I Management, in un’ora e mezza di concerto, incanalano la frustrazione degli amori falliti, dei sogni stroncati e delle battaglie perse di chi li ascolta
Mio Dio, mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati… no, non state per leggere una pagina estratta da una raccolta di preghiere, ma nell’assistere e raccontare un concerto del duo abruzzese Management è comunque necessario professare un atto di fede (e di dolore).

Era il 2013 quando Luca Romagnoli (voce), sul palco del concertone del Primo Maggio in Piazza San Giovanni a Roma, impugnava un preservativo a mo’ di ostia simulando la ritualistica della comunione. Oggi, come allora, il gruppo propone, attraverso i testi e nei discorsi pronunciati dal cantante in maniera un po’ strascicata tra un brano e l’altro, un anti-istituzionalismo tanto blasfemo – o forse meglio anticlericale – quanto fatalista e, oggi, come allora, qui a Bologna, il live dei Management si apre su Pornobisogno.
Fra le altre canzoni presenti nel glorioso esordio AUFF!!, dalla chitarra di Marco Di Nardo risuonano gli accordi di Norman e della title track. Inevitabile lo stage diving del frontman su un pubblico chiaramente sovraeccitato, pronto ad urlare che «l’eternità non esiste perché non la puoi raccontare». Anche i brani più recenti vengono accolti con lo stesso calore; ne è una dimostrazione la quantità spasmodica di applausi che Il demonio riceve: un singolo realizzato in collaborazione con Cimini e Nicolò Carnesi – quest’ultimo presente al Locomotiv – che viene presentato in anteprima proprio durante il concerto. Il pubblico dei Management è estremamente variegato e fidelizzato, nonostante il cambio di nome (fino alla pubblicazione del singolo Kate Moss si facevano chiamare Management del dolore post-operatorio) e di look, da jeans e felpa, a camicie di seta e tailleur indossati sul petto nudo; la voglia di insultare con affetto i propri fan è rimasta la stessa e la gente non può che saltare vedendo Romagnoli contorcersi sulle note di Multiculti Supermarket, un estratto del recentissimo Ansia Capitale.
Il concerto è inframezzato da un breve passaggio acustico, attraverso l’esecuzione chitarra-voce di Chiara Scappiamo e Come la Luna. La tenerezza non è certo un elemento che viene a mancare all’interno della discografia dei Management, ma questi passaggi più “contenuti” si fanno comunque carico di quell’amarezza tipica dei lavori del duo. Questa tensione riemerge nell’encore quando in un’esplosione di tre canzoni vengono sintetizzati i temi centrali della filosofia musicale di Romagnoli e Di Nardo: la disillusione dal sogno, la completa inconsapevolezza del proprio volere e la fine inevitabile di tutte le cose. Incubo Stupendo è una canzone che il gruppo ha scritto in onore della musica e del voler vivere facendo arte, un desiderio in cui, in realtà, Romagnoli ammette di non credere più; Lasciateci divertire è invece l’inno per quelli che non sanno cosa fare o cosa provare… o forse sentono fin troppo… e su questo brano tratto dall’album I Love You la folla non può che animare l’ultimo pogo della serata.
I Management salutano il loro pubblico Naufragando verso l’ignoto, non problematizzando la morte, ma piuttosto accettandola come spinta per godere della vita finché se ne ha la possibilità.
Perché i versi di Esagerare Sempre lo spiegano chiaramente «che la nascita è la vera morte». E allora piena libertà ai salti, al sudore e al segno della croce per benedire Il mio corpo in quanto Dio di me stesso; che non si limitino gli assoli di chitarra e si permetta al frontman della band di farsi “un cicchetto” tra un brano e l’altro. I Management, in un’ora e mezza di concerto, incanalano la frustrazione degli amori falliti, dei sogni stroncati e delle battaglie perse di chi li ascolta estasiata e al contempo consapevole che né chi fa spettacolo né chi è spettatore ha la minima idea di come si debba affrontare l’esistenza umana.
Futura 1993 for Siloud
Credits: Francesca Marchesini