Dietro Cate c’è una ragazza di 17 anni che ha scoperto il suo amore per la musica all’inizio del 2019, anno in cui ha iniziato a scrivere le sue prime canzoni. Per lei la cosa fondamentale sono i testi, il messaggio che un singolo brano manda. “Amati e vai avanti” è il titolo del suo nuovo singolo che si presenta come una dolce ballad moderna.
Nome: Caterina Cognome: Rebesani In arte: Cate Età: 17 Città: Roma, Milano Nazionalità: Italiana Brani pubblicati: La mia generazione, Amati e vai avanti Periodo di attività: dal 2022 Genere musicale: Indie Piattaforme: Spotify, YouTube, Apple Music, Deezer, Amazon Music

Chi è CATE nella vita di tutti i giorni?
Una diciassettenne romana a Milano. Nella vita di tutti i giorni dà fastidio ai vicini con la musica alta a tutte le ore, sorride alla gente per strada (ma solo se è presa bene), piange sugli autobus (ma solo se è presa male), non risponde al telefono perché è in silenzioso, beve il latte dal cartone (tendenzialmente davanti alla porta del frigo aperta). Ogni tanto la trovi seduta sulle panchine o sui gradini a guardare la gente che vive, poi ci scrive le canzoni.
Perché hai scelto CATE come nome d’arte?
In realtà all’inizio volevo chiamarmi Nebbia, Puntodidomanda, o Rei, che era il più quotato. Volevo un nome d’arte per distinguere la me che scrive e canta dalla me di tutti i giorni. Poi, quando sono salita sul palco di Ariete al Rock in Roma, ero semplicemente io, Cate. Non una cantante, non un’artista, una diciassettenne che scrive canzoni e che ha avuto la fortuna di poterne cantare una su un palco del genere. Mi sono resa conto che non ho bisogno di far nascere nessun’altra me, che voglio presentarmi a un pubblico così come sono. Il mio non è un nome d’arte, è il mio nome.
Sei giovanissima, eppure sembra che tu abbia già le idee chiare sulla musica. Come ti sei avvicinata a questo mondo e cosa ti attrae di più?
Ho studiato il pianoforte alle elementari per colpa dei miei, ma appena ho potuto ho smesso. Due anni dopo ho scoperto Ultimo a Sanremo giovani e mi sono rimessa al piano per suonare le sue canzoni. Mi sono fatta regalare una chitarra e ho iniziato a imparare, da autodidatta, sempre e solo Ultimo.
A inizio 2019 scrivo la mia prima canzone, “Manchi tu”, che non è ancora uscita. Inizio a scrivere e non mi fermo più. Per me l’importante sono i testi, il messaggio, scrivo di getto ma dietro ogni singola parola c’è un mondo per me. Ho scoperto grazie a Ultimo che una canzone può avere un potere assurdo, è questo che mi attrae.
Cosa ascolti di solito e quali sono i generi che ti influenzano di più?
Tendenzialmente ascolto tutto ciò che ha un testo che mi piace. Sono cresciuta in una casa in cui da un lato c’erano Jovanotti, Daniele Silvestri, Baglioni e De Gregori, dall’altro Lou Reed, gli U2, Bruce Springsteen e Bennato. Sicuramente Jovanotti è stato il mio primo grandissimo punto di riferimento. Poi è arrivato Ultimo, e con lui Mostro e Lowlow. Grazie a un concetro di Calcutta a cui sono andata quasi per caso nel 2019 scopro l’indie e me ne innamoro. Ora è sicuramente il genere che ascolto di più. Per citarne alcuni, Gazzelle, Ariete, Calcutta, Franco126, i Legno, e tanti altri molto meno conosciuti in realtà.
Mi piace il rap, sono innamorata persa di Madame e ascolto Mostro quotidianamente. Sicuramente m’influenza molto anche tutto il cantautorato italiano di qualche decennio fa: Vasco, De Gregori, De André, Baglioni, Venditti, Dalla. Di internazionale invece non ascolto praticamente nessuno, l’unica è Billie Eilish.
Sono molte le persone che hanno già apprezzato i tuoi brani. In cosa si caratterizza il tuo stile e cosa cerchi di comunicare al tuo pubblico?
Non sono sicura di avere uno stile, sono solo io che scrivo di quello che sento, che vivo, che vedo, che immagino. Ho tanti messaggi che vorrei arrivassero, sicuramente mi piacerebbe far capire alle persone che non sono sole. Condividiamo tutti lo stare bene, pochi, di rado, lo stare male.
Vorrei smettessimo di nasconderlo, vorrei riuscissimo a parlarne, ad aprirci, a capire che le emozioni negative le proviamo tutti, non dobbiamo sentirci sbagliati, stupidi o soli.
“Amati e vai avanti” è il titolo del tuo nuovo singolo che si presenta come una dolce ballad moderna. Come nasce?
È una canzone che ho scritto a novembre 2019, il giorno prima di lasciare la ragazza con cui stavo. Cercavo qualcosa che parlasse di una rottura dal punto di vista di chi lascia, non l’ho trovato e allora l’ho scritto. Nasce chitarra e voce in cameretta, inizialmente durava quasi cinque minuti, poi ho tagliato due strofe. Scrivo roba decisamente troppo lunga.
Il brano è un augurio di buona vita e di felicità dedicato ad un ex partner. Come hai scelto la tematica da trattare?
Mi è uscita di getto, parlo di me, di lei e della sua migliore amica. È un pezzo in cui guardo in faccia la realtà e affronto una delle cose più difficili secondo me, lasciare qualcuno. Stai consapevolmente facendo male a una persona che hai amato, è terribile. Amarsi e andare avanti sono le uniche due cose sensate da fare quando si viene lasciati secondo me.
Cosa collega “Amati e vai avanti” al tuo singolo di debutto “La mia generazione”?
Poco o niente. Ne La mia generazione do voce a tantissimi disagi non miei, è una denuncia. Amati e vai avanti è molto più personale, non parlo in generale ma nello specifico di quella storia d’amore lì. Però sono entrambi, a modo loro, un invito ad aprire gli occhi e a cambiare le cose.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Scrivere, scrivere, scrivere sempre, come sempre. E migliorare col canto, che so di avere ancora molto da imparare. Sto lavorando ad un EP e sognando (solo sognando al momento) dei piccoli live, chissà.
C’è qualcosa che vorresti dire ai nostri lettori?
Grazie a chiunque abbia letto fin qui. E a chi sta passando un periodo di merda, sappiate che finirà. Tutto passa, tenete duro. Un abbraccio.
CATE for Siloud
Instagram: @caterinarebe YouTube: Cate Credits: Astarte Agency