Life Like Low è il progetto di Fabrizio Peccerillo e Jacopo Rossi, entrambi di Varese, terra di laghi e etichette indipendenti, musicisti da almeno 10 anni. La loro musica si caratterizza per uno stile vario e dalle molteplici influenze, dal rock al progressive, dall’hip hop al trip hop, ma soprattutto indietronica e pop. “Life Like Low” è il titolo del loro disco d’esordio.
Band: Life Like Low Componenti: Fabrizio Peccerillo, Jacopo Rossi Età: 31 Città: Varese Nazionalità: Italiana Brani pubblicati: Invisibili, Distanza, Doppelgänger, Maiali Album pubblicati: Life Like Low Periodo di attività: dal 2022 Genere musicale: Indietronica, Indie, Rock, Triphop Piattaforme: Spotify, YouTube, Apple Music, Tidal, Amazon Music, Deezer

Chi c’è dietro i Life Like Low?
Life Like Low è il progetto di Fabrizio Peccerillo e Jacopo Rossi, entrambi di Varese, terra di laghi e etichette indipendenti, musicisti da almeno 10 anni. Fonico, tour manager e proprietario del TuMiTurbi il primo, chitarrista e compositore il secondo, con 3 dischi per 3 progetti diversi alle spalle, è anche un talentuoso architetto.
Le origini del progetto sono a Varese, fucina di talenti ed etichette indipendenti. Come nasce la vostra collaborazione?
Nasce da delle composizioni di Jacopo, alla ricerca spasmodica di un cantante ed autore. Fabrizio non si era mai cimentato in un vero e proprio progetto artistico, pur avendo sempre scritto e suonato. Dopo aver sentito le bozze ha pensato che davvero quello fosse il momento giusto. Sciolti i primi dubbi, soprattutto per via dei molti impegni di Fabrizio, beh, abbiamo capito che questo progetto era esattamente quello che volevamo.
Qual è il significato del vostro nome d’arte e perché vi rappresenta?
Il nostro nome deriva da una citazione di un brano di Ry Cooder, “Can I Smoke in Here?”, dove l’artista scrive la frase “Life is like a low budget movie”. Tra sigarette e disagio esistenziale, la vita è per noi come un film a basso budget – un po’ come il nostro disco. Alcuni testi sono stati scritti come se il narratore fosse un grande Lebowsky, nostro idolo, cresciuto in una provincia del Nord Italia. Non sappiamo nemmeno perché sia venuto fuori questo nome, un giorno Jacopo ha citato quella canzone come possibile titolo, visto che molti dei brani parlano di tabacchi e sigarette. Da qui l’illuminazione. Ci è piaciuto dare quel tocco ironico ad un progetto che, in realtà, scava nel nostro dolore e disagio più profondi, nell’incapacità di comunicare, di relazionarsi con le persone e con il tempo. Insomma, rendere più leggero ciò che tanto leggero non sarebbe.
Avete influenze musicali comuni o differiscono totalmente?
Le nostre influenze sono similissime, se non le stesse. Fabrizio ha forse una conoscenza più dettagliata del cantautorato e dell’elettronica indie o dance, mentre Jacopo più di un certo tipo di rock progressive. Ma non vi è dubbio che le influenze di questo disco sono assolutamente le medesime. Ma non ve le vogliamo dire!
Parlateci della vostra musica: come la definite e cosa volete trasmettere a chi vi ascolta?
Si caratterizza per uno stile vario e dalle molteplici influenze, dal rock al progressive, dall’hip hop al trip hop, ma soprattutto indietronica e pop. L’idea era quella di scansionare ed analizzare una vita complessa, con spunti autobiografici ma non sempre reali, che sogna la fuga da una città di provincia attraverso viaggi nel tempo, introversione e poesia. Una fuga che non si realizza, e che tantomeno è reale, ma solo figurata, con molteplici immagini in cornice, un collage di polaroid di vita vissuta, pensieri ed emozioni. Non c’è un messaggio specifico, crediamo che le storie non ne debbano avere uno per forza. Magari, si può parlare di diversi messaggi – non tutti negativi come potrebbe sembrare al primo ascolto.
“Life Like Low” è il titolo del vostro disco d’esordio. Come nasce?
Potremmo dire che la storia del disco è esattamente la storia della band. Da qui anche l’idea di chiamarlo allo stesso modo. Siamo nati come disco, prima che come band. Questo disco, anche se a volte non sembra, è proprio un Concept album.
Lo stile del progetto è variegato, mettendo insieme influenze che vanno dal progressive rock al trip hop, passando per l’indietronica. Come avete lavorato al sound che lo caratterizza?
Lo stampo elettronico dato da Jacopo con il solo utilizzo di drum machines, synths e chitarre ha sicuramente indirizzato il progetto, mentre Fabrizio non vedeva l’ora di cimentarsi con qualcosa di diverso dal semplice cantautorato folk rock che aveva caratterizzato i suoi ultimi anni nella musica: cresciuto ascoltando, in ritardo ovviamente, Radiohead e Notwist, ma anche Gorillaz e Elliott Smith, è stato subito stuzzicato dall’idea di scrivere delle vere e proprie canzoni su basi principalmente elettroniche.
Per modellare definitivamente il sound ci siamo affidati alla produzione di Mattia Tavani, membro della band Belize e in nome d’arte Exe: nessuno meglio di lui poteva rifinire, con arrangiamenti e suoni perfetti per elettronica e chitarre, ciò che avevamo iniziato. È stato bello produrre insieme questo disco, ogni volta che avevamo un’illuminazione, la buttavamo dentro. A volte ci è capitato di chiederci: cosa farebbe Damon Albarn in questo momento? Ecco, capitava spesso.
In questo album analizzate la vita complessa di chi sogna una fuga, di chi vuole evadere fisicamente e mentalmente dalla realtà che lo circonda, scappando attraverso viaggi nel tempo, introspezione e poesia. Come avete scritto questi testi e perché avete deciso di soffermarvi su tematiche di questo tipo?
Quando abbiamo iniziato a scrivere il disco, ormai alla fine del 2017, venivamo entrambi da periodi personali non facili, tra ansia, crisi depressive e problemi sul lavoro. Nonostante il nostro principale obiettivo fosse quello di poter suonare in giro il più possibile, e quindi non rischiare con progetti troppo difficili e astrusi, ci siamo imposti di essere veri, cioè di dire quello che davvero pensavamo, quello che davvero volevamo, e di non scendere a compromessi, almeno sulla poetica.
Abbiamo semplificato la musica (fino ad un certo punto) perché potesse essere vagamente Pop, anche perché volevamo parlare alle persone, e non essere né snob né eccessivamente egoriferiti. Fabrizio ha scritto da solo tutti i testi, ma sapeva che quando scriveva poteva parlare per entrambi. Ci sono tante citazioni all’interno, di cose scritte in passato, ma anche di poesie e canzoni che hanno un posto speciale nel nostro cuore.
Quali progetti avete per il futuro?
Suonare il più possibile, e, perché no, fare almeno un altro disco. Vogliamo migliorare sempre di più, e di cose da dire ne abbiamo ancora un sacco.
C’è qualcosa che vorreste dire ai nostri lettori?
Supportate i progetti emergenti! La musica, come tutto, nasce dal piccolo. Niente e nessuno può diventare grande se non è stato piccolo, se non ha fatto un percorso di crescita, e se non è stato supportato. Ah, ascoltate il nostro disco e venite a sentirci live!
Life Like Low for Siloud
Instagram: @lifelikelowmusic Facebook: @lifelikelowmusic YouTube: Life Like Low Credits foto: Alessandro Zoccarato Credits: RC Waves