Nome: Chiara Cognome: Enzo Anni: 30 Città: Venezia Nazionalità: Italiana Professione: Artista Sito web: www.chiaraenzo.it
Ciao Chiara, parlaci di te!
Ho 30 anni e mi occupo di arte, principalmente di pittura e disegno. Sono nata a Venezia, città dove mi sono formata e dove da una decina d’anni vivo e lavoro, ma sono cresciuta a Cavallino, un paese di piccole dimensioni situato sul litorale a nord della laguna veneta.
Nel 2013 mi sono spostata per un anno nel Regno Unito, dove ho frequentato un master in Fine Art alla De Montfort University di Leicester.
Come ti sei appassionata all’arte?
È stato un processo graduale, all’origine del quale c’è stata una fascinazione molto intensa per i valori del bello e del brutto, e per la carica espressiva generata dalle forme visuali, in particolare dalle immagini. Ho sempre avuto una forte propensione per il disegno, e sin da quando ero una bambina è stato uno strumento importantissimo per conoscere la realtà. Credo di avere iniziato a diventarne consapevole ancora da bambina, quando, copiando casualmente illustrazioni scientifiche di animali che mi piacevano particolarmente, ho scoperto che ricreando un’immagine della realtà potevo arrivare a un grado di conoscenza incredibile, che con la sola osservazione non sarei mai riuscita a raggiungere. Ho iniziato così a guardarmi attorno con un’attenzione particolare, e ad analizzare la realtà con un atteggiamento diverso.
Hai frequentato l’Accademia delle Belle Arti di Venezia, città in cui oggi vivi e lavori. Cosa ti ha spinto a studiare materie artistiche e perché proprio a Venezia?
Ricordo di aver espresso l’intenzione di frequentare l’Accademia di Belle Arti per la prima volta verso i 13 anni: quando ho scelto di iscrivermi al liceo artistico avevo già ben chiaro che avrei voluto occuparmi esclusivamente di arte.
Il L.A.S. di Venezia è stato una scelta obbligata perché era l’unico ad una distanza ragionevole rispetto a dove abitavo. Per quanto riguarda l’accademia, ne è stato il naturale proseguimento. Venezia inoltre era ed è tuttora considerata tra le migliori accademie d’Italia per la pittura: da almeno una quindicina d’anni l’istituto veneziano è sede di una delle più interessanti scuole di pittura presenti sul territorio italiano, l’Atelier F di Carlo Di Raco, che è tuttora il centro di quella che da qualche anno è appellata come “Scuola di Venezia”. È lì che mi sono formata, pur con l’integrazione di diverse esperienze esterne fondamentali, come l’anno trascorso a studiare nel Regno Unito e l’anno di residenza alla Bevilacqua La Masa.
Per quanto concerne la pittura, di per sé è solo una dei tante pratiche impiegate nel linguaggio artistico contemporaneo. Io la trovo affascinante, pericolosa e complessa. Forse il primo mezzo espressivo dell’uomo, l’uso determina un forte coinvolgimento sensoriale, e ha un sapore primitivo, ma è allo stesso tempo caricata dal grande peso della sua storia: chi si approccia alla pittura, e ancor più alla figurazione, non può farlo senza essere consapevole dell’evoluzione di questo linguaggio e della sua complessa valenza culturale.
Cosa significa essere un’artista e quali responsabilità implica?
Domanda difficile! Credo di poter dare una risposta che vale solo per me stessa. Per me è una ragione di vita, se non lo faccio sto malissimo, soffoco. Non è facile, sacrifico molto: tempo, riposo, stabilità, salute fisica, relazioni…
È un lavoro impegnativo che occupa 24 ore, 7 giorni a settimana. Occupa anche il tempo che non utilizzo fisicamente per lavorare, perché esige molta riflessione, molto lavorio mentale. Moltissimo tempo se ne va per leggere, ricercare, studiare, ma quello della ricerca è uno degli aspetti più belli, subito dopo quello della creazione. Molto meno bello ma altrettanto fondamentale è dover riservare una enorme quantità di tempo ed energie a promuovere il proprio lavoro e a curarne gli aspetti organizzativi ed economici (progettazione di mostre, partecipazione a fiere, cura della comunicazione, bandi per finanziamenti, residenze e altre opportunità di sviluppo…).
La tua arte è fatta di continui zoom della realtà delle piccole cose. Mostri lati della quotidianità e dettagli del vivere che spesso ignoriamo, pur non volendo. Da cosa sei ispirata per le tue opere?
I frammenti di esistenza che miro a mettere in luce attraverso le mie opere non sono semplici “cose del quotidiano”, anche se così può sembrare a un primo sguardo. Si tratta piuttosto di momenti cruciali in cui un evento banale può trasfigurarsi psicologicamente generando una crisi, cioè una situazione instabile, una sorta di apertura vulnerabile da cui può scaturire un cambiamento positivo, ma anche negativo. Mi interessa come queste criticità spesso si verifichino nell’intimità di situazioni domestiche apparentemente stabili e sicure e come coinvolgano oggetti e rappresentazioni del quotidiano, che divengono inconsciamente simboli e manifestazioni dei mutamenti del nostro sentire.
Alla radice di questo lavoro c’è, come penso si intuisca, un’esperienza molto personale, sofferta e contraddittoria della nozione di “Io” e di “mondo”, dove il paradigma con cui misurarsi è sempre quello del limite, del confine. Il pensiero della finitezza che caratterizza l’esperienza umana (il suo momento più emblematico è la morte), è sempre fonte di una certa angoscia, e in chi la sperimenta, di sofferenza. Esperienza del limite può essere quella di chi resta immobilizzato a causa di una malattia, o di chi invecchia, o di un bambino che si rende conto di avere un corpo, con mani e piedi e dei confini precisi ricoperti di pelle sensibile. Esperienza del limite è anche l’esperienza del punto di vista, racchiuso dal campo visivo e dalle possibilità del senso umano della vista. L’esperienza del limite mi interessa perché mette sempre in discussione l’identità della persona coinvolta, oltre che la sua visione del mondo.
Riusciresti a dare una definizione del tuo stile?
Non ho un nome per definire la mia maniera, ma ho degli aggettivi per descriverla. Il mio preferito è “tattile” e si riferisce prima di tutto al mio approccio analitico. Lo sguardo si orienta nello spazio spostandosi da un oggetto all’altro cercandone quasi disperatamente il contatto, come farebbero le mani di un cieco. Mi interessa trasferire questa sensazione tattile all’immagine, attraverso la trama pittorica, per restituire una dimensione sensoriale il più possibile intensa e sinestetica.
Un altro aggettivo è “meditata”, in quanto questa trama si costruisce attraverso pazientissime tessiture e sovrapposizioni di materia, e qui l’ingrediente fondamentale è il tempo. Credo che insistere a stare così tanto tempo su una stessa porzione di realtà così minima sia un’operazione in controtendenza in un mondo così pieno di stimoli, eventi e immagini, ma proprio per questo può assumere un senso speciale.
C’è una tua opera a cui sei particolarmente affezionata?
Ce ne sono diverse, ma una molto particolare è “Claustrale“, un’opera installativa realizzata un anno fa, dopo aver vinto un premio che ne ha finanziato la produzione. Il progetto nasce durante una residenza artistica Progetto Borca, nell’infermeria dell’ex Villaggio ENI di Borca di Cadore, ed è li che si trova ora. Si tratta di un paravento medico su cui ho installato dei disegni realizzati su dei ritagli di carta, che ho cucito ai pannelli in tessuto. Ho voluto estendere il potere narrativo dei miei disegni attraverso una struttura che andasse a modificare l’ambiente, creando uno spazio intimo come quello che per l’appunto si trova quando si usa un paravento, generalmente per permettere alle persone di spogliarsi.

Quando espongo i miei dipinti utilizzo l’allestimento (cioè lo spazio e alle condizioni in cui il pubblico si trova a osservare un mio lavoro) come mezzo espressivo complementare. In questo lavoro l’ambiente è diventato parte integrante della narrazione dell’opera.
chiaraenzo.it è una galleria virtuale che permette a tutti noi di conoscere meglio il tuo percorso nel mondo dell’arte. Quanto è importante per un artista come te, ad oggi, avere un proprio spazio online?
Sicuramente è molto importante, oggi una buona parte degli incontri professionali tra artisti emergenti e gallerie e istituzioni avviene online. Avere un buon sito internet è importante, ma probabilmente lo è ancora di più essere presenti sui social network. Ci sono poi artisti che utilizzano internet come ambiente o come mezzo artistico e in quel caso il sito web diventa una vera e propria opera d’arte, ne ho visti di bellissimi e molto innovativi. Nel mio caso lo spazio in rete è un appoggio, un’interfaccia per permettere a chiunque di conoscermi, e anche uno strumento d’archivio utilissimo soprattutto a me stessa e a chi segue il mio lavoro da vicino.
Il mio sito web è nato da una collaborazione con un mio amico abilissimo nella programmazione. Per ora è estremamente semplice ed essenziale, ma mi piacerebbe in futuro sviluppare un’area più ludica dove poter ad esempio interagire con il lavoro, muovendo i vari frammenti per creare composizioni e narrazioni diverse.
Mi preme infine sottolineare che, soprattutto se si parla di pittura, una foto (e in particolar modo una foto a risoluzione web) può essere nel migliore dei casi una rappresentazione molto imprecisa di un dipinto. La pittura va vista dal vero, in tutta la sua fisicità!
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
L’obiettivo per ora è crescere professionalmente, magari rimettendo il naso fuori dall’Italia, attraverso un master o una buona residenza d’artista, e trovando la galleria giusta. Allo stesso tempo sto lavorando duramente per trovare una maggiore stabilità, che mi permetta di dedicare più tempo alla mia ricerca artistica.
Per ora il futuro è una grande incognita, mi sto sforzando di mantenere aperte diverse possibilità.
C’è qualcosa che vorresti dire ai nostri lettori?
Grazie per avermi seguito fino a qui! Se avete curiosità, domande, o se volete semplicemente restare aggiornati sul mio lavoro, seguitemi e contattatemi attraverso la mia pagina: @chiara.enzo.
Chiara Enzo for Siloud
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