo?

Sono partito con il primo EP, “Private Conversations”, del 2020 dove mi approcciavo quasi interamente a chitarre acustiche e voci; sì, al plurale, mi è sempre piaciuto molto sovraincidere ed orchestrare, arrangiare. Sempre a supporto di un corpus melodico imprescindibile. Folk sognante e blues slabbrato. Poi ho iniziato a “produrre” di più, a introdurre tante altre delle mie influenze, molto funk soprattutto, psichedelia, rock alternativo. Aggiungendo basi ed elaborazioni varie dei brani. Ma mai arrivando ad una definizione precisa. Sono arrivato a concepire l’idea di un “free pop”, come lo chiamo io dove la melodia è punto focale, ma attrattiva di tutto il resto, senza limiti né compromessi. Un pop “libero”.

Andiamo ora più a fondo. Conoscendoti, ci siamo accorti che parli spesso di arte: ci sembra quasi che per te la musica sia un’opera d’arte più che un prodotto commerciale. Nella tua visione, credi sia giusto avere paletti nell’arte oppure è necessario che a questa sia data la massima libertà di espressione?

Qui sorge spontanea una domanda: vuoi “campare” di musica oppure no? Ebbene: è probabile che per avere una buona remunerazione dalla propria attività si debba quasi necessariamente ricalcare certi stilemi, non solo musicali quanto anche comunicativi. Ma poi allora l’arte cos’è? L’arte non deve anche essere di “rottura” con il presente? Penso si possa fare musica senza fare arte (spesso accade), come fare arte senza essere commerciali (accade ancor di più), nel senso di avere buona risposta dal mercato. Ma credo ci possa essere una via facendo arte rimanendo sé stessi, e ottenere nel tempo un più che soddisfacente apprezzamento e seguito. Senza imporsi troppi paletti per risultare “appetibili”. L’importante è essere sé stessi, coerenti ed autentici, originali. Il pubblico apprezzerà.

Il concetto di libertà può essere ampio e, per certi versi, discutibile. Ci viene quindi spontanea una domanda: cosa vuole dire essere liberi per te e cosa, questo, implica?

Guardate, la libertà è complicata. E vi faccio un esempio calzante. Negli anni post giovanili ho avuto in me il crescente bisogno di indipendenza economica e quindi di libertà. Ciò che di fatto ho raggiunto, facendo tutt’altro rispetto al sogno adolescenziale, e che mi ha portato ad oggi ancora ad occuparmi anche di altro. Ma allo stesso tempo, è esploso di recente il bisogno di libertà, quello più puro, di essere me stesso e dedicare tempo e vita, totale, a ciò che sono realmente. Un artista che vuole occuparsi esclusivamente di musica. Però, alla sua maniera, in piena libertà da vincoli, rapporti e relazioni con le sovrastrutture. E questo come potete ben immaginare è di enorme difficoltà, perché per certi versi sei un po’ tagliato fuori da certe situazioni e risultati, ma mi permette di non scendere a patti. E so che alla lunga, pagherà.

Come credi si svilupperà il progetto Moonmine e quali obiettivi ti sei proposto per il futuro?

Ho introdotto, proprio di recente, una grande novità: ho scritto e cantato IN ITALIANO, è uscito “Uccidimi”, il mio nuovo singolo, il 3 dicembre. Per me è stato un mettermi a nudo incredibile. Ma ho sentito di farlo e mi ci sento bene, mi calza. Ma è una svolta parziale, amo comunque l’inglese e fondamentalmente mi pongo due grandi obiettivi: conquistare l’Italia e il mondo. Il prossimo anno riuscirò, spero, finalmente a terminare e pubblicare il mio primo “full length”, dal titolo (guarda caso) “Free.pop.”, pop intriso di rock, funk, blues, folk, jazz, elettronica. 13 tracce tra lingua inglese e italiana. Un urlo squarciante. Una dichiarazione. Un manifesto. Non mi renderà ricco, ma credo mi aprirà delle strade, credo mi cambierà la vita.

C’è qualcosa che vorresti dire ai nostri lettori?

Siate sempre voi stessi, ascoltate i consigli ma poi fregatevene, non abbiate paura. Rischiate. La vita è ora. Poi non ci saremo. Possiamo sempre cambiare le nostre sorti, anche da grandi. Non è mai troppo tardi.

Moonmine for Siloud

Instagram: @moonmine_ismymusic
Facebook: @moonminemusic
YouTube: Moonmine

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