Visconti è il nome d’arte di Valerio Visconti, abita a Milano da circa un anno, ma in realtà viene da Acqui Terme, in provincia di Alessandria. Ha già sviluppato un progetto musicale ma in inglese, questo perché ha sempre ascoltato più musica internazionale ed è stata una scelta quasi “naturale” affiliarsi alla musicalità e all’immediatezza dell’inglese quando si comincia a scrivere. Il suo primo album in italiano si intitola “DPCM”.
Nome: Valerio Cognome: Visconti In arte: Visconti Età: 21 Città: Milano Nazionalità: Italiana Brani pubblicati: Ammorbidente, Le Idi di Marzo, La Morte a Venezia, Nulla Mi Urterebbe Più, DPCM Album pubblicati: DPCM Periodo di attività: dal 2021 Genere musicale: Post-punk, Alternative Piattaforme: YouTube, Spotify, Apple Music, Deezer, Amazon Music, ecc.

Chi è Visconti?
Visconti è il nome d’arte di Valerio Visconti, abita a Milano da circa un anno, ma in realtà viene da Acqui Terme, in provincia di Alessandria, dove ha sempre vissuto e ha scritto i pezzi di DPCM. Ha 21 anni ed è ora studente presso lo IED.
Cosa rappresenta il tuo nome d’arte?
In realtà Visconti è semplicemente il mio cognome: ho pensato a molti nomi all’inizio di questo percorso, ma quando in realtà mi sono reso conto che le demo che avevo registrato erano semplicemente quello che ingenuamente pensavo, senza alcun filtro, non c’era nessun altro nome più adatto.
Già dagli anni del liceo ti dedichi alla musica pubblicando brani e album. Quando nasce questa passione?
Fin da piccolo ho sempre avuto un rapporto stretto con la musica. I miei hanno sempre ascoltato dischi in casa e in macchina e ciò mi ha poi spinto, ad una certa età, a scoprire una musica che potesse ‘appartenermi’ allo stesso modo. Inoltre, iniziando a suonare la chitarra molto presto, grazie a mio padre, ho potuto approfondire fin da subito un rapporto più intimo con i brani che mi piacevano.
Come dicevamo, hai già sviluppato un progetto musicale ma questi erano prevalentemente in inglese. Perché questa scelta e come mai hai deciso di invertire la rotta?
Beh in primo luogo perché ho sempre ascoltato più musica internazionale e inevitabilmente perché per molti è una scelta quasi “naturale” affiliarsi alla musicalità e all’immediatezza dell’inglese quando si comincia a scrivere. Ho conosciuto poi i grandi cantautori e la poesia italiana durante gli ultimi anni del liceo e così quanto ampia fosse la discrepanza tra le poche cose che potevo far filtrare da una lingua che non conoscevo alla perfezione e la quantità di sfumature che potevo utilizzare con la mia lingua natale. Semplicemente l’italiano è stato più terapeutico e personale ad un certo punto.
Nei tuoi brani l’urgenza del post-punk trova un’insolita miscela con la forma cantautorale: come nasce questo sound così particolare?
DPCM è il mio primo album in italiano come Visconti: mi sono chiesto cosa potessi produrre se avessi unito le “penne” dei miei cantautori preferiti con la nuova ondata di post-punk inglese così ho cercato di inglobare le caratteristiche di entrambi i mondi provando a fare qualcosa di nuovo. DPCM ne è in qualche modo l’ingenuo prodotto.
“DPCM” è il tuo primo album in italiano, che segna una svolta nella tua carriera. Come nasce?
Beh all’album fanno da sfondo ovviamente gli ultimi di due anni di pandemia, ma credo ci sia alla base qualcosa che possa espandersi oltre, provando a descrivere le peculiarità dal disagio sociale proveniente dagli ultimi avvenimenti storici inaspettati. I brani sono stati scritti durante i vari lockdown e arrivano a completare diversi episodi della mia vita privata accaduti nello stesso momento.
Rappresenti in pieno il disagio della generazione Z davanti alla pandemia e alla vita in questo periodo storico. Qual è il filo conduttore di tutti i brani?
È partito tutto da tanta frustrazione e un grande sentimento di claustrofobia. Molti miei coetanei hanno terminato i lockdown dovendosi rivolgere a consulenze psicologiche per affrontare disturbi nati durante le chiusure. Vorrei che quest’album sia a modo suo una lente di ingrandimento che partendo da una difficoltà globale sposti la sua attenzione ad una difficoltà generazionale che riguarda la comunicazione, l’espressione, l’isolamento e il rapporto con i propri familiari.
Possiamo sperare in qualche live?
Direi di sì, io per primo vorrei poter non pensare ad altro per tutta quest’estate. Per ora stiamo programmando le prime date, ho messo su una band per l’occasione e non vediamo l’ora di partire.
Hai progetti per il futuro?
Moltissimi. In primis vorrei terminare l’università: studiando design del suono vorrei integrare quello che imparo nella produzione di nuova musica e avvicinarmi a performance più complesse un giorno. Per il resto sto scrivendo nuovi brani progettando una differente deriva sonora.
C’è qualcosa che vorresti dire ai nostri lettori?
Lettori di Siloud, tremate! Dischi sotterranei sarà la nuova chimera della musica italiana!
Visconti for Siloud
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Credits: GDG Press