Francesco Sacco è un cantautore di 29 anni, che vive a Milano da dieci ma che viene da Novara. Si occupa di musica o di arte per il novanta percento delle sue giornate; scrive musica, registra, arrangia, produce. Si è sempre occupato di produzioni per altri artisti, fino a quando nel 2020 ha esordito come solista. “Vestiti”, il suo nuovo singolo, racconta la contrapposizione tra un’interiorità segreta e nuda e un mondo circostante estraneo e parallelo.
Nome: Francesco
Cognome: Sacco
In arte: Francesco Sacco
Età: 29
Città: Milano
Nazionalità: Italiana
Brani pubblicati: Vestiti, Berlino Est, A Te, L’invenzione del Blues, Pioggia d’Aprile
Album pubblicati: La Voce Umana
Periodo di attività: dal 2020
Genere musicale: Pop/Indie
Piattaforme: YouTube, Spotify, Apple Music, Amazon Music

Chi è Francesco Sacco nella vita di tutti i giorni?
Sono un cantautore di 29 anni, vivo a Milano da dieci ma vengo da Novara, che nonostante sia molto vicina è un altro pianeta. Faccio il musicista di lavoro e ho un collettivo di arti performative che si chiama Cult of Magic. Mi occupo di musica o di arte per il novanta percento delle mie giornate; scrivo musica, registro, arrangio, produco. Poi cucino bene, leggo meno di quanto vorrei e fumo tanto.
Come mai hai deciso di mantenere, artisticamente, il tuo vero nome?
Ho pensato che per un progetto molto legato ai testi, nei quali metto in gioco così tanto della mia vita, servisse un nome definitivo, che non mi sarebbe mai venuto voglia di cambiare; quindi ho scelto di mantenere il mio. Non è facile liberarsi del proprio nome, anche nei periodi in cui non ci piace. Scegliere un nome d’arte è una cosa per persone molto decise, devi identificarti completamente in quella cosa e pensare di non stancartene mai: in passato ho pubblicato cose con altri nomi, ma per questo progetto mi sembrava indispensabile mascherarmi il meno possibile, mettendo in gioco anche la mia identità.
Quali sono i tuoi primi ricordi legati alla musica e quando hai capito di voler diventare un artista?
Ho deciso di voler fare musica a sei anni, volevo studiare violino. Non venendo da una famiglia di musicisti i miei hanno pensato che fosse una cosa passeggera, quindi mi hanno spinto a studiare chitarra pensando che avrebbe potuto tornarmi più utile di uno strumento che si suona quasi solo in orchestra. Quindi ho studiato chitarra, con il classico rapporto amore-odio che hai quando studi classica da bambino. Poi ho scoperto il blues, il pop e la libertà della musica di oggi, così ho iniziato a scrivere e a formare le mie prime band. I testi invece sono una cosa che ho sempre scritto: non le pensavo come canzoni, erano più che altro poesie da adolescente, il genere di cose che fai quando certe cose non sai a chi dirle. Poi ho iniziato a mettere insieme le due cose.
Quali sono le tue principali influenze artistiche?
A livello di influenze vengo dal cantautorato e dall’indie, ma come ascolti sono abbastanza onnivoro. Mentre producevamo “Vestiti”, xx.buio e paralisi (i produttori con i quali ho lavorato) mi hanno chiesto quali sono i dischi che mi hanno cambiato la vita. Cambio idea spesso, ma allora ho risposto “Beautiful Freak” degli Eels, “You Want It Darker” di Leonard Cohen, “Oracular Spectacular” degli MGMT e “Raindogs” di Tom Waits.
Ti sei sempre occupato di produzioni per altri artisti, fino a quando nel 2020 hai esordito come solista. Ti andrebbe di ripercorrere il tuo percorso nella musica, prima e dopo questo “esordio”?
Mi sono trasferito a Milano per fare musica: anche se ero iscritto all’università il vero movente era quello. Dovendo pagare l’affitto ho fatto un tot di altri lavori, soprattutto come giornalista musicale. Poi il teatro mi ha riportato alla musica, nel 2016 è arrivata l’offerta di comporre le musiche per uno spettacolo in scena al Franco Parenti. Da allora ho ripreso a pieno regime: ho prodotto “Tank Girl” di Irene Maggi, fatto colonne sonore per gli eventi di Marni dal 2016 ad ora, fondato il collettivo di performance art Cult of Magic con il quale ho anche pubblicato un disco e composto colonne sonore per il teatro. Poi ho deciso che avevo voglia di metterci la faccia un po’ di più e che volevo raccontare il mio vissuto oltre che con la musica anche con le parole. Così è nato “La Voce Umana”.
In cosa si caratterizza il tuo stile e in cosa pensi di essere unico?
Non sono così sicuro di essere unico, la mia priorità è raccontare storie, non fare cose mai sentite. Sicuramente i testi sono unici, perché riguardano la mia vita e i miei sentimenti. A livello musicale cerco di recuperare anche influenze non troppo attuali, come il folk o il delta blues, cercando di rimasticare tutto in chiave contemporanea, cosa che sicuramente dà risultati abbastanza originali.
“Vestiti”, il tuo nuovo singolo, racconta la contrapposizione tra un’interiorità segreta e nuda e un mondo circostante estraneo e parallelo. Ci dici di più su questo brano?
Questo brano parte da una riflessione sulle scelte che facciamo nella nostra vita: esistono delle differenze in base al tempo, in base al contesto e in base o cosa o chi abbiamo intorno. Spesso siamo diversi senza che gli altri se ne accorgono, perché abbiamo, appunto, “gli stessi vestiti addosso”. Quindi ho voluto indagare su quella sfera estremamente privata che non comunichiamo a nessuno, quei piccoli segreti che diciamo solo a noi stessi e che ci fanno sentire davvero nudi. A livello musicale invece ho voluto citare Johnny Cash e il folk tradizionale, mie grandi influenze, che in studio abbiamo cercato di rendere più contemporanee possibile. E ci siamo riusciti, spero.
In che punto si pone, questo brano, della tua evoluzione come artista e che rapporto ha con le tue produzioni passate?
È uno dei brani dei quali sono più soddisfatto in assoluto, perché oltre che avere dentro delle influenze davvero antiche suona contemporaneo, strano ma facile da ascoltare allo stesso tempo. Devo molto ai produttori xx.buio e paralisi che mi hanno aiutato in questo processo, assieme a Luca Pasquino e Pit Coccato, grandi amici e miei musicisti da tantissimo. Credo che con questo brano si sia aperta una strada nuova, che va più verso il cantautorato americano piuttosto che verso l’Italia. Una bella sintesi di tante cose.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Vorrei pubblicare un nuovo disco entro l’anno, quindi sono spesso chiuso in studio o a casa a registrare cose nuove. Poi presenteremo “Vestiti” a Milano Music Week con un grande evento dal vivo: faremo una chiacchierata con Margherita Devalle, radio host e podcaster, un live in cui presenteremo questo singolo, brani vecchi e brani ancora più nuovi, e chiuderemo con un dj set di xx.buio. Sarà domenica 28 novembre a Motelombroso, Milano, non vedo l’ora.
C’è qualcosa che vorresti dire ai nostri lettori?
Spero che “Vestiti” vi piaccia, e di vedervi all’evento del 28. E grazie mille per avermi ascoltato!
Francesco Sacco for Siloud
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Credits: Ivonne Ucci, Valentina Aiuto