Sena ama definirsi una “complicatrice di cose semplici”. Vive a Bologna, ha studiato giurisprudenza ed è diventata avvocato, ma già ai tempi dell’università il mondo del diritto le era sempre andato stretto, la lasciava respirare poco, e per questo trovava il suo sfogo creativo scrivendo e suonando: la scrittura e la musica sono le sue passioni sin da bambina. Il suo singolo di debutto si intitola “Toni Servillo” ed è una ballad pop dal gusto retrò.
Nome: Sena Cognome: Santini In arte: Sena Età: 29 Città: Bologna Nazionalità: Italiana Brani pubblicati: Toni Servillo Periodo di attività: dal 2017 Genere musicale: Pop, Cantautorato Piattaforme: YouTube, Spotify, Apple Music, Deezer, Amazon Music, ecc.

Chi è Sena nella vita di tutti i giorni?
Mi piace definirmi una “complicatrice di cose semplici”. Vivo a Bologna, ho studiato giurisprudenza e sono diventata avvocato, ma già ai tempi dell’università il mondo del diritto mi era sempre andato stretto, mi lasciava respirare poco, e per questo trovavo il mio sfogo creativo scrivendo e suonando: la scrittura e la musica sono le mie passioni sin da bambina. Fra un articolo di codice e l’altro mi appuntavo spunti, frasi e melodie: ho sempre scritto in particolare canzoni, ma anche poesie e racconti. Non credo ci sia un modo giusto di vivere o fare scelte, ma personalmente anziché percorrere la strada che sembrava tracciata ho scelto un tragitto alternativo meno diritto e pieno di curve. Ho iniziato ad accettare questo mio modo di essere e cerco di coglierne il bello: la sensazione di perdersi e il piacere di fare le curve, di godersi il panorama da prospettive diverse e inaspettate.
Ti andrebbe di raccontarci la storia sul tuo nome d’arte?
Il mio nome d’arte “Sena” è semplicemente il mio prenome. Mi piace dire che è frutto di una scelta commerciale dei miei genitori o un loro “attacco d’arte”, proprio perché sono stati loro ad affibbiarmi un nome così curioso alla nascita. È il nome della protagonista di un romanzo di Giorgio Saviane “Eutanasia di un amore” (già il titolo è tutto un programma). Da bambina non mi piaceva affatto perché era un nome troppo diverso dagli altri e quando sei piccolo ogni cosa che ti rende diverso in qualche modo forse ti fa soffrire, ti etichetta però da più grande ho iniziato ad apprezzarlo è un nome che mi rende unica, mi rappresenta, cioè credo che se mi fossi chiamata “Maria” forse non sarei così.
La tua vita si divide tra musica e televisione. In che modo questi due mondi si uniscono?
I due mondi sono accomunati dalla mia passione per la scrittura, entrambe le cose le faccio per vivere. La musica per vivere nel senso per sentirmi viva e me stessa. Scrivere per la tv lo faccio più per campare ed è un lavoro stimolante, creativo e al giorno d’oggi, non ritenendomi un fenomeno, mi reputo fortunata di potermi guadagnare da vivere così, cioè facendo qualcosa che mi piace, è un lusso di cui non tutti godono.
Focalizziamoci ora sulla musica. Cantautorato, alternative rock e indie sono solo alcuni dei generi che ti influenzano maggiormente: quali sono i tuoi artisti di riferimento?
Sono cresciuta con il cantautorato classico: De André, De Gregori, Guccini, Dalla, Fossati… e quello più di nicchia come Bertoli e Lolli. Ascolto l’indie della prima generazione, specie Vasco Brondi, Brunori, Dente, Dimartino, Truppi, Baustelle Cristina Donà… Da bambina avevo una passione segreta per Elvis Presley, Vasco Rossi e Max Pezzali. Non mi ispiro a nessuno in particolare, faccio davvero fatica ad incasellare quello che scrivo. Molti si stupiscono quando dico che gli artisti che apprezzo di più vicini alla mia generazione sono Brondi e Truppi perché la mia scrittura c’entra poco, però ecco se sapessi scrivere come De Gregori sarei De Gregori.
Scrivi canzoni perché ti permette di esprimerti e dire cose: cosa vuoi comunicare a chi ti ascolta?
Ho iniziato a scrivere canzoni per una necessità mia, era appunto l’unico modo che avevo trovato per esprimere quello che sono e che sento e semplicemente mi sembrava il mezzo più efficace fra quelli che avevo a disposizione. Credo sia semplicemente un modo per auto-affermarmi per dire qualcosa che magari non interesserà a nessuno, ma speriamo che a qualcuno sì. Se quello che scrivo toccherà anche solo una persona avrò raggiunto il mio obiettivo.
Il tuo singolo di debutto si intitola “Toni Servillo”. Da dove esce fuori questo titolo?
L’idea è nata vedendo “Loro”, il film di Sorrentino, e ragionavo sull’interdipendenza che si crea spesso in una coppia artistica, così come nella vita. Ogni addendo di questa somma plasma l’altro e dall’altro è plasmato e spesso, soprattutto nelle relazioni, in questa dimensione di necessità reciproca sentiamo di aver messo in scena la nostra vita, ci sentiamo opera compiuta.
Come nasce questo brano e quali tematiche tratti?
La ricerca nell’altro di ferite simili in cui riconoscersi, perdersi e confondersi fino a diventare uno e di una salvezza su misura, della chiave per evadere dalla fortezza di una prigione tutta personale e dalla solitudine.
”Toni Servillo” è una ballad pop dal gusto retrò. Come hai lavorato al suo sound, morbido e senza tempo?
Fra i pezzi che ho registrato fino ad ora è l’unico per cui non avevo un’idea chiara di arrangiamento, la versione che mi piaceva di più era in acustico, piano e voce e mi sembrava funzionasse già così. Ho avuto la fortuna di farla produrre dal maestro Taketo Gohara e suonare da musicisti eccezionali: Alessandro Asso Stefana, Niccolò Fornabaio e Francesco Colonnelli. Il vestito che ne è uscito fuori con una linea di basso quasi motown e un sound morbido e aperto mi soddisfa molto e lo trovo molto calzante.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Progetti per il futuro: non sottovalutare le conseguenze dell’amore, per citare un film della coppia artistica Sorrentino-Servillo. Scherzi a parte, un album e un tour.
C’è qualcosa che vorresti dire ai nostri lettori?
Se vi va ascoltate il brano, se non vi va vi voglio bene uguale (ma un pochino meno).
Sena for Siloud
Instagram: @senusantini Facebook: @sena.santini Credits foto: Claudia Pasanisi Credits: Conza press