Gamaar è un progetto inedito dal tocco unico, composto da Gabriella, Cristian e Ylenia. La band prende il nome dal cinema parigino “Le Gamaar” dove, nel film di Quentin Tarantino “Bastardi Senza Gloria”, viene usato un mezzo di cultura (la pellicola cinematografica) per combattere l’oppressione nazista. Il loro nuovo singolo si intitola “Nella mia testa” e parla di quanto la quotidianità di una giornata possa diventare complessa, confusa e disordinata quando si soffre di disturbi come ansia e depressione.
Band: Gamaar
Componenti: Gabriella Diana, Cristian Bona, Ylenia De Rocco
Età: 28, 30, 32
Città: Brescia, Bergamo
Nazionalità: Italiana
Brani pubblicati: Stronza, Bomba, Nella mia testa
Periodo di attività: dal 2018
Genere musicale: Rock Alternativo, Indie Rock
Piattaforme: Spotify, Apple Music, iTunes, Amazon music, Deezer, Tidal

Chi c’è dietro il progetto Gamaar?
Dietro Gamaar c’è Gabriella Diana, 28 anni, autrice, cantante e chitarrista del progetto. Ha origini pugliesi, ma vive a Brescia dall’età di 7 anni. Al momento lavora nella ristorazione, dopo essere stata anche commessa: nessun lavoro le piace davvero, ma le serve per mandare avanti il progetto musicale. Al basso c’è Cristian Bona, 30 anni, vive a Capriolo in Franciacorta, e di mestiere fa il liutaio: ripara e costruisce strumenti musicali, principalmente bassi e chitarre. Ylenia De Rocco suona la batteria, ha 32 anni e vive a Bergamo. Nella vita è insegnante di batteria, di disegno creativo, e dipinge su commissione.
Come nasce questo nome d’arte e quale significato ha per voi?
Il progetto prende il nome dal cinema parigino “Le Gamaar” dove, nel film di Quentin Tarantino “Bastardi Senza Gloria”, viene usato un mezzo di cultura (la pellicola cinematografica) per combattere l’oppressione nazista.
Gamaar è una band, un progetto inedito dal tocco unico. Qual è il rapporto che ognuno di voi ha con la musica e quando, questo, vi ha portato ad unirvi?
Gabriella scrive musica dai primi anni di liceo, ha sempre portato la sua musica sui palchi bresciani chitarra e voce; dopo il suo percorso di studi presso il CPM di Milano, ha capito l’importanza creativa degli arrangiamenti, e, cominciando a costruirli, è nata la necessità di formare una band. Nel 2018 incontra Cristian, il quale esprime la sua vicinanza ai temi e allo stile del progetto, proponendo la propria collaborazione. Nel 2021 c’è un cambio di formazione con l’entrata di Ylenia alla batteria, reclutata mandando il master del disco “Kafka for president” in uscita a fine ottobre, e del quale si è subito innamorata. Tra noi c’è una grande stima reciproca: per quanto le idee, i brani, i testi siano concepiti da Gabriella, ogni componente porta le sue influenze e la sua personalità nella performance, creando qualcosa di nuovo e sempre più interessante man mano che si consolida la nostra sintonia.
Vi identificate con un progetto dal sound dream rock, cantato in italiano. Essendo una novità per il panorama musicale italiano, da cosa vi lasciate ispirare?
Ognuno di noi ha ascolti diversi, ma la composizione ed il sound dei brani sono stati principalmente influenzati dagli ascolti di Gabriella: Verdena, St. Vincent, Radiohead, Jeff Bucley, Björk, Beatles, David Bowie, Florence & The Machine sono tra i suoi principali ascolti. È nato un mix di generi un po’ matto, non facile da definire e incasellare, ma ci piace così.
Come avete lavorato al sound che oggi vi caratterizza e quali sono i suoi tratti principali?
Il nostro sound è caratterizzato da chitarre distorte, acide, accompagnate da ritmiche scomposte; messaggi sonori forti con un pizzico di teatralità, che accompagnano i testi personali, introspettivi, e a tratti sarcastici. È una sonorità ibrida, che evoca tanto gli anni ’90, rinfrescata dai testi in italiano e dalla voce pulita.
Il vostro nuovo singolo si intitola “Nella mia testa”. Come nasce?
“Nella mia testa” parla di quanto la quotidianità di una giornata possa diventare complessa, confusa e disordinata quando si soffre di disturbi come ansia e depressione: i primi pensieri che hai quando ti svegli la mattina, e che ti inseguono mentre bevi il caffè, ti lavi i denti, vai a lavoro; esprime l’incapacità di mettere ordine alla matassa nera che talvolta si crea in testa.
“Mi sveglio, canto, piango” sono le prime parole del testo cantato, e letteralmente hanno costituito l’inizio di tantissime giornate nella mia vita. Il sound del brano è un po’ come sento suonare la mia testa: sconnesso, ritmico e sarcastico, malinconico e arrabbiato.
Il tema è la fine dell’estate, tra quotidianità e routine. Cosa avete voluto raccontare e cosa volete che gli ascoltatori recepiscano da questo brano?
Il brano cerca di raccontare la mancanza di fiducia nel futuro, la precarietà dell’equilibrio e l’esasperazione, tutti temi che credo tocchino la mia generazione, sia nel micro che nel macro: i problemi sociali, il cambiamento climatico, il capitalismo influenzano inesorabilmente la nostra salute mentale, la percezione di noi stessi e il significato che diamo alla nostra esistenza.
Speriamo che chi ascolterà “Nella mia testa” possa sentirsi capiti e abbracciati dal messaggio; speriamo che sia un remainder di quanto sia fondamentale ascoltare le proprie emozioni negative, oltre che le positive, e dell’attenzione che dovremmo avere nei confronti della nostra salute mentale: fa parte delle nostre vite e delle nostre teste, e merita dedizione e cura.
C’è qualche retroscena della produzione di “Nella mia testa” che vorreste condividere con noi?
Il monologo iniziale, al principio, iniziava insieme al cantato, e quindi le due voci si sovrapponevano creando un gran casino. Il batterista che collaborava con noi quando abbiamo registrato il disco ci consigliò di far partire il monologo prima che iniziasse il brano vero e proprio, come facevamo e facciamo tutt’ora dal vivo, e funzionò. Troviamo molto suggestivo questo “Monologo paranoico” iniziale. Ha donato molto carattere al brano. Inoltre, abbiamo volutamente scordato un po’ le chitarre per far suonare il brano più “matto” e dissonante, e pensiamo di esserci riusciti.
Quali progetti avete per il futuro?
Sicuramente riuscire ad organizzare un piccolo tour promozionale per l’uscita del disco. Ma la nostra speranza più grande è arrivare alle persone, suscitare qualcosa nelle teste di chi ci ascolta: curiosità, rabbia, stupore. Speriamo di raggiungere le “anime matte” là fuori.
C’è qualcosa che vorreste dire ai nostri lettori?
Cercateci che saremo in giro prossimamente, ascoltateci e sentitevi liberi di darci tutti i feedback che vi saltano in mente. È bello confrontarsi con voi, soprattutto davanti ad un birra. E state in campana che sta per uscire l’album: per noi è stata una missione. Ci abbiamo messo il cuore e tanto impegno, speriamo vi arrivi tutto il disagio e l’amore che lo hanno generato. A presto!
Gamaar for Siloud
Instagram: @gamaarband
Facebook: @gamaarband
YouTube: GAMAAR official
Credits foto: Paolo Emanuele Barretta
Credits: Conza press