InTheMusic: PON¥, interview

PON¥ scrive canzoni da quando aveva quindici anni, ha avuto un po’ di progetti, ha suonato per dieci anni in una band di Milano. “Sadcore per voce e chitarra, PON¥ scrive canzoni affogate nei riverberi”: questa è la descrizione che gli viene associata. “Canzoni mostri” è il titolo del suo nuovo album.

Nome: PON¥
Città: Legnano
Nazionalità: Italiana
Brani pubblicati: Safari, Dentro, Alamo, Branchie, Riverberi, I treni, È successo qualcosa, Å 
Album pubblicati: Canzoni Mostri
Periodo di attività: Credo di aver pubblicato la prima canzone un paio di anni fa
Genere musicale: Sadcore, Lo-fi, Folk
Piattaforme: Spotify, Deezer, Apple Music, Tim Music, ecc.

Chi è PON¥ nella vita di tutti i giorni?

Lavoro da commesso e magazziniere in un colorificio e vivo da solo in un bilocale pieno di piante con una gatta vecchissima. 

Qual è il significato del tuo nome d’arte?

Il pony in natura è una specie di freak, questo mi piace. In più, è il titolo di una canzone di Tom Waits che parla di un pusher. Anche questo mi piace. E poi è un nome corto che suona bene.

Qual è stato il tuo percorso nella musica fino ad oggi e cosa ti ha spinto ad intraprendere un tuo progetto artistico?

Scrivo canzoni da quando ho quindici anni, ho avuto un po’ di progetti, ho suonato per dieci anni in una band di Milano, siamo arrivati ad essere candidati al Tenco, concerti su e giù per l’Italia. Poi le cose non sono andate, ho avuto un crollo nervoso, ho mollato. Ora sono Pony, non so per quanto, vedremo.

Quali sono i generi musicali e gli artisti che ascolti solitamente?

Non ascolto musica nuova da anni, a parte colonne sonore. Se parliamo di nomi fondamentali per questo disco ti cito Elliott Smith, Daniel Johnston, Sparklehorse e My Bloody Valentine. E Apash2012, il più grande cantautore italiano degli ultimi vent’anni.

“Sadcore per voce e chitarra, PON¥ scrive canzoni affogate nei riverberi”: questa è la descrizione che ti viene associata. In cosa si caratterizza, più nello specifico, il tuo stile?

Credo che questa descrizione sia una buona sintesi di quello che sono. Faccio musica per sottrazione, il più delle volte contano più gli spazi vuoti di quello che dico o suono.

“Canzoni mostri” è il titolo del tuo nuovo album, anticipato dal brano “Branchie”. Come nasce questo progetto?

Non ho scritto nulla per due anni, poi ho ripreso in mano il materiale che avevo raccolto quando avevo mollato la band, ho scritto altre canzoni e dopo svariati tentativi ho capito che la mia unica dimensione possibile era in bassissima fedeltà, tra suoni d’ambiente e fruscii. Quindi ho registrato tutto il disco con le note audio di un vecchio iPhone, e ho mixato le varie tracce con audacity.

Sia a livello tematico che a livello di sonorità, qual è il filo conduttore tra le varie tracce del progetto?

I riverberi, di sicuro. È un disco sospeso, nelle parole e nei suoni. Queste canzoni sono come spettri di cose che non ci sono più.  

Vorremmo andare più a fondo e sapere di più riguardo i brani della tracklist di “Canzoni mostri”. Ti andrebbe di parlarci, singolarmente, di ogni traccia?

“Safari” parla di responsabilità e di altre cose che non voglio ed è la mia canzone che di solito piace di più.

“Dentro” parla di quella volta che ho accompagnato il mio amico Walzer (chi è di Milano sa sicuramente di chi parlo) a casa in piena notte, io fatto e lui ignaro di tutto. Ho immaginato che al posto suo ci fosse la ragazza con cui stavo/non stavo ai tempi. Forse è la mia canzone più pop.

“Alamo” l’ho scritta rimontando e tagliando una vecchia take di chitarra piena di delay. Parla di quando stavo a Milano, in una casa piena di gatti.

“È Successo Qualcosa” era una demo che avevo scritto più di dieci anni fa: l’ho riregistrata chiedendo a Maria Valentina Chirico di suonare harmonium e synth, ne è venuto fuori una specie di sogno che poi diventa un incubo. Valentina è la più grande artista che abbiamo in Italia oggi, è tipo la reincarnazione di Nico, e se non la conoscete è un peccato. Per voi.

“I Treni” mi piace, è breve e parla di come si vedono le cose quando superi i trenta. O almeno di come le vedo io. Di sicuro è la canzone in cui si sente di più che amo Elliot Smith.

“Å” è la colonna sonora di un film anni ‘80 che non è mai stato girato. L’ho scritta dopo aver visto “Summer Of ‘84”. È bello, ma alla fine sgozzano un ragazzino a favore di camera.

“Branchie” è la canzone con cui ho capito come dovevo registrare “Canzoni Mostri”. La chitarra la suono io, nel resto del disco ho chiesto di suonarla a Gianluca perché sono un cane. Parla della stessa persona di “Dentro” e sembra registrata sott’acqua, il che per me è una cosa positiva.

“Riverberi” l’ho suonata io -male- al piano e ci ho costruito sopra una specie di orchestra di archi fantasma. L’avevo proposta alla band ai tempi ma a loro non era piaciuta. Alla persona di cui parla invece è piaciuta, o almeno così diceva. Forse è la mia preferita del disco. 

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Queste canzoni escono perché Marco della Valigetta, che pubblica il disco, mi ha distolto dall’idea di cestinare tutto, quindi direi che mi basta il presente.

C’è qualcosa che vorresti dire ai nostri lettori?

No, non sono mai stato molto bravo in queste cose.

Pony for Siloud

Instagram: @iosonopony

Credits: Astarte Agency

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