InTheMusic: Blindur, interview

Blindur, al secolo Massimo De Vita, è un cantautore, polistrumentista e producer napoletano, classe 1987. È costantemente alla ricerca di un punto di equilibrio e gli piace pensare che ogni album sia un passo in quella direzione. Il suo suono è piuttosto unico nel panorama italiano: il folk, l’alternative e il post rock sono uniti al cantautorato in italiano. Il suo nuovo album si intitola “EXIT”.

Nome: Massimo
Cognome: De Vita
In arte: Blindur
Età: 35
Città: Napoli
Nazionalità: Italiana
Brani pubblicati: Foto di classe, Aftershock, Invisibile agli occhi, Futuro presente, 3000X, Stati di agitazione feat Rodrigo D'Erasmo, Eclisse feat Roberto Angelini, M.r Happytime feat J Mascis
Album pubblicati: Casa lavica live session, Solo andata - live in giardino, Blindur, Mozzarella session, A, 3000remiX, Il punto di rottura, EXIT
Periodo di attività: dal 2014
Genere musicale: Alternative, Folk, Indie, Rock, Post rock
Piattaforme: YouTube, Spotify, Apple Music, Deezer, Amazon Music, ecc.

Chi è Blindur nella vita di tutti i giorni?

Blindur, al secolo Massimo De Vita, è un cantautore, polistrumentista e producer napoletano, classe 1987.

Perché Massimo si è trasformato, in arte, in Blindur?

Cercando Massimo De Vita su YouTube, viene fuori un cantante anni ‘70, celebre per il brano “Coniglietto mio”. Quindi, per evitare equivoci, mi misi alla ricerca di un nome per il mio alter ego musicale e l’illuminazione arrivò durante una chiacchierata post concerto con Jonsi, cantante e chitarrista della band islandese Sigur Ros (della quale sono un super fan). Jonsi, accortosi della comune cecità (in me totale, in lui parziale), mi regalò una chiacchierata particolarmente intensa e accorata. Una volta a casa mi venne voglia di scoprire la traduzione islandese di cieco, che è… Blindur!

Qual è stato il tuo percorso nella musica, da quanto è nata la tua passione ad oggi?

Ho iniziato a studiare (male) il pianoforte da bambino, poi negli anni turbolenti dell’adolescenza diventai un bassista punk, fino ad appassionarmi ai generi più svariati, dal folk tradizionale, all’elettronica sperimentale, dopo gli anni del liceo, quando decisi di dedicarmi alla musica a tempo pieno. 

Hai dei riferimenti musicali e quali sono i generi che cerchi di riportare nelle tue produzioni?

Il folk è nel mio DNA, da quello irlandese a quello americano, dai capisaldi come Dylan, fino alle declinazioni più moderne come i Big Thief. Però il mio suono è anche estremamente indie-rock-alternative, The National, Arkade Fire, Dinosaur JR, Phoebe Bridgers, R.E.M., The Flaming Lips e Sigur Ros, sono assolutamente in cima ai miei ascolti, specialmente se penso agli ultimi anni. Per chiudere il cerchio, direi che c’è anche tanta musica italiana nei miei ascolti e Tre Allegri ragazzi morti, The Zen Circus, Afterhours, Niccolò Fabi, C.S.I., sono solo alcuni dei nomi che mi hanno certamente influenzato per la mia produzione.

Come definiresti il tuo modo di fare musica e in cosa sei riuscito a trovare la tua unicità?

Sono costantemente alla ricerca di un punto di equilibrio e mi piace pensare che ogni album sia un passo in quella direzione. Credo di poter dire che il mio suono è piuttosto unico nel panorama italiano, il folk, l’alternative e il post rock sono uniti al cantautorato in italiano. In più credo che nel mio percorso abbia giocato un ruolo importante la dimensione live, dove la festa, il clima coinvolgente e l’esplosività, si armonizzano con una sorta di liturgia, dove al centro c’è l’esplorazione emotiva, la totale condivisione di quel momento tra chi è sopra e chi è sotto il palco.

Il tuo nuovo album si intitola “EXIT” e segna il ritorno di Blindur. Come nasce?

Dopo 2 anni di intenso lavoro, sono riuscito a mettere su un’opera corale, nella quale la band che mi accompagna dal 2019, alcuni ospiti d’eccezione e alcuni tra i migliori producer rock italiani e non, mi hanno affiancato per un album pieno di suggestioni.

Ci sono tutte le mie coordinate sonore di sempre, ma c’è anche tanta sperimentazione elettronica e tanto ‘rumore’, mischiato a registrazioni ambientali e tanta ricerca. I testi, magari un po’ meno narrativi rispetto al passato, cercano una nuova verticalità, uno sguardo più profondo, ma comunque luminoso e vitale. Il tutto accompagnato dal gioco da tavola che ho inventato e che è contenuto nella speciale edizione in vinile di “EXIT”.

Il progetto è composto da 11 tracce, in cui hanno trovato spazio anche diverse collaborazioni. Come hai lavorato ad ognuna di esse e, in termini di sound, cosa le lega fra loro?

È stata un’esperienza intensa, una scommessa difficile e un’esplorazione costante. Il suono di questo album doveva essere (ed è) luminoso, arioso, ricercato, ma non difficile. In più, una serie di elementi nuovi, per me, rendono queste canzoni davvero speciali, come ad esempio il largo utilizzo delle orchestrazioni di archi e i vari ricami di musica elettronica.

Le collaborazioni sono state assolutamente fondamentali per completare alcuni brani che sono stati letteralmente rivoluzionati dai feat, appagando il mio desiderio di farmi contaminare e di non lavorare per forza seguendo solo le mie idee.

A livello tematico, invece, qual è la storia che hai raccontato con i vari brani di “EXIT” e perché hai scelto l’omonima canzone per chiudere l’album?

“EXIT” è come un labirinto emotivo, metà gioco e metà caos primordiale, dal quale ho provato a districarmi. C’è dentro il mio personale vissuto ovviamente, ma ci sono anche le esperienze collettive che tutti abbiamo vissuto negli ultimi anni, ci sono un mucchio di simboli, di amuleti per aprire porte ancestrali e per interpretare il nostro tempo.

Ci sono racconti più onirici e psichedelici, così come riflessioni lucide, il tutto in una bella foresta di punti interrogativi. Ma insieme a tutto questo c’è un rito nel quale, come nel gioco, si lanciano i dadi e si accolgono gli imprevisti come opportunità; in fine c’è una forte volontà, non aver paura, che trova, credo, la sua massima espressione nell’ultimo brano dell’album, che ho deciso di intitolare come l’album stesso proprio perché credo racchiuda in sé tutto quello che c’è da sapere e da sentire su questo lavoro.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Questo inverno voglio portare “EXIT” dal vivo in giro per l’Italia, mentre dalla primavera torneremo all’estero. In effetti, non vedo l’ora di suonare dal vivo queste canzoni e di rimettermi in viaggio.

C’è qualcosa che vorresti dire ai nostri lettori?

Il mio consiglio per ascoltare “EXIT”, ma più in generale per affrontare questa strana epoca, è la frase che campeggia sul retro del vinile (tratta da una delle canzoni dell’album): “Tu prova a non aver paura e vedrai”.

Blindur for Siloud

Instagram@blindurofficial
Facebook@Blindur
YouTube: @blindurofficial

Credits foto: Magliocchetti
Credits: Big Time press

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