InTheMusic: Moderno, interview

Moderno di notte canta, suona e balla, di giorno fa il professore di Storia e Filosofia. Moderno è un nome d’arte impersonale, che parla di lui ma soprattutto di un’epoca che vuole raccontare: gli piace l’idea di guardarsi dal di fuori e vedere che fa parte di un momento storico e più in generale di una razza bella strana. “L’unica specie che sa” è il titolo del tuo nuovo singolo, che ci trasporta in un universo in cui filosofia e musica coesistono.

Nome: Federico Antonio
Cognome: Petitto
In arte: Moderno
Età: 35 
Città: Roma
Nazionalità: Italiana
Brani pubblicati: L’unica specie che sa
Album pubblicati: Storia di un occidentale
Periodo di attività: dal 2008
Genere musicale: Indie, Elettronica, Cantautorato
Piattaforme: Spotify, Bandcamp, Deezer, Tidal, Apple Music, Amazon Music, ecc

Chi è Moderno nella vita di tutti i giorni?

Di notte canto, suono e ballo, di giorno faccio il professore di Storia e Filosofia. Sono cresciuto in un ambiente bucolico, lontano dal rumore e dalle folle, ma ho vissuto anche in case di studenti e lavoratori in mezzo al cemento. Ho trovato una mia dimensione ai castelli romani (dove vanno parecchio il vino campagnolo e la porchetta) e passerei l’intera vita viaggiando per luoghi lontani dalla nostra civiltà.

A cosa si deve il tuo nome d’arte?

Moderno è un nome d’arte impersonale, che parla di me ma soprattutto di un’epoca che voglio raccontare. Mi piace l’idea di guardarmi dal di fuori e vedere che faccio parte di un momento storico e più in generale di una razza bella strana. Siamo uomini incastrati in un sistema di convenzioni e ogni tanto c’è qualcuno che vuole fare di testa sua e respirare in libertà. Viviamo in un grande inganno, in cui cerchiamo qualcosa di vero.  

Dopo aver calcato i palchi di tutta Italia con vaie band, con Moderno ti sei rimesso in gioco. Qual è stato il tuo percorso nella musica fino ad oggi e, prima ancora, come ti sei avvicinato a questo mondo?

Fino alla mia adolescenza ascoltavo veramente la morte. Musica radiofonica e forse i cori della Roma. La mia prima cotta mi ha portato a scoprire i Sum 41, i Blink 182 (il cui disco del 2003 è stato molto formativo) e tutta la scena emo-punk italiana e internazionale. Da lì gli orizzonti si sono allargati e ho iniziato a suonare in delle band. Il mio primo strumento è stato un basso roytek da 80€ e da subito ho voluto suonare sporco! Ho fatto pochi mesi di scuola di basso e un paio di anni di canto. Il resto è passione e approccio primitivo allo strumento. 

Quali sono i generi musicali e gli artisti che ascolti solitamente?

Sono cresciuto, oltre che con il punk, con la scena alternativa che fa capo ai vari Radiohead, Cure, Verdena e tutto ciò che non è spudoratamente pop. Da bravo scrittore, ho sempre fatto molta attenzione ai testi e per questo motivo ho adorato e adoro tuttora poeti come Battiato, Ferretti, Panella, o autori attuali come Brondi, Fabi, Contessa, Godano, Clementi, qualcosa di Motta, Colapesce e Cosmo… C’è da dire però che niente mi sta influenzando in questo periodo come la musica elettronica. 

La tua musica ha ricevuto molti riscontri positivi, dal tuo primo progetto da solista fino ad oggi. In cosa si definisce il tuo stile?

Il primo album solista è stato appunto un primo passo nella ricerca del mio sound e della mia scrittura, adesso sono arrivato ad un punto di maggiore chiarezza. Cerco di dare un messaggio universale, che non riguardi solo un rapporto di coppia, ma che sia un invito a riflettere sulla nostra condizione di esseri umani, bisognosi – a mio avviso – di qualcosa di più di un semplice amore coniugale, che in molti casi esprime solo egoismo e possesso. Musicalmente, beh, voglio ballare e far ballare mentre canto queste “storie di occidentali” che si accontentano.

“L’unica specie che sa” è il titolo del tuo nuovo singolo, che ci trasporta in un universo in cui filosofia e musica coesistono. Come nasce e quali tematiche tratta?

Filosofia e musica secondo me hanno la stessa funzione, quella di suscitare una reazione emotiva con una forza che secondo me è unica. Entrambe vanno a toccare delle corde nascoste, che nella vita di tutti i giorni tendiamo a coprire e mascherare. Anche quando faccio le mie lezioni in classe, punto a colpire nel profondo, per smuovere un po’ le nuove generazioni dalle sabbie mobili.

Lo scopo delle mie canzoni, come della mia missione educatrice, alla fine è sempre lo stesso: stimolare una rivoluzione, individuale e perché no collettiva. 

Cosa ha ispirato la scrittura del testo del brano e cosa hai voluto raccontare, nello specifico?

Nel continuare la domanda precedente, “L’unica specie che sa” è un messaggio a tutte le donne e tutti gli uomini che riuscirò a raggiungere. È un grido di allarme che dice: “Attenti, che state fingendo di essere quello che non siete” vittime di un sistema che impone valori sballati come l’egotismo e l’apparenza. In mezzo a questo show continuo, invito chi ascolterà a pensare che un terremoto liberatorio è sempre possibile.   

A livello di produzione, quali sono stati gli step per la realizzazione del singolo e in che modo ne hai definito il sound?

A un certo punto della mia maturazione musicale, mi sono stancato di dipendere musicalmente da altri musicisti e compositori. Mi sono messo a produrre per conto mio, non più con la chitarra, ma usando Logic. Si sono aperte così nuove porte creative e “L’unica specie che sa” è partita da un pattern di batteria che mi ha fatto subito sentire in una dance hall. Ci ho aggiunto un riff spaziale e da lì è iniziato tutto.

Mi sono rivolto poi ad Andrea Messina, compositore e musicista con cui condivido il background indie-elettronico e con cui mi son trovato subito alla grande! Sto producendo l’intero disco insieme a lui. E ci crediamo tanto. 

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Finire di scrivere il disco entro il 2023 e suonare in giro con un set nuovo, che non abbia il classico assetto rock, ma più mirato al clubbing. Voglio portare in giro un live dove far convergere tutte le mie esperienze, abbinando momenti acustici intimi, parentesi dance, ambienti post-rock e perché no anche un po’ di pogo. Un concerto in linea con l’universalità del messaggio. 

C’è qualcosa che vorresti dire ai nostri lettori?

Non accontentatevi, prendetevi del tempo, pensate un secondo in più. E grazie per la pazienza di essere arrivati a leggere fino a quiggiù!

Moderno for Siloud

Instagram: @moderno_musica

Credits foto: Eliana Giaccheri
Credits: Astarte Agency

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