InTheMusic: Mario Pigozzo Favero, interview

Mario Pigozzo Favero fino a qualche anno fa suonava in una band che si chiamava Valentina dorme. Ora, in occasione del suo primo lavoro solista, nessuna maschera, solo il suo nome vero. È essenzialmente un cantautore: tende a rispettare certe piccole regole per poi lasciarsi andare e abbracciare volentieri sperimentazioni e stimoli esterni. Ha da poco rilasciato un nuovo brano, “Ai defilati”, descritto come una sorta di spoken word accompagnato da un loop ritmico vellutato.

Nome: Mario
Cognome: Pigozzo Favero
Età: 52
Città: Treviso
Nazionalità: Italiana
Brani pubblicati: Ai defilati
Periodo di attività: dal 1994
Genere musicale: Rock
Piattaforme: YouTube, Spotify, Apple Music, Deezer, Amazon Music, ecc.

Chi è Mario Pigozzo Favero nella vita di tutti i giorni?

Lavoro come educatore in una cooperativa sociale e mi occupo di tossicodipendenza e salute mentale.

Qual è l’idea artistica dietro la scelta del tuo nome d’arte?

Fino a qualche anno fa suonavo in una band che si chiamava Valentina dorme. Ora, in occasione del mio primo lavoro solista, nessuna maschera, solo il mio nome vero.

Sembra che tu abbia parecchia consapevolezza della musica. Come nasce questa tua passione e quando si è trasformata in un qualcosa in più?

Non so quanto si possa parlare di “consapevolezza”. Fin da bambino la musica è stata per me un atto legato all’istinto e alla necessità di esprimermi attraverso – spesso strampalate – composizioni. Con il tempo ho incontrato molte persone che mi hanno aiutato a trovare un equilibrio e dare un senso alle mie canzoni.

Quali sono le tue principali influenze?

Tre grandi filoni: il cantautorato italiano (da Tenco a De André, per citare due dei miei favoriti); la New Wave inglese (The Sound, The Cure, The Smiths su tutti), il post punk americano (Sonic Youth in primis) e tutte le derive possibili in ambito hardcore (Fugazi) o più classicamente rock (Thin White Rope).

Sappiamo che hai una forte esperienza nel settore. Quali sono stati i momenti più importanti della tua carriera nella musica fino ad oggi?

Tutti i lavori pubblicati con i Valentina dorme sono stati importanti per me. Forse quelli che hanno ottenuto più visibilità sono stati “Capelli Rame” del 2002 che ci ha portato a vincere il premio come miglior esordio dell’anno per la rivista Mucchio Selvaggio e “La carne” del 2009 che ci ha concesso di suonare in buona parte della penisola.

Hai messo in stand-by il tuo percorso con la band, dando spazio al tuo progetto da solista. Come definiresti il tuo modo di fare musica e in cosa si caratterizza il tuo stile?

Sono essenzialmente un cantautore. Tendo a rispettare certe piccole regole (alternanza strofa/ritornello, studio sulla melodia e sul testo) per poi lasciarmi andare e abbracciare volentieri sperimentazioni e stimoli che spesso arrivano da chi ha la bontà di collaborare con me nell’arrangiare i pezzi.

Hai da poco rilasciato un nuovo brano, “Ai defilati”, descritto come una sorta di spoken word accompagnato da un loop ritmico vellutato. Come nasce questo brano e quali tematiche tratti?

Una canzone nata per caso giocando con un beat che ho “scarabocchiato” con il cellulare. D’istinto ho registrato alla meglio l’idea ritmica, unendoci un testo scritto di getto. Poi l’ho fatta ascoltare a Martino Cuman (produttore e principale autore degli arrangiamenti del disco) che l’ha trasformata nella meraviglia che potete ascoltare adesso, dopo mille riscritture e stratificazioni strumentali.

Come hai lavorato alla produzione del brano e in che modo si relaziona con le tue release passate?

Non c’è grande relazione tra “Ai defilati” e le mie composizioni abituali. Ospita beat e suggestioni lontani da quelli a cui ero abituato. Una chitarra magrebina per me assolutamente inedita (e bellissima, opera di Marcello Batelli, n.d.a.) e una tromba meravigliosamente impazzita e gentile insieme. Mi pare uno dei brani più lontani da quello che ho sempre fatto e, contemporaneamente, uno dei pezzi di cui sono orgoglioso senza riserve.

In che modo “Ai defilati” anticipa le tue produzioni future e, più in generale, quali sono i tuoi progetti nel breve e nel lungo termine?  

Beh, è il brano che introduce l’avventura di questo nuovo disco. Speriamo sia il primo passo per una nuova serie di concerti. Me lo auguro davvero, la band che abbiamo in testa è strepitosa. E, in generale, mi auguro che il disco piaccia e venga ascoltato da più gente possibile. Possibilmente con la giusta attenzione.

C’è qualcosa che vorresti dire ai nostri lettori?

Vaccinatevi e niente discorsi intorno alla fata turchina.

Mario Pigozzo Favero for Siloud

Instagram: @mariopfavero
Facebook: @mpigozzofavero

Credits: Dischi Soviet

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