Tommaso La Notte è un ragazzo di 20 anni con i capelli rossi, le lentiggini, che calza quasi sempre calzini diversi e lo stesso paio di scarpe da quattro anni. La sua musica può essere definita un crocevia tra un approccio pop o forse indie e un approccio letterario. “Una poesia di Montale” è il suo nuovo singolo, in cui il senso di vuoto è scandito dalle note di un pianoforte.
Nome: Tommaso Cognome: La Notte In arte: Tommaso La Notte Età: 20 Città: Bari, Torino Nazionalità: Italiana Brani pubblicati: Passano i treni, La fine del capitalismo, Shampoo alla camomilla Album pubblicati: Nostalgia Periodo di attività: dal 2017 Genere musicale: Cantautorato Piattaforme: YouTube, Spotify, Apple Music, Deezer, Amazon Music, ecc.

Chi è Tommaso La Notte?
Tommaso La Notte è un ragazzo di 20 anni con i capelli rossi, le lentiggini, che calza quasi sempre calzini diversi e lo stesso paio di scarpe da quattro anni. Vive a Torino, ma è nato a Bisceglie ed è vissuto nei primi 19 anni di vita a Giovinazzo, in provincia di Bari. Nel tempo libero studia filosofia all’università di Torino e scrive canzoni quasi sempre d’amore. Legge tanto, sia prosa che poesia.
Siamo convinti che il tuo vero nome sia perfetto come nome d’arte! Come mai hai scelto di non cambiarlo?
Ho scelto di non cambiarlo per il mio percorso artistico perché penso che il nome dica tanto di noi stessi e il mio nome, in quanto mio, dice tanto della mia persona. Dal momento che secondo me l’arte è solo un modo per riappropriarci della nostra intimità umana individuale e al contempo profondamente universale, ho pensato che non volessi mettermi una maschera attraverso un nome d’arte. Volevo a tutti i costi evitare di riconoscermi in una persona nella mia vita e in un’altra persona (o personaggio) quando si fosse parlato della mia musica. Non ho mai desiderato semplicemente nascondermi dietro una identità fittizia. Io sono Tommaso La Notte fuori dal palco, sui banchi dell’università, sul palco, nella mia stanza quando scrivo. Sempre. Per questo il mio nome è rimasto tale per il mio percorso artistico.
Come hai scoperto la tua passione per la musica?
Ho sempre ascoltato musica a casa con i miei genitori. Naturalmente mi sono appassionato ai generi che trovavo più consoni alla mia sensibilità. Su tutti a 8 anni divoravo tutte le cassette di Battisti che trovavo. Poi ho fatto un corso estivo di chitarra e per una scommessa persa ho iniziato a scrivere canzoni. Mi è piaciuto e non ho mai smesso.
Quali sono le tue principali influenze artistiche?
Qualche tempo fa probabilmente avrei risposto con una lista di artisti; oggi rispondo dicendo che la mia principale influenza artistica è l’infinita potenzialità artistica insita nel quotidiano che necessita solo di uno sguardo sensibile che la attualizzi. Mi ispira guardare le persone, sentire le loro storie o immaginarle. La città in questo mi aiuta: è un calderone di stimoli forse senza alcun tipo di possibilità di silenzio e pausa. O almeno questo era quello che pensavo. Adesso sto cercando un punto intermedio tra l’essere nel flusso costante di stimoli della socialità e l’essere nel nulla silenzioso della quiete. Entrambe se radicalizzate possono essere alienanti, per cui necessito di un punto intermedio di stabilità. Senza dubbio gli stimoli da cui attingere per fare musica qui a Torino sono tanti. Il lavoro centrale sta nell’esprimere il mio punto di vista sul mondo perlopiù unico in modo altrettanto unico musicalmente.
Hai cominciato a comporre le tue prime bozze cantautorali nel 2016. Da allora, come si è evoluto il tuo percorso nel settore musicale?
Negli anni mi sono tolto molte soddisfazioni, ho ricevuto tanta stima, tanto affetto, ho aperto concerti di artisti famosi. Quello che mi piace di più è il senso di catena sociale che si crea intorno alla figura dell’artista giovane: la sincerità di chi ci lavora insieme per semplice passione e stima reciproca, la curiosità di chi chiede spiegazioni delle frasi dei testi, il senso di affetto che i colleghi e le colleghe dell’artista sanno far provare. C’è tanto buono in questo. Quando non c’è competizione tutto ha più chance di essere più buono.
Come definiresti il tuo modo di fare musica?
Penso che la mia musica possa essere definita un crocevia tra un approccio pop o forse indie (ma non so precisamente quale sia la reale differenza tra i due) e un approccio letterario, nella misura in cui mi ritrovo a pensare alle canzoni come a piccole poesie musicate e ai temi delle canzoni come ad immagini che si fanno sciogliere quasi accidentalmente in canzone, ma che potevano essere sciolte in racconti o romanzi.
“Una poesia di Montale” è il tuo nuovo singolo, in cui il senso di vuoto è scandito dalle note di un pianoforte. Come nasce questo brano e cosa hai voluto trasmettere agli ascoltatori?
Questa canzone nasce probabilmente in quello che dal mio punto di vista è stato il periodo più cupo di tutti. Adesso che ci ripenso a distanza di qualche anno da quando l’ho scritta riconosco che c’è molto peggio, c’è molto più dolore potenziale che potrei provare e che, ahimè, mi aspetta. Probabilmente il momento in cui è nata “Una poesia di Montale” è stato nel suo piccolo un primo assaggio di questo dolore. Nella solitudine più completa, nell’asfissia di una città troppo piccola, nelle trame infinitamente malinconiche di una vita in cui stentavo a riconoscermi, ho pensato che l’unica cosa che potessi fare per esorcizzare quel dolore che mi provocava rumore nel petto, nel cuore, in testa, era rendere quel rumore musica e così renderlo finalmente silenzio. Se quel periodo è stata una sorta di proto-depressione adolescenziale, lo scrivere canzoni è stata la salvezza, è stato il riportare luce e ordine dove da troppi mesi c’era nausea. Con questa canzone non voglio trasmettere niente. La pubblico solo perché l’arte privata non esiste e l’arte se rimane privata ha lo stesso valore di masturbarsi: autoerotismo fine a sé stesso. Il fine però non è mai stata la pubblicazione, ma era la mia salvezza in quei mesi.
Come hai lavorato alla produzione di questo brano e in che modo si relaziona con le tue produzioni passate?
Semplice. Ho chiesto ad un amico pianista e cantautore Orazio Saracino di accompagnarmi con il suo modo leggiadro di interpretare la musica attraverso i tasti del pianoforte. Siamo andati in studio da Alex Grasso a Giovinazzo (dove abbiamo prodotto tutto l’album) e abbiamo fatto una prova non registrata. Non sapevamo che invece quella prova era registrata e che non era una prova, era la versione definitiva di “Una poesia di Montale”. È una prima andata bene che non ci ha spinti a registrarne altre di sicurezza.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Vorrei acquistare una piantina. Mangiare meno grassi saturi per il mio colesterolo troppo alto. Continuare a scrivere solo sotto esigenza impellente della mia sensibilità. Innamorarmi.
C’è qualcosa che vorresti dire ai nostri lettori?
Vorrei specificare che il modo migliore per comprendere come si manifesta la mia sensibilità è ascoltare il frutto di questa, vale a dire le canzoni. Inoltre, se volete scrivermi per parlare di musica, libri, cinema, vita e filosofia ci sono qui sotto i miei canali social dove potete scrivermi. Grazie dell’attenzione a chi leggerà, grazie a voi di Siloud per le domande.
Tommaso La Notte for Siloud
Sito web: www.tommasolanotte.com Instagram: @_tommasolanotte_ Facebook: @iosonoTommasoLaNotte YouTube: Tommaso La Notte Credits: Seitutto Press