G Ferrari, nome d’arte di Guido Rossi, è un produttore romano di 25 anni ormai ben noto nel panorama musicale italiano. Ha prodotto la base di tracce che sicuramente tutti noi, almeno una volta, abbiamo ascoltato.
Abbiamo chiesto a Sergio Mattarella, direttore e fondatore di Raphaolic Magazine di dirci la sua riguardo Guido, certi che sarebbe riuscito a scendere molto più in profondità e a darci molti più particolari.
L’apertura, a cura di Sergio, e l’intervista, a cura di Siloud, vi permetteranno sicuramente di conoscere meglio un producer il cui nome ormai è già garanzia di qualità. Buona lettura!
È opinione comune che la scena musicale romana, negli ultimi anni, sia cresciuta molto, coinvolgendo e facendo intrecciare fra loro i percorsi di molti generi musicali. Roma è senza dubbio la patria dell’indie e del “graffiti pop” di Carl Brave, Franco126, Coez e Gazzelle e ha visto imporsi molti rapper di indiscutibile talento, fra cui spiccano i membri della Lovegang.
Una delle figure chiave della nuova scena romana è senza dubbio Gianni Bismark, che si è imposto con uno stile unico e soprattutto con due dischi, “Re Senza Corona” e “Nati Diversi”. Dietro questi due brillanti progetti, oltre alla voce e alla penna di Gianni, si cela la mano di un producer determinante: Guido Rossi, in arte G Ferrari, autore integrale delle strumentali del primo e della maggior parte dei beat del secondo disco.
Ricordo con precisione quando, nel 2017, il nome di Peter White iniziò a farsi vivo nelle discussioni di noi ragazzi del liceo e la sua prima canzone, “Birre Chiare”, percorreva lo stesso tragitto, passando da un cellulare all’altro e diventando una piccola hit romana. Di quella splendida canzone colpivano certamente le immagini disegnate di Peter, che raccontava Roma attraverso un “motorino guastato”, i “cerchi con il fumo” e le “brasche sui sedili”, ma anche quella melodia che sembrava perfetta per la sua voce.
Sono venuto a sapere solo due anni dopo, conoscendolo di persona, che il beat di “Birre Chiare” è opera di G Ferrari (in un momento iniziale della sua carriera, in cui il suo stile era ancora tutto da definire). Conoscendo Guido per beat dai toni decisamente più trap come “Piccolo Kety”, “Lacoste” e “Borsello Pieno” di Ketama, era difficile da credere. Oggi, dopo il mio ascolto di “Nati Diversi” di Gianni Bismark, album in cui si percepisce una forte ricerca di scavalcare i confini di genere musicale, riesco a capire precisamente quale sia la forza di G Ferrari.
Guido non è un producer che ama stare al centro dell’attenzione, è uno a cui piace lavorare, sperimentare, far uscire tante canzoni di diverso tipo, al punto da saper orchestrare lavori musicalmente brillanti come “Re senza corona”. G Ferrari è un musicista che ha fatto sua la trap – e sa realizzare “Piccolo Kety” e “Ci vedo lungo” – ma che allo stesso tempo sa far suonare una chitarra, sa trovare il giro giusto per emozionare e, cosa più importante, sa mettere il cantante nelle condizioni di esprimersi al 100%.
Questo è G Ferrari.
Andando per intuito, “G” è l’iniziale del tuo nome. Perché “Ferrari”?
Il mio nome d’arte nasce grazie a Ketama, è lui ad avermi battezzato. Non c’è un significato, è un nome molto worldwide a detta di Ketama stesso e sono d’accordo, all’inizio non ero convinto ma poi pensandoci ho detto: “Ma è molto più fico è particolare di tanti nomi che girano”.
Il tuo rapporto con la musica nasce per colpa di tua madre, un po’ di anni fa… ora però ti occupi di musica, quindi forse lei ci aveva visto più lungo di te! Cosa rappresenta la musica, per te, oggi?
Il mio rapporto con la musica nasce grazie a mia madre direi. Inizialmente ero parecchio contrariato nello studiare pianoforte, l’ho fatto per parecchi anni anche se ero piccolo e ad un certo punto ho interrotto per mia volontà, sbagliando. Sfortunatamente ho dimenticato tutto a livello teorico, ma il suonare uno strumento mi ha aiutato molto a sviluppare “l’orecchio”.
Ad un certo punto sei andato oltre il pianoforte e hai cominciato a produrre musica. Qual è stato il primo beat che hai prodotto e quando Guido è diventato G Ferrari?
Ho iniziato a produrre musica un po’ per caso. Spulciando su internet trovai un sito in cui si potevano disegnare note, mi ci chiusi un bel po’ finché non capii che sarebbe diventata una passione. Scaricai diversi software fino a capire quale fosse il mio preferito e iniziai a produrre seriamente. Il primo beat che ho prodotto di cui mi ritenevo soddisfatto è quello di “Borsello pieno” di Ketama.
Sei stato tra i primi italiani attivo in quella che oggi chiamiamo Trap, quindi ci aspettiamo che gli artisti che ti hanno ispirato sia d’oltreoceano. Cosa ascolti solitamente?
In realtà gli artisti che mi hanno ispirato sono per lo più appartenenti ad altri generi musicali. Ho sempre variato molto negli ascolti, passavo dal pop, al rock, all’house senza problemi. Credo che il variare negli ascolti sia stato un mio punto di forza per le produzioni.
Finalmente i producer hanno conquistato un loro posto nella scena musicale, per cui inserire nel titolo di un singolo il nome di chi l’ha prodotto è ormai sinonimo di qualità del pezzo stesso. In che modo, secondo te, un produttore può influenzare il successo di un artista?
Credo che il lavoro del produttore sia valido quanto quello del cantante. Purtroppo secondo me in alcuni casi il produttore non viene ancora valorizzato a pieno.
Ormai sei una pietra miliare della nuova musica italiana: hai prodotto per gran parte dei nuovi artisti, tra cui la 126, Gianni Bismark e di recente anche con Nto. Il tuo tocco è chiaro in ogni produzione, hai quella musicalità e quella fluidità musicale che ti rendono unico. Per linee generali, la ricerca del tuo sound sembra aver trovato un punto di non ritorno nell’utilizzo di strumenti veri: è così?
Mi piace molto mischiare l’utilizzo di strumenti veri (non totalmente perché vengono quasi sempre suonati da me nelle mie strumentali) con synth e in generale suoni più elettronici. Mi piacerebbe molto scrivere delle linee e farle suonare a dei veri musicisti.
Nelle mie produzioni cerco sempre di variare il sound il più possibile rispetto alle cose che sento, in modo tale da crearne uno personale.
Come nasce una tua base e quando un artista ne entra a far parte?
Una mia base nasce in studio da solo solitamente. Inizio a lavorare solamente quando ne ho voglia di solito, se non ho niente in mente magari comincio a tirare giù cose a caso ma le cose che mi convincono realmente sono quelle che ho già in testa.
Solitamente parto dalla melodia di un beat, partire dalle batterie mi bloccherebbe un po’. Inizio ad aggiungere un suono alla volta, poi le batterie e il basso, quando ho una sorta di bozza cerco di aggiungere o togliere suoni. Bisogna far sì che ci sia un equilibrio tra la strumentale e la voce di chi ci andrà a cantare sopra.
C’è una tua produzione che ha significato tanto nella tua vita?
Sono affezionato a tutte le mie produzioni, non ce n’è una in particolare, tengo a tutte nello stesso modo.
Come già anticipato, ormai tantissimi singoli e album molto noti sono partiti da te: basta andare su YouTube, scrivere “G Ferrari” e vedere quanta roba esce. Una collaborazione che va avanti da tempo è quella con Gianni Bismark, un artista che noi di Siloud abbiamo scoperto un bel po’ di tempo fa e che non abbiamo mai sottovalutato. Gianni è stato allo stesso tempo una rivelazione e una rivoluzione. Avevate già lavorato insieme per il suo album d’esordio, Re Senza Corona, e a fine marzo è anche uscito il suo nuovo progetto: su cosa vi siete concentrati questa volta?
Con Gianni è nata una bellissima amicizia. Ci siamo conosciuti lavorando insieme a un paio di pezzi, poi le cose hanno preso il via e abbiamo lavorato su tutto un album, ovvero “Re Senza Corona“. La realizzazione di quel disco è stata molto piacevole, ci incontravamo praticamente tutti i giorni, è stato un lavoro molto serrato, che ci ha dato la possibilità di sperimentare nuove sonorità per entrambi.
Ora è uscito da un mese il nuovo disco “Nati Diversi” all’interno del quale ci sono 7 mie produzioni. In questo disco c’è stata molta ricerca musicale per quanto riguarda il cantato rispetto a Re Senza Corona che era più rap.
Sono molto affezionato ad entrambi i dischi.
Molti producer internazionali stanno portando avanti una carriera da solisti parallelamente a quella di produttori. Hai mai pensato di farlo anche tu?
Certo, ci penso continuamente. Ho parecchia roba strumentale praticamente pronta. A volte le tracce strumentali mi trasmettono più di quelle con voci sopra, dipende dai casi, ma è una cosa che mi piace molto. Spero prima o poi di pubblicare un disco di roba elettronica solamente strumentale.
Parlare di futuro non è mai facile, ma porsi degli obiettivi è una fase importante di una qualsiasi carriera. La tua passione per la musica è diventata il tuo, per cui dobbiamo andare oltre: quali progetti hai per il futuro e quali sono i tuoi sogni?
In futuro sicuramente spero di continuare a lavorare con le persone con cui lavoro e collaborare con nuovi artisti soprattutto emergenti. Spero di riuscire a pubblicare progetti elettronici di cose che faccio nel tempo libero.
G Ferrari for Siloud
Instagram: @g94ferrari
Credits: Paolo Canto
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