Gli Aminta sono un gruppo neo-soul italiano fortemente eterogeneo, la cui genesi si rifà a tre anni fa quando Lorenzo e Caterina hanno deciso di creare un duo acustico e di comporre dei brani inediti. Da poco è stato rilasciato il loro album di debutto, intitolato “Atto I”.
Band: Aminta
Componenti: Caterina Aprile, Lorenzo Pesce, Riccardo Iannaccone, Francesco Mercadante, Michele Ruggiero, Giuseppe Capriello
Età: 23, 24, 30, 29, 19, 19
Città: Avellino, Benevento
Nazionalità: Italiana
Brani pubblicati: Be Grateful, Out of the water, Se non è
Album pubblicati: Atto I
Periodo di attività: dal 2021
Genere musicale: Neo-soul, Jazz Fusion
Piattaforme: YouTube, Spotify, Apple Music, Itunes, Instagram, Amazon, ecc.

Ciao ragazzi, siamo lieti di fare una chiacchierata insieme a voi. Prima di tutto, chi sono gli Aminta nella vita di tutti i giorni?
Ciao! È un piacere essere qui! Gli Aminta sono un gruppo neo-soul italiano fortemente eterogeneo: Lorenzo, il chitarrista, e Giuseppe, il sassofonista, sono due patiti del jazz con i capelli lunghi; Riccardo, il batterista, è un ex rocker, nonché laureato in storia dell’arte, talmente aggressivo da perdere continuamente le bacchette. Michele ha solo 19 anni e studia musica classica al conservatorio, mentre Francesco è un bassista amante delle pietre (è un geologo che studia al conservatorio). Caterina, invece, è una filologa fissata con Pino Daniele.
Avere una band è un bell’impegno: ogni persona porta la sua creatività in un brano e, alla fine, tutti devono essere d’accordo. Cosa vi unisce dal primo giorno?
La genesi della band si rifà, in realtà, a tre anni fa quando Lorenzo e Caterina hanno deciso di creare un duo acustico e di comporre dei brani inediti. Francesco e Riccardo sono subentrati in un secondo momento, in contemporaneo alla nostra collaborazione con Feel Records. Michele e Giuseppe sono con noi dalla fine delle registrazioni dell’EP ma è come se fossimo nati tutti insieme.
Qual è il significato del vostro nome d’arte?
Il nome si rifà all’Aminta di Torquato Tasso, una favola pastorale. All’interno dell’opera, nel Coro dell’Atto I vi è una massima: “S’ei piace, ei lice”, ovvero “Se ti piace, allora è lecito”. Abbiamo sempre creduto fosse la frase adatta a noi non essendoci mai sentiti all’interno di generi precostituiti ed avendo, da sempre, influenze musicali disparate.
Nei vostri brani traspare una fortissima influenza di più generi musicali. Quali sono gli artisti che vi hanno maggiormente ispirato?
Se dovessimo aprire le nostre playlist Spotify, ci sarebbe il caos più totale: dal jazz al classic rock, dall’hip-hop al cantautorato, dal blues al soul fino ad arrivare alla musica classica. Qualche musicista che ci ha ispirato potrebbe essere: D’Angelo, Hiatus Kayote, Jorja Smith, Mingus, Robert Glasper.
Come definireste il vostro modo di fare musica e cosa volete trasmettere a chi vi ascolta?
L’EP si apre con un discorso di Bertrand Russell nel quale vi è un messaggio: ‘”Love is wise, hatred is foolish”’, ovvero “L’amore è saggio, l’odio è folle”. Ogni brano si concentra sulla complessità dei rapporti umani, sugli errori che si possono commettere nella conoscenza dell’altro, avendo sempre un mantra in mente ben preciso: “A vita è nu muorzo”, meglio non perdere tempo.
Da poco è stato rilasciato il vostro album di debutto, intitolato “Atto I”. Come è stato concepito e quali sono gli input che vi hanno spinto nel dare forma alle sei tracce del disco?
Il primo brano dell’EP nasce in una cameretta con una chitarra elettrica, da quel momento l’urgenza del comunicare è stata troppa. Lorenzo ha composto e arrangiato tutti i brani seguenti e Caterina ha creato le linee melodiche e i testi. Riccardo, Francesco, Michele e Giuseppe hanno suonato con naturalezza una Storia e l’hanno riscritta.
Come avete lavorato al sound di questo progetto e, soprattutto, cosa deve aspettarsi l’ascoltatore da “Atto I”?
Il nostro intento, fin dal principio, era creare un sound romantico che si concentrasse non solo sul valore della musica ma anche sul valore del testo stesso; volevamo entrare in uno spazio poco abitato dalla musica italiana abituata ad una sonorità diversa; progressioni jazz, soul (mantenendo una ripetitività) si allontanano dal modello che crediamo esista in Italia.
A quale brano siete più legati?
Dopo aver creato un sondaggio nel gruppo, la vittoria spetta a “Out of the water”, il quale è anche il primo brano creato e dal quale tutto è iniziato. Il testo si concentra sull’idea che sia più facile durante la crescita approcciarsi con odio, con rabbia, alle cose piuttosto che con dolcezza. Accade però, ad un certo punto, che l’inganno crolla e ti ritrovi adulto impegnato a contare il tempo perso con quella rabbia, comprendendo che forse, agendo con Amore, avresti vissuto di più e più serenamente.
Quali progetti avete per il futuro?
Il nostro progetto più grande è sicuramente quello di suonare per poter comunicare, condividere e condividerci il più possibile. Il termine “progetto”, inoltre, ci piace tanto; è quel “gettare in avanti” che va oltre sé stessi e noi, abbiamo tanti sogni e desideri ancora da realizzare.
C’è qualcosa che vorreste dire ai nostri lettori?
A volte è più semplice comunicare attraverso la musica che con le parole stesse. Ascoltateci e fateci sapere cosa pensate della nostra Storia! Non dimenticate di seguire il “S’ei piace, ei lice”: fate tutto ciò che vi piace di più.
Aminta for Siloud
Instagram: @amintaband YouTube: @aminta2022 Intervista di Mario Castaldo Credits foto: Mattia Arnone (foto copertina), Gaetano Renna (foto band), Dario Terraglia (progetto grafico) Credits: Feel Records, Scintillarte Ufficio Stampa